Festeggiamenti

1 Marzo 2011

Costanzo Pazzona

Luis Durnwalder, il Landeshauptman della Provincia di Bolzano, con molta franchezza  ha affermato che i sudtirolesi di lingua tedesca, ma anche i ladini, non parteciperanno alle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia. In primo luogo perché sono austriaci ed in secondo luogo perché sono di cittadinanza italiana da solo un novantennio, da quando nel 1918 disintegratosi l’impero austro-ungarico e persa la guerra , il Sud Tirolo ed il Trentino vennero annessi all’Italia senza alcun plebiscito. L’affermazione di Durnwalder, politico di notevole esperienza ma sempre più pressato da una destra radicale su posizioni separatiste anche all’interno dell’SVP, ha in primo luogo raccolto le rimostranze del nostro Presidente della Repubblica .  Durnwalder, in quanto presidente della provincia autonoma di Bolzano, ha sottolineato Napolitano,  ha il dovere di rappresentare tutti i sud tirolesi e quindi anche  gli italiani ed i ladini e non solamente quelli di lingua tedesca. Comunque ci sono “regole istituzionali” che  andrebbero rispettate anche dalla minoranza tedescofona. Non così ragionevole è stata la reazione dei giornali e di gran parte degli osservatori intervenuti nel successivo dibattito. I grandi giornali a tiratura nazionale (Repubblica e Corriere) hanno insistito sull’ “ingratitudine”: …ma come con tutti i soldi che vi diamo, con il federalismo da sogno che vi assicuriamo voi non siete neanche riconoscenti. Ancor  più si rimprovera ai sudtirolesi il comportamento opportunistico in politica: assicurare con il voto o con l’astensione la sopravvivenza del governo berlusconiano ha comportato diversi vantaggi al Sud Tirolo, alcuni noti come la provincializzazione del Parco dello Stelvio, l’autonomia sui monumenti del periodo fascista, altri meno pubblicizzati quali la smobilitazione di circa 700 milioni di arretrati di compartecipazioni su cui i sudtirolesi avevano ormai perso la speranza di metterci  le mani sopra. Nei giornali locali (Adige, Alto Adige, Trentino ,ecc) le posizioni sono più polarizzate (fanno bene a non partecipare perché non sono italiani oppure sono arroganti  è una infamia oppure sono cittadini italiani legati da un vincolo di solidarietà e partecipazione con un paese da cui realisticamente non potranno separarsi) e sono improntate a sorpresa ed anche  ad un po’ di sgomento per la deriva nazionalistica , per quel fantasma della contrapposizione  che tanti danni ha provocato in quella zona di confine. Non bisogna dimenticare  che il Trentino SudTirol  è stata una zona di modesto sviluppo economico per tutti i turbolenti  anni 50/60 e che solamente con la pacificazione e l’approvazione del 2° statuto  è divenuto una delle regioni più ricche d’Italia. Personalmente, seppure con molti distinguo e  precisazioni,  sto dalla parte di Durnwalder che va precisato non è un politico sprovveduto bensì un leader pragmatico che da oltre 22 anni guida la provincia di Bolzano ed  è un grande mediatore avendo stemperato le forti tensioni che alla sua destra porta avanti l’ala “separatista” (Eva Klotz). Sono dalla parte di Durnwalder perché non si può costringere un popolo, per decreto, ad amare l’Italia, la terra che a seguito di una guerra perduta l’ha occupata e durante il fascismo ha tentato violentemente di snazionalizzarla. Non ha molto senso  tacciare i sudtirolesi di “ingratitudine” per l’autonomia che gli è stata accordata . Ciò che dovremo fare come italiani è di essere fieri di aver costruito una struttura istituzionale, che è la più avanzata forma di convivenza interetnica e di autonomia  in Europa, che vien presa come modello da altre parti del mondo (es. Dalai Lama). Più che revocare il “privilegio”  dovremmo cercare di estenderlo a tutta Italia. Ma questa fierezza per una autonomia avanzata, ha suggerito M. Boato sull’Adige dell’11 febbraio, dovrebbe però essere anche patrimonio dei sudtirolesi e comportare un po’ di riconoscenza per  quella terra che l’ha consentita e che festeggia i suoi 150 anni. Pur comprendendo le ragioni di Durnwalder  quindi non si può non concordare  con quanto affermato dal Presidente Napolitano sul fatto che egli rappresenta non solamente la componente di lingua tedesca del Sudtirol ma dovrebbe farsi carico anche della rappresentanza della componente ladina ed italiana e quindi partecipare, se non direttamente anche mediante il suo vice alle celebrazioni dell’Unità. Ciò avrebbe  consentito di attenuare, sopire le tensioni sempre presenti (da ultimo si ricordi la problematica della toponomastica dei sentieri solo in tedesco) e di riprendere  con calma e comprensione reciproca il colloquio tra le varie nazionalità. Se poi la Provincia di Bolzano non sarà presente alle celebrazioni  (temiamo purtroppo che non sarà l’unica),  ha affermato L. Dellai  Presidente della Provincia Autonoma di Trento   non ci troveremo di fronte  ad una irreparabile battuta d’arresto del dialogo ma solamente ad un atto, forse avventato, ma speriamo non lacerante nei rapporti tra le due nazionalità.

5 Commenti a “Festeggiamenti”

  1. Antonio Sedda scrive:

    Bravo Costanzo. Solita storia i Sardi quando parlano d’altri sono comprensivi, capiscono, argomentano. Io non faro festa il 17 marzo, l’Italia non è la mia Patria e la Sinistra illuminata ha votato con il PDL in Consiglio Regionale per affossare la mozione sull’indipendenza. Collaborazionisti e unionisti di tutto il mondo unitevi.

