Amarcord: Mosca 1960, Casa Schucht ricordi di un ex ragazzo della FGCI

14 Novembre 2022

Nell’immagine: Giulia Schucht

[Carlo Arthemalle]

Due anziani coniugi, provenienti dalla nostra città (Cagliari), erano giunti a Mosca con una delegazione di veterani del Partito comunista italiano.

Volevano visitare la casa, adibita a Museo, dove ancora vivevano le sorelle Julia e Eugenia Schucht, vedova e cognata di Antonio Gramsci. Ma, poiché tale visita non era prevista nel tour predisposto e approvato dai sovietici, dovettero chiedere aiuto a due ragazzi cagliaritani che abitavano a Mosca perché studiavano nella locale Università, uno era della FGCI ed era stato inviato lì dal Partito e l’altra era lì per specializzarsi in letteratura e lingua russa.

I due coniugi si chiamavano Fernando e Ornella Pacini, erano nati in Toscana ed erano arrivati in Sardegna durante il fascismo per ripararsi in qualche modo dalle persecuzioni di cui erano stati vittime nella loro regione.  Insomma i coniugi Pacini erano una sorta di auto-confinati a Cagliari dove avevano impiantato una piccola fabbrica di liquori e fidelizzato al loro marchio una discreta quota tra gli “alcolisti di liquori” nostri conterranei.  Fernando era un uomo dotato d’intelligenza e di cultura politica non comuni, capace di cogliere al volo gli esempi negativi, anche paradossali, che emergevano, già allora, nel modo di produzione sovietico e riusciva anche a scherzarci su.  Ornella era una donna affabile, con la predisposizione a far da mamma a tutti i giovani compagni che l’avvicinavano.

Giulia ed Eugenia Schucht ricevettero gli ospiti sedute accanto a una teca contenente un modello di carro a buoi, di quelli in uso nella nostra isola, costruito in legno di ferula. 

Le due anziane signore, delle quali era evidente il cattivo stato di salute, non seppero spiegare la provenienza di quel manufatto e i presenti, dal canto loro, ebbero qualche sospetto ma non riuscirono neppure a capire quale fosse la moglie e quale la cognata del fondatore del loro partito.  Improvvisamente una di loro, come emergendo dal porto delle nebbie, raccontò che Nino, quando sbucciava le uova sode e le trovava perfettamente ovali, senza quel piccolo incavo dovuto alla bolla d’aria che si forma quando il prodotto non è di giornata, diceva che “le galline sarde erano più furbe di quelle russe perché riuscivano a rubare sul peso”.  La battuta era troppo gramsciana per poter dubitare delle sua autenticità e quei visitatori provarono un piccolo brivido nel venire a conoscenza di un aneddoto riguardante la vita di Antonio. 

Questo aneddoto, mai apparso in scritti e giornali vogliamo ricordarlo a ottantacinque anni dalla scomparsa di Antonio Gramsci.

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