Aborto e obiezione di coscienza, che fare?

1 Marzo 2016
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Gianfranca Fois

La discussione e l’approvazione al Senato del decreto legge Cirinnà ci hanno mostrato le posizioni retrive di gran parte dei senatori e gli spregiudicati giochi di potere delle forze di governo tanto da lasciare senza diritti i figli delle coppie omosessuali.

In questo clima cinico e oscurantista non riesce a farsi sentire la denuncia dello scandalo della legge 194, e cioè il fatto che in Italia a 38 anni dall’approvazione della legge che introduce l’aborto si assiste al 70% di obiettori di coscienza fra ginecologi, con punte del 90% al Sud (in Sardegna 49.7%). L’obiezione di coscienza è possibile grazie all’articolo 9 riferito però solo ai ginecologi mentre ormai coinvolge, illegalmente, anche anestesisti, operatori sanitari e anche i farmacisti per la pillola del giorno dopo, farmaco non abortivo ma contraccettivo. Per di più si assiste al fatto che intere strutture (4 su 10) sono impossibilitate ad eseguire interruzioni volontarie di gravidanza (ivg) perché tutti i dipendenti sono obiettori.

L’articolo 9 era stato inserito per permettere ai medici che già esercitavano di praticare l’obiezione, ma non ha più senso estenderlo a quanti si sono laureati dopo il 1978 e hanno scelto di diventare ginecologi conoscendo l’ammissibilità dell’interruzione di gravidanza in base a una legge dello stato. Tralasciando il fatto che l’obiezione di coscienza non ha alcuna ricaduta su chi la pratica ma sulle donne e su chi obiettore non è, aggiunta di lavoro e turni più pesanti non riconosciuti né in termini economici né di carriera, i motivi di questa scelta hanno spesso poco a che fare con motivi religiosi.

Vediamo il perché. Anzitutto la schiera di medici che si batté per la legge 194 e che era estremamente motivata conoscendo la violenta realtà degli aborti clandestini sta andando in pensione. In secondo luogo gli strumenti altamente sofisticati utilizzati oggi permettono di seguire il feto dalle prime settimane nell’utero materno creando un forte rapporto tra medico e feto mentre la donna appare sfocata in secondo piano.

Inoltre le nomine dirigenziali all’interno degli ospedali sono nomine politiche e se si vuole fare carriera, soprattutto in regioni governate dal centrodestra, è meglio scegliere la via dell’obiezione anche perché il così detto Movimento per la vita (mpv) ha raggiunto posizioni apicali nelle Istituzioni e nel mondo accademico. Comunque sia questo altissimo tasso di obiettori va contro il diritto delle donne alla libera scelta e con rischi per la propria salute costringendole a lunghe attese, a peregrinazioni alla ricerca di strutture che pratichino l’ivg. E infatti la Comunità europea è intervenuta nel 2014 per riprendere l’Italia per la mancata garanzia all’accesso all’interruzione di gravidanza, in aperta violazione dell’articolo 11 (diritto alla salute) della Carta Sociale Europea.

Un atteggiamento coraggioso è stato assunto recentemente dal presidente del Lazio (90% di obiettori) Zingaretti che ha chiesto che nei consultori venisse assunto solo personale non obiettore. Eppure dall’introduzione della legge, si è assistito a un quasi costante calo degli aborti praticati e l’Italia si trova perciò agli ultimi posti in Europa, mentre il tasso di abortività tra minorenni è il più basso al mondo

Sarebbero ancor meno se non ci fossero le donne migranti provenienti da paesi con scarso interesse per la contraccezione, ma è una situazione che sta cambiando anche se per le migranti e per molte giovani italiane precarie e disoccupate le forme anticoncezionali costano troppo. Bisogna perciò sottolineare la necessità di riorganizzare e rilanciare i consultori (dovrebbero essere 1 ogni 20.000 abitanti e sono invece 1 ogni 100.000) luoghi di assistenza alle donne e di educazione alle pratiche contraccettive. Nei consultori invece spesso i volontari del mpv, di ispirazione cattolica, diffondono distorte idee sulla contraccezione e la sessualità.

Non si deve nemmeno dimenticare lo stigma sociale che accompagna l’aborto e le donne che lo scelgono. Questi pregiudizi insieme alle modalità, alla burocrazia, ai luoghi possono fare dell’ivg un’esperienza traumatica. In definitiva di fronte a questa situazione penso sia necessario che le istituzioni debbano intervenire riorganizzando e impostando in modo diverso le strutture ospedaliere e che trovino dei mezzi per porre fine all’uso esasperato della scelta dell’obiezione di coscienza sia consigliando agli studenti contrari all’aborto di scegliere un’altra specializzazione, sia attivando concorsi per soli non obiettori come avviene in altri paesi.

E’ però illusorio che questo possa avvenire senza una forte presa di posizione anzitutto, ma non solo, delle donne. Questo vuol dire trovare sistemi di discussione e di lotta efficaci, alcuni già presenti in diverse parti di Italia ma anche in altre parti del mondo, ad esempio in Spagna. Non è sicuramente facile nel clima di arretramento di gran parte del mondo politico-sociale italiano di questi tempi ma anche le donne che negli anni 70 cominciarono a parlare pubblicamente di aborto, a nominare l’indicibile, operarono coraggiosamente in un clima allora anche più retrivo.

 

 

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