Sabra e Shatila. Storia di un massacro

16 Giugno 2022

Donne palestinesi davanti a un murale a Silwan. [Ohad Zwigenberg]

[Graziano Pintori]

Ho già avuto modo di dire che i crimini contro l’umanità fanno parte del corredo sanguinario delle guerre e della loro portata devastante, cieca e sorda e che solo la morte o la sottomissione di uno o più contendenti, può porre fine alla sua furia travolgente.

Tutto questo in assenza della diplomazia internazionale, che in certi frangenti sceglie di far credere che ci sia l’impossibilità di adottare strumenti per imporre la pace o il cessate il fuoco. Oggi tanto succede riguardo al conflitto russo ucraino, in cui la diplomazia occidentale è fortemente condizionata dalla NATO, che pare aver assunto il ruolo spettante all’ONU.

Pur con storie completamente diverse, la medesima condizione si riscontra nel conflitto pluridecennale tra israeliani e palestinesi, in cui la diplomazia mondiale è completamente fuori gioco, essendo quella americana “sbilanciata” verso gli interessi israeliani. Ciò che mi fa specie in questi conflitti è che proprio le diplomazie mondiali, con tutti coloro che governano l’informazione di massa, siano i primi a indignarsi per certi “crimini contro l’umanità”.

Mi fa specie perché sembra che un determinato massacro, dato in pasto all’informazione, sia avulso dal conflitto che lo genera, conflitto che a sua volta appare (sottolineo appare) totalmente estraneo alle potenze che condizionano la vita del mondo. Sulla guerra in Ucraina è raro il giorno in cui non si denuncino crimini contro l’umanità, e conseguente “martellamento” dei mass media non tanto per condannare l’orrore del conflitto in sé, ma, dal mio modo di vedere le cose, siano utilizzati a fini propagandistici per creare schieramenti verso l’una o l’altra parte delle forze in campo.

Se non fosse per le vite umane d’innocenti coinvolte nella spirale del massacro quotidiano, ci sarebbe da dire che il teatro di guerra ucraino assume i contorni di uno stadio da football. Comunque sia i crimini contro l’umanità sono reali come i conflitti che li generano, perciò vale la pena ricordarne uno fra i più efferati della storia più recente: quello di Sabra e Chatila. La storia del massacro, che brevemente voglio raccontare, non può essere disgiunto dal sionismo politico intriso di razzismo guerresco, di cui Theodor Herzl ne fu il fondatore.

Egli affermava che: “la forza viene prima del diritto, il bene e il male non esistono, la moralità non esiste, esiste il potere della forza e la storia non è altro che la supremazia del più forte che impone la propria moralità”. Con questa filosofia gli ebrei in terra di Palestina da ospiti sono diventati occupanti, una storia che va avanti da poco più di 120 anni, periodo nel quale è stato fondato lo stato di Israele, dotatosi, in corso d’opera, di armi nucleari e di un esercito conforme a una società che basa la propria esistenza sul “Conflitto permanente! La guerra come igiene dei popoli e l’integrità della razza un valore primario da controllare e salvaguardare”.

Non a caso molti ebrei, che non si riconoscono nel sionismo di Hezl, hanno coniato termini tipo: “Giudeonazismo e nazisionismo”, termini che denotano la brutalità di un regime che trova la propria ragion d’essere nella guerra permanente. Una brutalità che si riversa sul popolo palestinese sottoposto all’asfissiante controllo dei propri movimenti che, di fatto, nega le libertà, il diritto all’esistenza nel proprio territorio, e subire quotidiane violenze, torture, prigionie. L’apice dell’inumanità del sionismo si tocca nel massacro effettuato a Sabra e Chatila da parte delle falangi cristiano maronite libanesi, sostenute dall’esercito israeliano guidato dall’allora generale nazisionista Ariel Sharon. Il quale aveva dato al suo esercito le disposizioni di chiudere tutti i varchi di Beirut Ovest, indicare con vernice rossa il percorso per raggiungere il rione di Sabra e il campo profughi di Chatila da parte dei falangisti cristiani.

Per sapere chi sono i falangisti cristiani si ricorda il loro presidente “sorretto dalle baionette israeliane”, il quale non sfuggì alla morte a causa di un attentato e a suo tempo disse: “Il popolo palestinese è un popolo di troppo”. L’operazione di sterminio fu pianificata presso il quartiere generale delle milizie unificate della destra cristiana, per Israele erano presenti due generali (Eytan e Druri), per i falangisti il comandante in capo (Efram) e il responsabile dell’informazione (Hobeika); Sharon qualche ora prima della strage si posizionò al settimo piano di un grande palazzo per seguire con i binocoli l’operazione sanguinaria.

L’eccidio è durato dalle 6.00 del mattino del giorno 16 settembre fino alle ore 8.00 del giorno 18 settembre 1982; gli uomini palestinesi abbandonarono preventivamente le loro case e famiglie, non pensando a uno scempio di simili proporzioni. I razzi illuminanti resero vano il buio delle notti del 16 e 17 settembre, i falangisti erano armati anche di asce e coltelli, sfondarono porte, finestre e con i bulldozer demolirono muri. Aggredirono donne, bambini, vecchi, malati; tutti furono massacrati, le donne incinte erano aperte con i coltellacci e sul loro cadavere si abbandonavano i feti, i bambini uccisi con lo schiacciamento delle teste contro i muri: erano considerati futuri terroristi e inoltre con la loro morte si fermava la crescita demografica dei palestinesi.

Le donne erano stuprate e poi uccise, a molte di loro si tagliavano le mani per depredarle dei gioielli; molti feriti furono agganciati alle jeep fornite dall’esercito israeliano e trascinati lungo le strade fino alla morte. Molti palestinesi furono portati via su dei camion, di tutti loro non si sa che fine abbiano fatto, qualcuno è stato ritrovato ucciso con le manette ai polsi. La mattina prima che i falangisti abbandonassero quel teatro dell’orrore, invitarono molti palestinesi ancora nascosti di uscire allo scoperto per evitare ulteriori massacri, molti di questi si presentarono: furono uccisi lungo la via principale che attraversa Sabra e Chatila. Qualche bambino fu risparmiato, affinché potesse raccontare l’orrore vissuto.

Furono, ufficiosamente, circa 2000 / 3500 morti ammazzati dall’odio e da tutto il male possibile di cui si nutrono le guerre, le vittime furono soprattutto le persone più inermi, testimoni innocenti che confermano come la guerra, o meglio tutte le guerre siano crimini contro l’umanità. A quarant’anni di distanza quel massacro si dimostra stupido quanto inutile perché spinto dall’odio razzista, Sharon non fu condannato dal tribunale dell’Aja per crimini di guerra: il suo maggiore accusatore saltò in aria con un’autobomba. L’ipocrisia dell’occidente che condannava il misfatto era palpabile.

Il massacro non fermò il popolo palestinese. Anzi, ispirò il poeta Mahmud Darwish: “Il mio popolo ha sette vite. Ogni volta che muore rinasce più giovane e bello”. Questa sicuramente è l’altra verità vera, però le diplomazie mondiali non vogliono capirla, perché si tratta di una verità che non vogliono conoscere.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI