Briatore l’indipendentista

17 Agosto 2016
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Graziano Pintori

I sardi dicono “Su poveru irricchiu l’at timiu peri deus”. Il povero arricchito ha impaurito anche Gesù, tanta è la spregiudicatezza di certi ex poveri che caratterizzano la propria esistenza subordinandola totalmente al denaro. Secondo la rivista People Wight Money il primo degli imprenditori più pagati del mondo nel 2016 è il piemontese Flavio Briatore, il quale, secondo il mio modesto parere, è da annoverare fra i ricchi che fanno paura anche a Dio.

La sua storia di spregiudicato imprenditore è meno nota di quella ufficializzata dal gossip su carta patinata, anche se varie inchieste giornalistiche e giudiziarie hanno svelato che il suo patrimonio è in parte frutto di investimenti azionari e accordi lucrativi vari, vicende legali con la formula 1 e sequestro di yacht da 63 m., per contrabbando e frode fiscale ecc. Dall’alto dei suoi 200 milioni di dollari di capitale netto, Briatore non rinuncia al suo pubblico esibizionismo: vedi l’immagine imprescindibile dal Billionnaire e dal jet set internazionale, dagli utili flirt con bellissime modelle, attrici e show girl, dalla catena di ristoranti “Pizza di Papà Flavio”, dal marchio di vodka “Pure Wonderbriatore”, dal profumo per ragazzi “Flavio con Amore” e dal mondo della moda “Seduzione by Flavio Briatore”.

Un insieme di affari che palesano l’inno al culto della personalità, poiché il suo viso, il suo corpo e il nome Briatore sono sottomessi al lucro, all’onnipotenza del denaro, ossia quell’oggetto da cui, come ben sanno tutti i boss della finanza, si acquisisce forza, notorietà e arroganza. Infatti. Lamentandosi stagionalmente della Sardegna sui trasporti low cost, navi e politici nostrani il Briatore vacanziero usa esprimersi come un bullo del Billionaire. Senza entrare nel dettaglio delle solite dichiarazioni, richiamo l’attenzione su una frase che ha pronunciato polemizzando con un assessore della giunta Pigliaru/Renzi: “…un piemontese, Flavio Briatore, da Cuneo è più indipendentista di un assessore sardo”.

Tolto che non ci vuole più di tanto per sentirsi più indipendentista di qualsiasi assessore della presente o delle passate giunte regionali della Sardegna, rimane la provocazione che un piemontese di razza, che pratica il colonialismo turistico, possa definirsi indipendentista sardo. E’ chiaro che il re della discoteca smeraldina ignori la tragedia umana, economica e sociale che i sardi vissero sotto il tallone dei piemontesi, dopo il buio spagnolo. E’ noto che il feudalesimo economico della Sardegna con i Savoia fu senza soluzione di continuità, non a caso in quel periodo storico le radici del banditismo sardo trovarono terreno fertile. Non a caso, ripeto, restano storici i divari culturali e politici tra i sardi e i piemontesi con il lignaggio del re dello svago d’elite.

Il superman Briatore consapevole del potere che gli deriva dal denaro si definisce indipendentista sardo, come se fosse un qualcosa da indossare a proprio piacimento o da bere come lo champagne che gli sceicchi consumano nel suo locale. In questo modo il boss piemontese dimostra di essere irrispettoso della storia e delle vicende umane che hanno caratterizzato la vita di tanti indipendentisti sardi, egli evidentemente condivide lo spirito dei vecchi conquistadores blasonati, che consideravano la nostra isola come una colonia da prosciugare di tutti i suoi beni, mentre i sardi erano pecore da mungere e da tenere costantemente sotto torchio con tasse, balzelli vari e repressione.

Oggi l’elasticità del sistema democratico permette al ricco Briatore di dire, di fare e disfare a suo piacimento quello che vuole, compreso il fatto di considerare la storia delle persone, o di un intero popolo, solo sulla base di un tornaconto affaristico o semplicemente per ottenere visibilità personale. Non so se è consapevole del suo modo di fare che è simile a certi politici, da lui sempre criticati, con l’ossessione della campagna elettorale perenne, cioè il Briatore/politico parla e strapparla perché deve costantemente tenere viva la fiamma della sua immagine e dei suoi affari. Una vita assai modesta e sottomessa la sua.

Signor Briatore, essersi dichiarato indipendentista sardo è stato veramente di cattivo gusto, non perché piemontese ma perché piemontese con la cultura dei Savoia, cioè da colonizzatore piuttosto che da ospite di una terra che utilizza a suo piacimento per ricavarne solo utili personali e netti da imposte e tasse, giacché su questo fronte gli offshore internazionali la proteggono.

Si diverta pure e nel frattempo faccia tutti i soldi che gli pare sfruttando le acque e il sole di questa terra, però lasci in pace la sensibilità dei sardi, i quali, fra le tante cose da lei criticate, hanno tutto il diritto di dire: ”Italia Matrigna”, sia in considerazione dei tempi passati, sia in considerazione dell’attualità storica e politica. Alla Sardegna, per la tragica attualità che sta sopportando in termini di disoccupazione, inquinamento ambientale, sottomissione alle servitù militari e al turismo invadente e colonialista, non sarebbe sufficiente un magazzino a cinque stelle di Harrod’s, da lei strenuamente difeso assieme a super clienti straripanti di ricchezza, per risollevarne le sorti economiche e sociali. In questo modo, con le solite futili esternazioni, Signor Briatore, per l’ennesima volta ha dimostrato di essere veramente distante dai sardi e dalla Sardegna.

Buone vacanze e tanti affari.

2 Commenti a “Briatore l’indipendentista”

  1. Francesco Marongiu scrive:

    Gentile Sig. Pintori,

    senza avere simpatia alcuna per il totem degli stracafonal, mi permetto di evidenziare un fatto: il feudalesimo sotto i Savoia ha poco da spartire con quello che lei definisce un colonialismo turistico.
    Quest’ultimo è solo figlio (deforme) della cultura imperante nell’Isola, ovvero star a lamentarsi nell’attesa che qualcuno provveda a migliorare la condizione dei poveri sardi.
    Una sorta di colonialismo al contrario, dove gli autoctoni sono culturalmente coloni ancor prima che all’orizzonte compaia un colonizzatore.

  2. Matteo Marrocu scrive:

    “Turismo invadente”, quale definizione più azzeccata

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