Il concorso scuola e il problema dell’esame a crocette

4 Aprile 2022

[Nicoletta Pucci]

Sono passati quasi due anni e mezzo da quando il concorso ordinario scuola era stato bandito, in piena pandemia. Dopo la modifica al bando a gennaio 2022, le prove concorsuali prevedono un’unica prova scritta relativa alla classe di concorso dell’aspirante docente con cinquanta quesiti a risposta multipla.

La prova si considera superata al raggiungimento di 70/100 punti; in seguito il candidato deve affrontare una prova orale con sufficienza a 70/100 punti anch’essa e, infine, la commissione farà una valutazione dei titoli e dei punteggi che abiliterà il candidato alla professione e inizierà a lavorare. Alla fine di febbraio, con pochissimo preavviso, sono state pubblicate improvvisamente le date delle prime prove che si stanno svolgendo in tutta Italia in questi giorni.

Come era prevedibile, le bocciature sono tantissime principalmente a causa della metodologia di selezione. Occorre, infatti, fare una riflessione e chiedersi quanto possano essere efficaci, per operare una buona selezione, dei quiz a risposta multipla. L’intento nel fare una prova concorsuale del genere e completamente automatizzata è chiaro: quello di sveltire, data la richiesta che c’è di docenti, quanto più possibile le procedure. Infatti, le prove automatizzate comportano meno spreco di tempo, richiedono meno personale e per questo motivo possono risultare più vantaggiose di quelle “classiche” con domande a risposta aperta. Ma è lecito servirsi dell’automazione in ogni circostanza, anche quando si va a selezionare una classe di insegnanti con il compito di formare futuri cittadini?

Questa tipologia di prova, oltre che svilire la preparazione dei partecipanti, annulla completamente la complessità del reale riducendo studi ed esperienze concrete di insegnamento a mero nozionismo. Le domande, infatti, sono estremamente puntigliose e non lasciano alcuno spazio al ragionamento e alla riflessione. Quello che sembra emergere da prove di questo tipo è che per essere un buon insegnante si debbano conoscere a memoria libri e manuali studiati all’università e basta. E questo ci fa riflettere su quale debba essere il ruolo dell’insegnante: quello di riempire la testa dei ragazzi di nozioni, senza sollecitarne il senso critico e il ragionamento consapevole?

È triste assistere a questo impoverimento culturale perché i primi a pagarne le conseguenze sono proprio i ragazzi che vanno a scuola. Dall’altra parte, per quanto riguarda tutti gli aspiranti docenti, è frustrante studiare e impegnarsi all’università per poi vedere il proprio bagaglio culturale ridotto e banalizzato da prove di questo tipo. Le discipline che maggiormente risultano svantaggiate dalle crocette sono sicuramente le materie umanistiche, perché in queste non è essenziale tanto la nozione, quanto proprio il ragionamento, il senso critico e l’apertura mentale che vanno a stimolare. I programmi che esse coprono sono estremamente vasti e non è così ovvio o scontato che all’università si facciano tutti gli argomenti che in sede concorsuale è richiesto sapere. Inoltre, moltissime domande vertevano su argomenti che a scuola difficilmente si trattano perché materialmente non c’è il tempo di arrivarci e le risposte erano quasi identiche tra loro e talmente chiuse che non c’era possibilità di arrivare a quella corretta tramite il ragionamento, il che è paradossale.

Una riflessione di questo tipo è necessaria perché bisogna ripensare a quello che deve essere il ruolo della scuola nella società: un luogo che forma a tutto tondo i giovani rendendoli dei cittadini e delle persone consapevoli o semplicemente dei futuri lavoratori?

il murales che colorerà l’ingresso dell’Istituto Carlo Cattaneo.

Fonte immagine: murale all’ingresso dell’Istituto Carlo Cattaneo, di fronte alla scuola superiore di San Miniato (Pisa).

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