Scuola Sarda? No Grazie

1 Ottobre 2010

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Pier Luigi Carta

Aristotele una volta disse che gli uomini colti sono superiori agli incolti nella stessa misura in cui i vivi sono superiori ai morti. Vero è che ci sono diversi tipi di culture e tutte son degne di riguardo, ma quest’anno quella accademica e scolastica, in Sardegna, è in pericolo più che mai.
L’inizio dell’anno accademico è stato rinviato all’11 ottobre. Il Senato Accademico ha così deliberato il 17settembre, approvando la mozione all’unanimità. Napolitano sottovoce afferma –se vogliamo che la scuola funzioni come un’efficace motore d’uguaglianza e come un fattore di crescita, bisogna che si irrobustisca-. Ovvero -non c’è futuro nella palude della globalizzazione senza l’alta formazione, la ricerca e l’innovazione- come è riportato nella mozione approvata a Cagliari. 
La gravità del progressivo disimpegno dello Stato nel campo dell’istruzione e della tutela del diritto allo studio configura un quadro di partenza dell’anno accademico estremamente preoccupante, considerati i pensionamenti accelerati, a cui si aggiungono i vincoli al turn-over, il ridimensionamento degli organici e l’impossibilità dei ricercatori di accollarsi l’incarico della didattica.

I 7000 neoiscritti dell’ateneo di Cagliari sono a rischio, il loro diritto allo studio si fa incerto e i quadri dell’ateneo sono assorbiti dal dilemma ormai datato tra garantire l’alta formazione completa agli studenti o esplicitare una protesta forte e necessaria che esprima l’indignazione per il meccanismo destrutturante a cui soggiace l’Università. Tutto ciò aspettando e sperando che da Roma arrivi qualche segnale di apertura. La Riforma Gelmini, contestata dai ricercatori di tutta Italia, sarà discussa alla Camera il 5 ottobre.
L’unica condizione accettabile per i Ricercatori, ovvero motivo che li spingerebbe ad accettare nuovamente il carico didattico, consiste nella revisione della riforma assieme all’apertura di un confronto diretto con l’Università. In attesa di ulteriori sviluppi il Rettore e il Senato Accademico sollecitano il mondo universitario affinché nelle facoltà nascano anche per quest’anno una serie di incontri che riuniscano il corpo docente, i ricercatori e gli studenti, supportati dalla società civile.

La situazione coinvolge almeno 50.000 studenti isolani; ogni facoltà attuerà diverse modalità di protesta, Economia a Sassari e Architettura ad Alghero fanno eccezione, ma a Cagliari l’adesione alla sospensione è stata unanime. I ricercatori sardi, forse i più colpiti dalla manovra Gelmini, hanno annunciato che stavolta non si concederanno all’azione di strada, con cortei manifestazioni e sit-in, ma si limiteranno a non concedere la prestazione gratuita dei vari insegnamenti, continuando a fare il loro lavoro ufficiale, ovvero la ricerca.
La paralisi è annunciata: su di loro ricade infatti il 40% del carico didattico. Si spera in un ripensamento a livello governativo, per il quale, a meno che il governo non cada prima, bisognerà aspettare il 5 ottobre. L’agenda a scadenze serrate prevista per la discussione alla Camera, non lascia però ben sperare. Nel frattempo ci si prepara, negli atenei e nelle scuole, ad un altro anno di incertezza.

Gli organici del sistema scolastico isolano continuano ad essere falcidiati dall’azione del Ministero dell’Istruzione tramite la scrupolosa Direzione Scolastica Regionale, tra il silenzio ingombrante della Giunta e del Consiglio Regionale. L’organico del personale docente dimagrirà per il 2010/2011 di altre 1037 unità, realizzando in assoluto la 2° percentuale di taglio più elevata in campo nazionale, -5,18%, solo la Calabria è riuscita a fare di peggio. Rispetto ai 20009 che erano, i docenti si ridurranno a 18972, si perderanno 336 posti nella scuola primaria, 55 in meno nelle secondarie di 1° grado e 644 in quelle di 2° grado. I pensionamenti regionali si aggirano intorno ai 694, più undici prepensionamenti per gli insegnanti di sostegno.

Per i collaboratori scolastici, gli assistenti amministrativi e tecnici è previsto un taglio dell’8%, in tutto meno 670 posti rispetto all’anno precedente. Quest’anno la scuola sarda potrà contare soltanto su un organico complessivo di 26319 unità -18972 docenti e 7347 ATA- divisi non equamente su 1600 edifici scolastici, 387 autonomie e 11 000 classi e sezioni.
Con questi numeri è logico pensare che le ormai rare tracce del tempo lungo spariranno del tutto. La frequenza scolastica dei disabili sarà resa ancor più ostica –data la carenza del sostegno- le segreterie saranno ancora più ingolfate dal disbrigo dell’elefantiaca produzione burocratica. Molte scuole inoltre, non saranno in grado di garantire neppure la regolare apertura per l’orario scolastico minimo pattuito, se non chiudendo il proverbiale occhio su alcuni termini di sicurezza, pulizia e supporto didattico.

L’emergenza scolastica nella nostra isola, dove l’emergenza è già di per se  condizione strutturale, si concretizza già in una dispersione scolastica dilagante, in uno dei più depressivi livelli di qualità edilizia e nell’inconsistenza del diritto allo studio in vaste zone della regione. La manovra di assestamento del Bilancio regionale per il 2010 incide pesantemente sul sistema formativo, con un taglio di 14 milioni di €, eliminando le risorse per il sostegno delle autonomie scolastiche. D’altro canto è previsto un rafforzamento del progetto di digitalizzazione dell’istruzione isolana attraverso lo stanziamento di 100 milioni di €, con buona pace dei precari e dei supplenti, che nella migliore delle ipotesi, in quanto obsoleti, saranno rimpiazzati da uno schermo HD.

Gli alunni sono in calo del 2,26% e i docenti diminuiscono del 5,18%, alzando di un punto percentuale il rapporto alunni/docenti che raggiunge l’11,49. Il risultato più scontato si troverà nelle aree metropolitane con edifici stracolmi e aule sovraffollate e in zone rurali e montane desertificate e depauperate del diritto allo studio. In molti casi anche l’istruzione primaria sarà distante dai piccoli centri, inaugurando una nuova generazione di pendolari sempre più giovani. Forse secondo l’assessore alla Pubblica Istruzione Baire sarebbe questo il modello di autonomia e federalismo in nuce.
Forse si ispira alla massima di Lao Tzu che dice che “un uomo saggio non ha una vasta cultura e chi ha una vasta cultura non è un saggio”, una frase che si presta a più di un’interpretazione.

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