Che Saràs Saràs

16 Ottobre 2020

[Benigno Moi]

I giorni scorsi, su quotidiani e Tg, si è parlato con un certo clamore di un’inchiesta del quotidiano la Repubblica sulle perquisizioni effettuate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Cagliari negli uffici della SARAS a Milano e a Cagliari.

L’indagine che le ha determinate riguarda l’accusa alla Saras, che ha le sue raffinerie a Sarroch, in Sardegna, di aver acquistato per anni, con vari passaggi occulti e ovviamente illegali, petrolio greggio irakeno venduto da compagnie controllate dall’ISIS.

L’antefatto

La notizia è tutt’altro che nuova, nel novembre 2018 la trasmissione RAI Report aveva realizzato un servizio sull’argomento, ma nel 2015 era stata Claudia Zuncheddu, medico ambientale ed ex consigliera al Comune di Cagliari e alla Regione Sarda, a riferire della denuncia apparsa sul media arabo-inglese Al-Araby, all’interno di un’inchiesta sul traffico di petrolio fra stato islamico e Israele.

La Zuncheddu, storica attivista dell’indipendentismo e del pacifismo sardo, nonché delle  battaglie in difesa della salute, ne scrisse sul suo blog.

La notizia venne riportata da alcuni, pochi, organi di stampa sardi: il manifesto sardo, Cagliari Pad, castedduonline. Nessun accenno sugli organi di stampa continentali né sui due maggiori quotidiani sardi. La Saras reagì con un comunicato che definiva ridicola e diffamatoria la notizia, senza approfondire la cosa e senza denunciare.

Anche dopo l’inchiesta di Report, la Saras si limitò ad una smentita, attenta a far sì che del caso si parlasse il meno possibile. Oggi le cose parrebbero leggermente diverse, non solo perché la stampa ne parla e ci sono state le prime conseguenze sul titolo della Saras in Borsa, non solo perché la crisi del comparto petrolifero legata alla pandemia Sars2 si fa sentire, e anche la Saras fa ricorso alla cassa integrazione, ma soprattutto perché è in corso un’inchiesta, portata avanti dai magistrati Guido Pani e Danilo Tronci, della Procura antiterrorismo cagliaritana, che ha ravvisato passaggi oscuri sull’arrivo in Sardegna di 25 navi provenienti dall’Iraq, tra il 2015 e il 2016: “La provenienza del prodotto risulta attestata tramite dichiarazioni non idonee né ufficialiscrivono gli inquirenti.

Le persone inquisite sono alti dirigenti dell’azienda della famiglia Moratti, Franco Balsamo, chief financial manager, e Marco Schiavetti, capo dell’ufficio commerciale. Ma è chiaro che è anche la notorietà dei Moratti a far notizia, personaggi pubblici dai tempi del patriarca Angelo, fondatore dell’azienda e storico presidente dell’Inter del periodo d’oro di Helenio Herrera, sino ai figli Gian Marco e Massimo. Il primo, successore di Angelo alla Saras sino alla morte nel 2018, marito di Letizia Brichetto, ministra dell’Istruzione con Berlusconi dal 2001 al 2006, sindaca di Milano dal 2006 al 2011, nonché Presidente RAI negli anni 90. Gian Marco è stato anche il principale sponsor di Vincenzo Muccioli e della Comunità di San Patrignano, dove si è fatto seppellire.

Il secondo, Massimo, presidente dell’Inter dal 1995 al 2013, con una breve interruzione, e attuale presidente della Saras, che prima della crisi legata al Covid continuava a fare notevoli profitti. Anche la moglie di Massimo, Milly Bossi, è impegnata direttamente in politica da anni, attualmente consigliera comunale a Milano col PD.

SaraSardegna

Per i sardi, in particolare per quelli del cagliaritano, la Saras rappresenta da oltre 50 anni, in concreto e simbolicamente, uno dei pilastri della controversa industrializzazione della Sardegna fondata sulla petrolchimica.

Una decennale gestione incontrollata e “impunita”, segnata da svariati incidenti sul lavoro (spesso di maestranze delle aziende esterne) e presunti mecenatismo e attenzione al sociale (tipico della famiglia Moratti), ha determinato una sciagurata devastazione del territorio, fra protezioni politiche e minacce in stile mafioso (esemplari le vicende del film Oil di Massimiliano Mazzotta, e del libro “Nel paese dei Moratti. Sarroch – Italia, una storia ordinaria di capitalismo coloniale” di Giorgio Meletti, Edizioni Chiarelettere).

https://it.wikipedia.org/wiki/Oil_(film)

http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/05/20/censure-italiane-il-caso-moratti-oil/

http://www.radioradicale.it/scheda/315354/intervista-a-giorgio-meletti-sul-suo-libro-dal-titolo-nel-paese-dei-moratti-sarroch)

Devastazione che va avanti, coi continui sversamenti di fumi, paraffine e chissà quant’altro in aria e in mare, nonostante l’azienda vanti i suoi impegni ambientalisti (registrazione all’EMAS – Eco Management Audit Scheme) e ottenimento dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), che “riconosce il percorso di miglioramento delle caratteristiche tecniche e strutturali degli impianti e del sito produttivo al fine di minimizzare l’impatto ambientale delle attività produttive”.

Dobbiamo auspicare e spingere che a pagare per il possibile aggravamento della crisi Saras non siano, come al solito i lavoratori, dell’impresa e dell’indotto, e sperare che quest’ultima inchiesta possa agevolare le lotte decennali di chi denuncia le “malefatte“ di uno dei simboli del “dio petrolio” in Sardegna, come lo definì lo scrittore Franziscu Masala.

[Da La bottega del Barbieri]

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