  2. Marcello Madau scrive:

    Condivido molte cose dell’analisi di Costanzo Pazzona. Anche quando dice che quanto sperimentato dall’Italia nella provincia di Bolzano rappresenta davvero un modello molto avanzato.
    E’ questa l’Italia possibile che mi interessa costruire, un territorio dove, assieme alle battaglie per migliorare la democrazia e la situazione di lavoratori e precari, possano trovare cittadinanza piena tutte le identità e le nazionalità, senza che esse siano costrette a diventare nazionaliste e fuggire, schiacciate da un centralismo di lunga durata, verso paradisi perduti e piccole indipendenze.
    Ma la posizione tirolocentrica di Durnwalder, presidente istituzionale di tutte le identità e le nazionalità del territorio bolzanese, non mi pare un piccolo errore, una subordinata che non possa condizionare un giudizio altrimenti favorevole alle sue posizioni. Se Durnwalder ha solide ragioni storiche sul passato, dovrebbe rifuggire dagli errori del nazionalismo dominante: ma temo che fra nazionalismi e nazionalismi le differenze siano decisamente inferiori alle somiglianze. Per questo la sua posizione politica, pur nella condivisione della denuncia storica, mi pare complessivamente negativa.

  3. Omar Onnis scrive:

    Rimane il problema del trattamento mediatico della faccenda, secondo me addirittura offensivo. Si è contestata la legittimità stessa di Durnwalder di non sentirsi partecipe al processo di unificazione italiana. I rispettosi rilievi sulla sua correttezza istituzionale li leggo qui, e li posso anche condividere. Ma non sono gli stessi che ho letto a suo tempo sui maggiori giornali italiani. Esiste un nazionalismo decisamente egemonico in Italia ed è quello che si nutre sia di pulsioni destrorse e di narrazioni ideologiche di stampo romantico e fascista, sia del centralismo statale comunista. L’intervento invero imbarazzante di Benigni al recente festival di Sanremo ne rappresenta una bella sintesi. Quando si portano istanze indipendentiste di solito una delle risposte è il rifiuto dei particolarismi, degli egoismi delle piccole patrie, della vanità di aspirare a costruire un nuovo stato in un mondo dove gli stati stanno scomparendo. Quest’ultimo è un argomento particolarmente fallace e destituito di fondamento anche su una base meramente statistica (dalla fondazione dell’ONU a oggi secondo voi gli stati nel mondo sono diminuiti o sono aumentati?). Comunque, prendere il Sud Tirolo come termine di paragone con la Sardegna è del tutto fuorviante. Sia dal punto di vista storico, sia da quello culturale (i sud tirolesi sono tirolesi, non costituiscono una collettività storica a se stante), sia da quello geografico. La Sardegna è un caso a sé, con una storia e necessità sue proprie.

  4. Fausto Todde scrive:

    Ho letto con attenzione sia l’articolo di Pazzona che i tre commenti. Anzitutto è vero che in provincia di Bolzano la maggioranza della popolazione si sente “austriaca” e non partecipa emotivamente ad una festa che sottintende il “sentirsi italani”. Dice Pazzona (e Madau condivide), che “quanto sperimentato dall’italia nella provincia di Bolzano rappresenta un modello molto avanzato”. Personalmente mi pare un’affermazione un pò precipitosa. La domanda è: il benessere diffuso in questa zona, è opera della lungimiranza della classe politica locale, o è il frutto di enormi privilegi che l’italia ha concesso nel tempo, pur di arrivare ad uno “status quo” di non belligeranza? Guardiamo la realtà nel suo insieme: le regioni con maggiori privilegi sono quelle a statuto speciale del Trentino-Alto Adige e della Valle d’Aosta. Questi privilegi sono stati ottenuti perchè la classe politica locale (sia quella autonomista che quella con riferimento nazionale), hanno sempre rivendicato nei confronti dell’ Italia gli interessi locali. La Lega Nord è nata in seguito all’indottrinamento di Bossi, Miglio ed altri da parte di un politico valdostano (Bruno Salvadori) ed è nata con lo scopo di rivendicare a loro volta detti privilegi. E la Sardegna? Non rivendica neppure i diritti sulle entrate che spettano per legge, per non parlare dei vari deputati e senatori eletti col voto dei sardi e che che la Sardegna la conoscono per averla vista in cartolina.

  5. Loredana Rosenkranz scrive:

    Capisco, insieme a Costanzo Pazzona, la posizione di Durnwalder e la trovo opportuna, se non altro perché taglia sul nascere nuove occasioni di conflitto tra le comunità del sud Tirolo che cercano una difficile convivenza tra plurilinguismo/pluriculturalismo ed appartenenza ad una statualità unica. Per far questo quelle popolazioni hanno lavorato per usufruire al massimo e legittimamente degli spazi che l’articolazione autonomistica delle due province ha loro consentito. Non “un regalo” dell’Italia ma il frutto di una mediazione e di un accordo molto civile, i cui effetti, nel bene e nel male, meriterebbero di venir analizzati nel presente, invece di essere pronti a sostenere, anche in parlamento, pseudo- federalismi, onerosi non solo finanziariamente ma soprattutto simbolicamente, per il conseguente ritorno negativo sull’idea federalista, relativamente all’Italia ed all’Europa.

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