Buone notizie: il cervo sardo è salvo, per ora.

1 Agosto 2022

[Stefano Deliperi]

A fine marzo scorso nell’aula del Consiglio regionale della Sardegna (29 marzo 2022, seduta pomeridiana n. 206), l’Assessore della Difesa dell’Ambiente della Regione autonoma della Sardegna Gianni Lampis aveva annunciato trionfalmente il prossimo avvio di piani di abbattimento del Cervo sardo dove, a suo dire, vi sarebbero esemplari in eccesso che provocherebbero “problemi di tipo sociale, economico e anche di ordine pubblico”.

Insomma, secondo il nevrile esponente della Giunta Solinas, unanimemente sostenuta per l’efficacia e la solerzia della propria azione amministrativa, i disastri economico-sociali che vive da anni la collettività sarda sarebbero – almeno in parte – colpa del Cervo sardo. L’assurda intenzione assessoriale ha causato una fortissima reazione popolare, di buon senso in primo luogo.

La petizione popolare.

Sono più di 80 mila cittadini che hanno sottoscritto la petizione popolare per la salvaguardia del Cervo sardo promossa dall’associazione ambientalista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) sulla piattaforma Change.org in circa tre mesi.

Una marea di firme, decine di migliaia di cittadini che rifiutano il piombo risanatore tanto caro a chi dovrebbe difendere l’ambiente, ma lo ignora. Decine di migliaia di cittadini che vogliono difendere uno degli animali-simbolo della Sardegna e del Mediterraneo da un’ottusa politica ambientale intrisa di penosi interessi elettorali e venatori. Una richiesta chiara, palese, forte, in netto contrasto con le pretese di parte del mondo venatorio isolano che se ne frega altamente di tutto quello che non riguarda la possibilità di sparare a questo o a quest’altro animale.

E grazie a questa richiesta popolare, forte e pressante, il Cervo sardo si può dire salvo.

Almeno per ora.

Per due volte (aprile e giugno 2022) la petizione è stata inviata, corredata dalle adesioni via via pervenute, al Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, all’Assessore regionale della Difesa dell’Ambiente Gianni Lampis e al Presidente dell’I.S.P.R.A. Stefano Laporta, chiedendo se vi siano eventuali autorizzazioni per piani di abbattimento dell’ungulato a qualsiasi titolo e con quali motivazioni scientifiche.   

C’è stata l’eloquente risposta da parte dell’I.S.P.R.A.: l’Istituto tecnico-scientifico ha affermato chiaramente. (nota prot. n. 26660 dell’11 maggio 2022) che “non ha espresso pareri circa piani di controllo del Cervo sardo”. Nessun parere – necessario per legge – quindi nessuna autorizzazione. L’I.S.P.R.A. ha confermato, poi, l’assenza di censimenti aggiornati.

Recentemente ha risposto (nota prot. n. 71919 del 9 giugno 2022) anche la Direzione generale Patrimonio Naturalistico e Mare del Ministero della Transizione Ecologica su incarico del Ministro Roberto Cingolani, comunicando l’inesistenza di piani di abbattimento e relative autorizzazioni.

Unico amministratore pubblico silenzioso e silenziato l’Assessore della Difesa dell’Ambiente della Regione autonoma della Sardegna Gianni Lampis, tanto vicino alle istanze venatorie quanto incapace di assumersi le sue responsabilità davanti alle richieste di decine e decine di migliaia di cittadini.

Vengono in mente uomini di tutt’altra pasta come Enea Beccu e Antonello Monni, per esempio.

Il primo quale dirigente del Corpo forestale e di vigilanza ambientale (C.F.V.A.) il secondo quale delegato regionale WWF e artefice della realizzazione dell’oasi naturale di Monte Arcosu protagonisti, negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, della decisa e concreta campagna per evitare l’incombente estinzione del Cervo sardo.

L’inerzia dell’Assessore Lampis – al pari dei colleghi dell’Esecutivo regionale – nel contrasto alla ricorrente invasione-disastro delle Cavallette con ormai decine di migliaia di ettari devastati fa il degno paio con le proposte di taglio del territorio protetto dai parchi naturali, dei tentativi di sfascio dell’apparato di contrasto antincendio (rientrati solo dopo le proteste generali) e, proprio, dei piani di abbattimento del Cervo sardo.

Purtroppo questo è il livello di una politica ambientale di infimo livello, viziata da incapacità e ancorata a interessi clientelari ed elettoralistici.

Il Cervo sardo.

Quali sono le reali condizioni del Cervo sardo nell’Isola?

Come ricorda anche l’I.S.P.R.A., gli unici dati disponibili sulla consistenza dell’ungulato risalgono alla stima effettuata nel corso del  Progetto LIFE “One deer, twoIslands: conservation of Red Deer Cervus elaphus corsicanus in Sardinia and Corse”, cioè circa 10.600 esemplari in tutta la Sardegna.

Il Cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus) è una sottospecie endemica della Sardegna e della Corsica del Cervo europeo (Cervus elaphus) e, solo dopo gli ultimi decenni di protezione, sta riuscendo con fatica a sfuggire al destino dell’estinzione a causa del bracconaggio, della distruzione degli habitat, degli incendi.

Incurante della grave situazione ecologica dell’ungulato simbolo della Sardegna, l’Assessore della difesa dell’ambiente della Regione autonoma della Sardegna Gianni Lampis ha pubblicamente dichiarato di voler riaprire la caccia al Cervo sotto forma di piani di abbattimento.

Lo ha dichiarato anche nell’aula del Consiglio regionale (29 marzo 2022, seduta pomeridiana n. 206).

La scusa è che in alcune zone (Arbus, Laconi) ve ne sarebbero troppi e causerebbero danni all’agricoltura, sebbene non vi siano censimenti aggiornati né una stima degli eventuali danni.

Se davvero così fosse, gli esemplari riconosciuti in eccesso potrebbero esser trasferiti in altre aree dell’Isola (o della Corsica) già verificate quali idonee, così com’è stato fatto in questi decenni per far riprendere salute alla sottospecie.

Infatti, la Carta delle vocazioni faunistiche della Sardegna, atto programmatorio ufficiale della Regione autonoma della Sardegna, stima la presenza del Cervo sardo complessivamente in un’area di circa 60 mila ettari del territorio regionale e individua un’area potenziale di circa 400 mila ettari, con ambiti ottimali di reintroduzione nell’area del Gennargentu fino al Supramonte, alle codule ogliastrine, fino a Quirra, così da ricongiungersi con l’areale dei Sette Fratelli – Sàrrabus. Così il complesso Monti di Alà – Monte Albo, parte della Nurra, il Montiferru, il Monte Arci, il Sinis, il Limbara (pp. 253 e ss.), dove potrebbero esser reintrodotti oltre 16 mila esemplari, con il sostegno di specifici fondi comunitari, come già avvenuto.

L’ammutolimento assessoriale.

La petizione popolare (https://chng.it/hptV6GJp) ha causato involontariamente l’afonìa dell’Assessore Lampis:  Non è nemmeno riuscito a rispondere, pur sollecitato, a più di 80 mila cittadini.

Ma non parla nemmeno più di abbattimenti dei Cervi, nemmeno viaggiano più nei passaparola venatori le assicurazioni sul prossimo avvio della caccia al Cervo in autunno.

Silenzio, ammutolimento assessoriale.

Va bene così, per ora il Cervo sardo è salvo.

Ancora un immenso grazie, di cuore, per gli oltre 80 mila cittadini che han messo la faccia per questa grande richiesta di civiltà.

Stefano Deliperi è il portavoce del Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

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