Buon 2008

1 Gennaio 2008

Marco Ligas

E’ arrivato il 2008 e auguriamoci, nonostante le tristi vicende di cui parliamo in questo numero, che sia un buon anno; esprimiamo questo auspicio con sobrietà, senza pretese eccessive anche perché non sembrano questi i tempi di grandi cambiamenti; facciamo propria la saggezza dei vecchi e ascoltiamo i loro consigli: basta la salute e il lavoro. Tuttavia, pur limitandoci a questo auspicio, c’è da chiedersi se restiamo davvero nella sobrietà. Se volgiamo lo sguardo attorno a noi, ci rendiamo conto che sia la vita di molti uomini sia il lavoro sono aspetti sui quali chi governa e comanda prende decisioni con leggerezza, senza interesse per gli effetti che ne conseguono. Diciamo queste cose senza retorica, dopo aver registrato anche nelle ultime settimane dell’anno appena trascorso, che a causa di un’organizzazione del lavoro che non rispetta le condizioni di sicurezza all’interno delle fabbriche, ha perso la vita un numero inaccettabile di lavoratori. Dalla Tyssenkrupp di Torino fino a un cantiere di Aiaccio dove sono morti due giovani operai sardi, emigrati perché nell’isola non avevano trovato un’occupazione.
Quando non è l’organizzazione del lavoro di una singola fabbrica ad esser direttamente responsabile delle precarie condizioni di vita di chi lavora, lo è la sua dimensione territoriale o interregionale. Nella nostra isola, nel corso di questi mesi, diverse fabbriche hanno programmato l’interruzione delle attività produttive licenziando diverse centinaia di lavoratori. Lo hanno fatto nonostante siano state abbondantemente sovvenzionate col denaro pubblico. Naturalmente i consigli di amministrazione non danno conto delle loro decisioni – questi comportamenti gli vengono consentiti. Per timore della concorrenza pongono addirittura rigide condizioni nel caso le loro attrezzature vengano cedute ad altre aziende. L’episodio più clamoroso è quello della Unilever, una fabbrica che produce gelati, fortemente attiva, che riceve persino dei premi per la professionalità dei suoi dipendenti e per l’elevata produttività, e ciò nonostante interrompe la produzione e si trasferisce in un paese dell’est europeo dove il costo del lavoro è notevolmente più basso. Ecco, sono queste realtà, apparentemente paradossali, che ci inducono a pensare che anche gli auspici più semplici, del tipo ‘basta la salute e il lavoro’, assumono una dimensione inadeguata, quasi una fuga in avanti rispetto ad un atteggiamento arrogante ma diffuso di chi organizza il lavoro nel nostro paese.
Davanti a queste situazioni suonano provocatorie le affermazioni del presidente della Confindustria quando sostiene che è necessario che venga superata una volta per tutte la posizione di rendita del posto fisso trattandosi di un privilegio ottocentesco. E’ un vecchio obbiettivo il suo, quello di attaccare inizialmente i lavoratori del settore pubblico per poi passare a quello privato e cancellare una volta per tutte il contratto nazionale, lasciando così i lavoratori da soli nella trattativa con l’impresa; quale condizione è più favorevole nell’imporre il ricatto che deriva dal trovarsi in condizioni di superiorità? Se la garanzia del posto fisso è un privilegio ottocentesco, le sue proposte riporterebbero le condizioni di vita e del lavoro alla fase della preistoria quando gli uomini cercavano di sopraffare fisicamente i loro simili per la sopravvivenza. C’è però un’aggravante nel suo progetto perchè se nella preistoria l’obbiettivo era la sopravvivenza, oggi è la crescita sproporzionata della ricchezza e il suo accaparramento da parte di chi già gode di notevoli privilegi. La filosofia di Montezemolo ‘più salario più produttività’ è un proclama falso. E’ da anni che i lavoratori producono assai di più di quanto vengano retribuiti, che cresce la forbice tra salari e profitti. L’attacco che conduce mira a contenere le gravi responsabilità di molte imprese le quali o attraverso l’evasione fiscale o l’elusione delle misure di sicurezza contribuiscono a rendere precarie le condizioni di tanti lavoratori.
Scambiamoci comunque gli auguri per un buon 2008, facciamolo pure con sobrietà ma con la consapevolezza che anche da parte nostra è necessaria una maggiore determinazione nell’impegno per la difesa e il miglioramento dei diritti delle persone.

1 Commento a “Buon 2008”

  1. vincenzo pillai scrive:

    “L’episodio più clamoroso è quello della Unilever, una fabbrica che produce gelati, fortemente attiva, che riceve persino dei premi per la professionalità dei suoi dipendenti e per l’elevata produttività, e ciò nonostante interrompe la produzione e si trasferisce in un paese dell’est europeo dove il costo del lavoro è notevolmente più basso” Riporto integralmente il tuo testo perchè il problema non può essere descritto meglio. Ora, mentre ci accingiamo a dare vita a SINISTRA ARCOBALENO mi angoscia la domanda che da più di cento anni i militanti comunisti si pongono: è possibile impedire , in un sistema capitalistico , l’episodio che hai tanto efficacemente descritto? Non è nell’essenza stessa del sistema il principio che gli investimenti si fanno dove si può fare più profitto e più rapidamente? Quali marchingegni può adottare una democrazia come la nostra per impedire un simile comportamento senza che siano considerati eversivi? Ricordo la grande illusione in cui Lama trascinò quasi tutti : facilitare, con una politica salariale moderata, un nuovo processo di accumulazione capitalista per rilanciare la capacità produttiva del sistema e quindi l’occupazione e il benessere di tutti. Lama stesso in tarda età si accorse che se il capitale accumulato resta nelle mani dei capitalisti non si può, nel nostro sistema ordinare loro come e dove reinvestirlo e, non potendo-volendo prendersela con se stesso, finì con tirare in ballo il luogo comune, tomba di tutti i riformismi, secondo cui la borghesia non sa farsi carico dei problemi di tutti, non è matura borghesia nazionale. Ne stiamo ancora pagando le conseguenze. E sono a 1500 BATTUTE. Può continuare un altro?

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