Monumenti aperti. Alla speculazione

1 Giugno 2011

Marcello Madau

C’è un nuovo, velenoso attacco al nostro patrimonio culturale e paesaggistico. Sta nel ‘Decreto Sviluppo’, D. Leg. 70/2011, da poco pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Vi si modificano norme fondamentali legate alla tutela: i ‘cinquant’anni’ necessari per poter apporre il vincolo vengono portati a settanta, si dilata la pratica del silenzio-assenso, si regalano beni demaniali alla speculazione.
In poche pagine si modifica pesantemente il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e l’art. 9 della Costituzione italiana.
La tecnica è quella sperimentata: a colpi di fiducia vengono approvati contenitori onnicomprensivi, i cui soli nomi ormai inducono al sospetto (omnibus, mille proroghe, decreto sviluppo etc.), si modificano leggi fondamentali senza avere il coraggio di costruire il cambiamento in un processo parlamentare, e quindi in un confronto democratico di modelli e idee.
Prima ancora di affrontare qualche contenuto, vorremmo sottolineare come sia grave la mancanza di una discussione nel merito, come dovrebbe richiedere la modifica profonda di una legge come il ‘Codice’.
Questa prassi speciale, sulla quale colpisce in questo caso l’assenza di richiami da parte del Presidente della Repubblica, è un velenoso svuotamento della democrazia. Esso ha naturalmente una sua precisa ragion d’essere, e la si trova nel suo principale soggetto ispiratore ed artefice: il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti. Mentre noi ci consumiamo nell’antiberlusconismo, un pericolo più insidioso si muove da un’altra parte. Ma qualcuno nel PD lo immagina come risorsa contro Berlusconi…
Giulio Tremonti, che cerca da un paio d’anni di dare di sé un’immagine caritatevole, addirittura attenta al sociale (ma la sua vera indole non può essere contenuta, come dimostrano le sparate razziste fatte a Bologna), ha prodotto in questi anni un’azione organicamente orientata a sabotare il patrimonio pubblico della conoscenza (tutela, ricerca, università), cercando di volgerlo a favore di gruppi di potere e della speculazione; costruendo meccanismi speciali, come le Fondazioni, per controllarlo. Quindi: apre i beni pubblici a gruppi di potere e speculazione. E’ liberista, ma, come il vero liberismo, tradisce i suoi principi di fronte agli interessi del potere che rappresenta. Ed ha un fondo straordinariamente centralista.

Ma torniamo al ‘decreto-sviluppo’.
Le modifiche al Codice dei beni culturali e del paesaggio partono dall’art. 16 (“Per riconoscere massima attuazione al Federalismo Demaniale e semplificare i procedimenti amministrativi relativi ad interventi edilizi nei Comuni che adeguano gli strumenti urbanistici alle prescrizioni dei piani paesaggistici regionali, al Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: (…)”).
Esse sono serie. Ne citiamo alcune fra le più importanti

– L’estensione del vincolo da cinquanta a settantanni, con il parallelo innalzamento alla stessa età del divieto di vendita, libera per il mercato una serie rilevante di edifici, e toglie alla salvaguardia – non obbligatoria, ricordiamo, ma soggetta ad analisi di merito – interessanti episodi della storia dell’architettura.
– Non vi è più l’obbligo per il proprietario di denunciare il trasferimento della detenzione dei beni immobili, in base all’articolo 59, comma 1 del Codice, poiché l’obbligo ora è limitato solo ai beni mobili (oggetti quindi, non edifici).
– Anche sul ‘federalismo demaniale, ovvero il D. Leg. 85/2010, sul quale ci riserviamo di intervenire in un prossimo articolo, si liberano effetti rilevanti sulla pianificazione paesaggistica: il parere del Soprintendente sulle autorizzazioni paesaggistiche, vincolante” in prima applicazione”, diventa solo “obbligatorio” una volta che i vincoli paesistici vengono incorporati negli strumenti urbanistici e di piano, e si lega al ‘silenzio-assenso’, togliendo un filtro di salvaguardia con un’operazione già censurata da due sentenze (comuniste…) della Corte Costituzionale (26/1996 e 404/1997) che stabilivano che in materia ambientale e paesaggistica «il silenzio dell´Amministrazione preposta non può aver valore di assenso».
La modifica in questo caso è davvero esplosiva, e si ottiene con una “piccola” aggiunta alla fine del secondo periodo dell’art. 146 comma 5, per quanto riguarda, per l’appunto, il parere del Soprintendente “e, ove non sia reso entro il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti, si considera favorevole.”
Non si tratta di attenzioni relative solo ai beni culturali, ma si percepisce, come già osservato, una concezione davvero strutturata, ideologicamente compatta.
In questo stesso decreto vi è la questione delle spiagge e degli arenili, ora privatizzati per solo vent’anni (si veda Mares serrados a muru di Stefano Deliperi). E un calo generalizzato degli strumenti di controllo, con accelerazioni ulteriori sul piano casa, ad esempio, un forte ampliamento della soglia della ‘trattativa privata’ (è raddoppiata, ora un milione di euro), vero colpo basso – che fior di liberisti – alla concorrenza, alla trasparenza, alla qualità.
Vorremmo infine segnalare quel capolavoro di Fondazione (strumento molto ben impiegato da Giulio Tremonti) che è la ‘Fondazione per il Merito’ (segue il Fondo per il Merito istituito dalla legge 40/2010), utilissimo monumento alla meritocrazia e con la partecipazione di privati, diretto da Gelmini e Tremonti (art. 4: Sono membri fondatori della Fondazione il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ed il Ministero dell’economia e delle finanze, ai quali viene inoltre attribuita la vigilanza sulla Fondazione medesima), suscettibile di ricevere edifici pregiati (art. 9: Alla Fondazione possono essere concessi in comodato beni immobili facenti parte del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato. Il trasferimento di beni di particolare valore artistico e storico è effettuato di intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali e non modifica il regime giuridico, previsto dagli articoli 823 e 829, primo comma, del codice civile, dei beni demaniali trasferiti.).

