La sacra scienza

1 Ottobre 2008

numeri.jpg
Nicola Culeddu

L’utilizzo di dati e numeri e la loro interpretazione è ormai un’arte sublime e difficile. Una sola branca della scienza dei dati, comunemente conosciuta come statistica, è correntemente utilizzata dalla politica: presentare i risultati nella maniera più sensazionalistica. Innumerevoli  gli esempi di come sia la presentazione dei dati sia il confronto tra insiemi non omogenei vengano regolarmente utilizzati: il più eclatante viene offerto nell’illustrazione dei risultati delle pubbliche amministrazioni, particolarmente  in quelli delle azioni di governo.  Mi riferisco ai proclami del Ministro Brunetta che dichiara “diminuzioni delle assenze per malattia “ del  35%! Come insegna Darrel Huff nel suo libro “Mentire con le statistiche ” (ed Monti & Ambrosiani, € 15) i dati statistici meritano sempre una seconda occhiata. Se prendiamo il documento ufficiale del Ministero per la pubblica amministrazione l’innovazione  (reperibile all’indirizzo web http://www.innovazionepa.gov.it/ministro/pdf_home/indagine_pilota.pdf) ad una seconda occhiata si nota come i dati siano riportati in numero di giornate/uomo, mentre è assente il dato totale generale. Ho provato a calcolarlo in funzione del numero dei dipendenti pubblici (3600000), i dati si riferiscono ad un generico “27 amministrazioni”; se ci riferiamo al numero “fisiologico” del 10% di assenze  moltiplicando questo numero per 250 giorni lavorativi/anno, il risultato è che le assenze per malattia sono diminuite, nel bimestre maggio/giugno 2008 rispetto al bimestre maggio/giugno2007,  del 15.3 %. Ma se si riferiscono al totale delle presenze si passa dal 10%  al 8.5 %. Certo che se presentati in questa maniera, i dati non danno proprio l’impressione di un successo travolgente così come sbandierato. Questo tipo di “utilizzo” dei dati si estende anche a molte altre “opinioni” che vengono presentate regolarmente in convegni dove si cerca di dare aspetto “scientifico” ad analisi statistiche (nella accezione totale del termine)  opinabili. L’uso dei numeri in maniera “conveniente” e utile soprattutto a chi vuole veicolare alla popolazione una  sensazione di incertezza  per motivo elettorali. Un altro caso interessante è la cosiddetta “strage del sabato sera”, infatti fa sempre notizia la tragica scomparsa di giovani ragazzi, se analizziamo i dati forniti dall’ACI scopriamo che in Italia muoiono circa 6000 persone l’anno di incidente, ovvero 16 persone al giorno e di queste il 35 % ha meno di di 30 anni, allora ci si dovrebbe chiedere se ogni giorno della settimana muoiono 5 ragazzi dove sta la “strage del sabato sera”? Un’obiezione potrebbe essere che la notte ci sono meno macchine in circolazione: è vero, ma l’età media degli occupanti è inferiore, e i due effetti si compensano…  Per ultimo rivolgiamo  la nostra attenzione alla scelta del Governo di attivare le procedure per un ritorno del nucleare in Italia, le giustificazioni addotte sono diverse ma due sono interessanti: la prima recita “così  diminuiamo la dipendenza dal petrolio”.  Analizziamo i dati: il consumo di petrolio e derivati in Italia è per il 78% destinato al’autotrazione, il 9.2% è utilizzato per produrre energia elettrica (fonte ENI). Allora lo Stato decide di costruire delle centrali nucleari (una per regione) per diminuire del 20% la quota di consumo di petrolio destinata al termoelettrico, con il risultato di investire 30 miliardi di euro per diminuire la nostra dipendenza dal petrolio del 1.84%!! Ottimo investimento, ma per i cittadini o per chi costruirà, gestirà e non smaltirà le scorie? Il secondo argomento portato è che in Francia una quota rilevante della produzione elettrica viene dal nucleare, Il ministro Scajola dichiara che l’80% della produzione elettrica è nucleare, questo dato è vero, ma non viene riportato che la maggior parte  dell’energia nucleare prodotta viene utilizzata in impianti di produzione del combustibile nucleare, ed in rete ne va appena il 25%, cosicchè il business è produrre combustibile da vendere agli altri paesi. Anche così si trascura che l’impulso alla scelta nucleare francese viene dall’utilizzo militare dell’uranio e che senza la richiesta militare il processo di arricchimento non è economicamente conveniente. Quindi bisognerebbe dire agli italiani che la scelta del nucleare senza impianti di arricchimento crea una dipendenza da altri paesi, in netto contrasto con la teoria della diminuzione della dipendenza, e l’alternativa è costruire impianti di arricchimento che siano di interesse primario per i militari (Ahmadinejad insegna). Anche altri paesi limitrofi hanno impianti nucleari, a questo proposito nei giorni scorsi è stata pubblicizzata l’intenzione della Svizzera di costruire 1-3  nuove centrali; per prima cosa bisogna dire che in Svizzera, al contrario che da noi, la scelta è sottoposta a referendum, e poi che la previsione di messa in esercizio è di 20 anni (e sono svizzeri!!). In futuro mi auguro che i lettori di qualunque relazione o opinione fondata sulla presentazione di dati analitici si preoccupino di dare sempre una “seconda occhiata” e mi sento di consigliare la ricetta di Huff sui dati statistici proposti di porsi delle semplici domande: chi lo dice? Come fa a saperlo? Qualcuno ha cambiato l’argomento? E’ credibile?

“ (…) Si apre a questo punto il grave problema dell’eliminazione dei rifiuti radioattivi. Con vari metodi sono inceneriti,triturati,macinati,pressati,vetrificati e inglobati in fusti impermeabili a loro volta disposti in recipienti di acciaio inossidabile, veri e propri sarcofaghi in miniatura. Queste “vergogne” dell’energia nucleare vengono nascoste nelle profondità sotterranee e marine.Non abbiamo la minima idea di quello che potrebbe succedere dei fusti con tonnellate di sostanze radioattive che abbiamo già seppellito e di quelli che aspettano di esserlo.Ci liberiamo di un problema passandolo in eredità alle generazioni future, perché queste scorie saranno attive per millenni. La sicurezza assoluta non esiste neppure in quest’ultimo stadio del ciclo nucleare. I cimiteri radioattivi possono essere violati da terremoti, bombardamenti, atti di sabotaggio. Malgrado tutte le precauzioni tecnologiche, lo spessore e la resistenza dei materiali in cui questi rifiuti della fissione sono sigillati, la radioattività può, in condizioni estreme, sprigionarsi in qualche misura, soprattutto dai fusti calati nei fondali marini. Si sono trovate tracce di cesio e di plutonio e altri radioisotopi nella fauna e nella flora dei mari più usati come cimiteri nucleari. Neppure il deposito sotterraneo, a centinaia di metri di profondità può essere ritenuto secondo me, completamente sicuro. Sotto la pressione delle rocce, a migliaia di anni da oggi, dimenticate dalle generazioni a venire, le scorie potrebbero spezzarsi o essere assorbite da un cambiamento geologico che trasformi una zona da secca in umida, entrare quindi nelle acque e andare lontano a contaminare l’uomo attraverso la catena alimentare. A mio parere queste scorie rappresentano delle bombe ritardate. Le nascondiamo pensando che non ci saremo per risponderne personalmente.” Carlo Rubbia, tratto da http://www-ws.uchicago.edu/fermi/Group19/enricofermi/eranucleare.htm

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI