Un normale incidente

1 Settembre 2009

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Marco Ligas

Si chiama Mario Morello l’operaio che è stato travolto da un getto di vapore mentre eseguiva un intervento di manutenzione in un impianto della Saras. Ha subito ustioni sul cinquanta per cento del corpo. Le sue condizioni si sono rivelate subito molto gravi. Un normale incidente durante le ferie di agosto.
Non sappiamo se i dirigenti o i proprietari dell’azienda, nello stesso giorno, fossero anch’essi impegnati in qualche attività lavorativa, magari ad occuparsi del sistema di sicurezza della fabbrica, dal momento che proprio alcune settimane prima sono rimasti uccisi tre operai, sempre in un normale incidente, come tanti e quotidianamente ne avvengono nel nostro paese.
Presumiamo che Massimo Moratti stesse seguendo le vicende della squadra di calcio di cui è presidente. E vista l’irrequietezza di alcuni suoi giocatori, tra rinnovo di contratti con richieste di adeguamenti salariali e proposte di cessioni, è verosimile che abbia impiegato parte del suo tempo a riportare la calma all’interno della squadra, distraendosi così dalla gestione dell’azienda Saras. Certamente l’attenzione che Moratti mostra sulla sicurezza degli impianti della Saras non è uguale alla passione che ha per il calcio e per la quale è disposto ad accogliere persino le pretese più intolleranti dei suoi giocatori. È vero che quando si verificano incidenti nella sua fabbrica è sempre pronto ad esprimere solidarietà ai familiari delle vittime, ma questi gesti diventano operazioni rituali e demagogiche se non si interviene efficacemente per eliminare le cause delle tragedie. E alla Saras è ora che si interrompa questo ciclo.
Tra le altre cose c’è da chiedersi se sia concepibile che imprenditori che pure hanno ricevuto lauti finanziamenti pubblici per avviare un’attività industriale nella nostra isola, mostrino una noncuranza irresponsabile verso l’incolumità di chi lavora.
È probabile che il senatore Ichino o il ministro Sacconi, nella loro concezione di modernità, considerino gli incidenti sul lavoro una fatalità o un aspetto endemico ormai irreversibile nell’attuale organizzazione dell’impresa; per quanto ci riguarda preferiamo essere accusati di passatismo ritenendo intollerabile che si continui a morire nei posti di lavoro dove non vengono rispettate le leggi che esistono e dove non si investe nella prevenzione.
Le organizzazioni sindacali presenti alla Saras, dopo quest’ultimo incidente, hanno posto un interrogativo importante all’azienda: hanno chiesto se sia proprio indispensabile effettuare le prestazioni di manutenzione quando gli impianti sono in attività e se non sia più prudente svolgere questo lavoro ad impianti fermi. L’azienda, in genere, non risponde a queste domande o, quando lo fa, tende a ridimensionare le sue responsabilità e ad attribuire all’imprudenza dei lavoratori le cause degli incidenti. Assume così un atteggiamento insolente non foss’altro perché tende a rimuovere uno dei problemi centrali dell’organizzazione del lavoro della Saras: la presenza di ditte appaltatrici. Ed è noto come con la politica degli appalti si diffonda e si consolidi una rincorsa pericolosissima verso la riduzione del costo del lavoro; in queste condizioni ogni iniziativa tesa a migliorare le condizioni di sicurezza diventa poco praticabile perché tutte le attività devono essere fatte in fretta e al risparmio.
Recentemente è stata approvata una legge sulla sicurezza. Si potrebbe pensare che finalmente i cittadini saranno meglio tutelati anche nei posti di lavoro. Ma non è così: la legge persegue un obiettivo totalmente diverso, vuole respingere dal nostro paese i migranti, coloro che non hanno diritti e cercano inutilmente una protezione nelle nostre regioni. In realtà, per i nostri governanti, l’accanimento contro i clandestini è direttamente proporzionale al disinteresse per la tutela di chi lavora. I cittadini di serie B o C possono arrangiarsi senza tutele,  e se qualcuno non ce la fa impari a proprie spese le leggi del mercato.

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