Il senso di questa manovra è un attacco molto pesante al territorio, un invito allo sviluppo del cemento e all’indebolimento della tutela del paesaggio. Un attacco mascherato alla Costituzione.
In questa situazione, mi domando se la manifestazione dei ‘monumenti aperti’, visto che dibattiti critici all’interno della manifestazione ce ne sono stati pochini, non rischi di trasformarsi in una gigantesca melassa di falsa coscienza.
Non certo nell’intento di alcuni virtuosi e coraggiosi operatori, che dobbiamo ringraziare ed apprezzare, quanto nel risultato complessivo, nell’effetto mediatico: in fin dei conti che patrimonio meraviglioso abbiamo!
Il classico meccanismo di rassicurazione (e controllo) sociale: pochi giorni di monumenti aperti significano moltissimi giorni di monumenti chiusi, ma questo non lo vediamo.
Col rischio che, quando apriranno, non siano tutti al loro posto.

3 Commenti a “Monumenti aperti. Alla speculazione”

  1. annamaria janin scrive:

    Marcello è molto bravo e paziente (io lo propongo per “santo subito” ) ad inoltrarsi in questi testi degni in tutto e per tutto di Azzeccagarbugli. Mi domando se l’enorme palazzata che sta sorgendo propro a ridosso del tanto decantato “parco della vetreria” di Pirri gode di tali nuovi strumenti giuridici: personalmente ho cercato di informarmi chiedendo a gente del luogo, e avendone come risposte frasi del genere “.Eh, d’altra parte c’era lì un terreno non utilizzato…si vede che il comune gli ha dato il permesso ” e cose del genere. Il mostruoso complesso oltretutto sovrasta letteralmente la torretta della antica vetreria, sulla quale lo scultore Nagasawa lasciò un suo “Segno” che ormai praticamente scompare azzerato dal cemento (residua testimonianza di sculture e installazioni che un tempo lì realizzarono artisti anche molto importanti, finite dove e come lo ignoro). Se qualcuno potesse fare luce su questo ennesimo scempio…
    Con i mei auguri sinceri

  2. Marcello Madau scrive:

    Preferirei rimandare la santificazione. (come mi pare dicesse il lcoro di Lodè in un suo canto a tenore “no amus a restare chena santos’ (non resteremo senza santi).
    Se la torretta non è stata vincolata la vedo dura. Quanti anni avrebbe? Se sotto i 70 dovrebbe essere purtroppo andata, oltre i 70 ci sarebbe in teoria qualche margine. In ogni caso si potrebbe almeno segnalare al nuovo sindaco.

  3. Annamaria Janin scrive:

    Credo che la vetreria risalga agli inizi del Novecento; lo scandalo è comunque anche l’enorme edificio attualmente in costruzione in quanto a ridosso del parco, dove si potrebbero rilassare i bambini e gli anziani cercando un po’ di sollievo al caos della via Italia.
    Come si può fare a segnalarlo a Zedda, (che avrà ben altre gatte da pelare); se c’è qualcuno che lo sa sarei sollevata…

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