6 maggio

1 Maggio 2011

Mariano Carboni

Il 6 maggio è per i lavoratori metalmeccanici della Sardegna un altro appuntamento di grande importanza. Tale sciopero è importante perché i dati sulla situazione del comparto industriale, ivi compreso il settore metalmeccanico, confermano lo stato di crisi e la progressiva contrazione dei livelli occupazionali. Destano non poche preoccupazione i dati sul valore del Prodotto Interno Lordo Isolano. Aumenta la percentuale totale dei disoccupati in Sardegna. Ha raggiunto soglie insostenibili il livello di disoccupazione giovanile e femminile.
In sintesi, tutti questi indicatori dimostrano che le difficoltà stanno aumentando e che siamo nel pieno della crisi economico finanziaria. In questo contesto servirebbe una presa di posizione risoluta da parte della Giunta Regionale finalizzata a salvaguardare il poco lavoro che è rimasto ed a creare nuove opportunità lavorative. Invece, le risposte che arrivano, considerando il tenore della crisi, sono insufficienti e deludenti. Quando ci si affida alla mera gestione degli strumenti di ammortizzazione sociale e non si propongono Politiche di Sviluppo e di Contrasto alla Crisi si commette un errore imperdonabile. La cassa integrazione e la mobilità sono importanti per tamponare  una fase congiunturale, ma non sono in grado di garantire il futuro a centinaia di lavoratori oggi in difficoltà.
Che cosa succederà quando finirà la copertura degli strumenti di ammortizzazione sociale? Cosa faranno e che occupazione alternativa si propone alle migliaia di lavoratori oggi in cassa integrazione straordinaria? Quali settori si pensa di sostenere e di sviluppare nel territorio isolano? Quali risorse si pensa di utilizzare per stimolare la ripresa economica?  Sono le domande che, in più di una circostanza, abbiamo rivolto alla Giunta Regionale e per le quali esigiamo una risposta. Sono gli interrogativi che si dovrebbe porre tutta la Classe Dirigente Isolana se si vuole evitare il disastro sociale della Sardegna. Noi, dal canto nostro, non abbiamo nessuna intenzione di mollare la presa e di rassegnarci all’inevitabilità del declino. Analogamente, sul fronte nazionale, quelle stesse domande sono state poste dalla Cgil al Governo Berlusconi. Come si pensa di uscire dalla crisi? Quali sono le politiche di sviluppo? Come si pensa di sostenere l’industria? Quali sono le categorie sociali che meritano di essere sostenute?
Ci piacerebbe sentire le risposte a queste domande e non il solito turpiloquio sulla vicenda Ruby e sull’attacco all’Autonomia della Magistratura. Questo è un paese che ha bisogno di rimettere al centro della discussione il valore del lavoro, avendo la consapevolezza che chi lavora non è figlio di un Dio Minore, ma una Persona di Grande Valore che produce ricchezza e benessere per tutto il paese. E va da sè che chi produce ricchezza e benessere per il suo paese deve essere trattato con rispetto e con dignità e non può essere privato dei suoi diritti.
Dobbiamo continuare a parlare di fisco e di tassazione rivendicando giustizia sociale ed equità. Non è tollerabile che il lavoro dipendente sia  tassato con l’aliquota minima del 23% e la rendita finanziaria sia tassata nella misura del 12%. Anziché impegnare le sedute del parlamento per discutere delle vicende personali del Premier, si approvi, in tempi rapidi, una norma sull’incremento delle rendite finanziarie, in linea con il resto dell’Europa, e si utilizzino le risorse derivanti per favorire lo sviluppo e sostenere le categorie sociali più deboli come i pensionati, i giovani ed i disoccupati. Vogliamo continuare a discutere di stato sociale, di sistema universalistico di diritti, perché un paese civile non può non tenere conto dei bisogni dei più deboli in tema di previdenza, di assistenza sanitaria e di istruzione.
E non possiamo non parlare di Democrazia e di Rappresentanza! La storia dell’umanità ha insegnato che la libertà e la democrazia, sono beni indisponibili ed hanno un valore inestimabile. Per questo motivo dobbiamo batterci per evitare che ci sia un ulteriore restringimento degli spazi di libertà. Un paese può essere definito realmente democratico se la democrazia pervade tutti i segmenti della società. Un paese che impedisce alla democrazia di varcare i cancelli delle fabbriche e gli ingressi degli uffici è un paese che ha una democrazia malata. Un paese che non rispetta il principio della Separazione e dell’Equilibrio tra i Poteri dello Stato è un paese che rischia di subire un’involuzione autoritaria.
Per tutte queste ragioni la Cgil ha deciso di fare uno sciopero generale nazionale, di presentare una piattaforma rivendicativa e di continuare a dialogare con il  paese. Siamo fiduciosi perché i lavoratori dipendenti, e tra questi i metalmeccanici, hanno dimostrato di essere sensibili e generosi, anche nei momenti di maggiore difficoltà. Per questo pensiamo che la mobilitazione di tutte le categorie possa favorire l’inversione di tendenza e produrre il risveglio delle coscienze.
Siamo convinti che la stragrande maggioranza dei lavoratori condivida le nostre critiche e le nostre proposte e sia disposta a fare un ulteriore sacrificio per stimolare la ripresa del confronto e correggere le storture prodotte da numerose leggi varate dal Governo Berlusconi.
Sono stati gli stessi lavoratori riuniti nelle assemblee generali a chiederci di andare avanti e di rappresentare correttamente il loro punto di vista.

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