Contro i B-days sciopero della Conoscenza

6 Dicembre 2009

Eden

Marcello Madau

Avrà certamente un senso il No B-Day, ma battaglie non meno importanti sono quelle sui contenuti dei B-days. Come l’attacco al sistema pubblico della conoscenza portato dal governo Berlusconi e dai ministri Gelmini e Tremonti. La CGIL risponde con uno sciopero generale del settore AFAM (Alta Formazione Artistica e Musicale). L’appuntamento è per venerdì 11 dicembre a Roma, con partenza alle ore 9.30 a Piazza della Repubblica. Il corteo si muoverà verso Piazza del Popolo.
E’ una manifestazione contro i tagli stabiliti dalla legge 133/08, per la valorizzazione del patrimonio artistico e musicale: ci si batte per la chiusura del contratto 2006/09, scaduto (pare incredibile!) da quattro anni, per difendere le retribuzioni e rivendicare le risorse sufficienti ed adeguate per i rinnovi contrattuali: si pensi che per il triennio 2009-2012 la finanziaria di Tremonti prevede 12 (dodici) euro lordi di aumento.
E’ uno sciopero generale per l’attuazione della riforma di dieci anni fa (la legge 508 del 1999) e l’ equiparazione all’Università. Assimilazione dell’Afam al sistema europeo dell’alta formazione. Per la fine del precariato e il ripristino dei ruoli a tempo indeterminato. Infine, per i diritti contrattuali e le rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro.
Sono parole d’ordine e contenuti sentiti dal movimento, dai lavoratori del settore scoraggiati per la poca considerazione di un comparto osannato nelle cerimonie ufficiali (Italia, paese dell’arte e della musica etc. etc.) e massacrato dagli ultimi governi.
E’ un appuntamento importante per mostrare che il sistema pubblico della conoscenza ha una sua dignità e una sua rappresentanza.
Ad esso la CGIL dovrebbe far corrispondere una ben maggiore e più coerente trattativa sindacale, invece di non differenziarsi con chiarezza –nell’encomiabile e classica ricerca dell’unità – dalle posizioni filogovernative e persino antisindacali di CISL e UIL: l’unità ad ogni costo è qua la perdita di una prospettiva, già non agevole.
Il contratto dopo quattro anni alla firma è decisamente al ribasso, e rischia di sottoscrivere nei fatti l’indebolimento alla contrattazione territoriale se la quota trasferita dal ‘fondo d’istituto’ al ‘salario’ sarà troppo alta. E’ anche un contratto che può portare all’epilogo di una riforma necessaria ma purtroppo debole sin dalla sua formazione sul grande tema dell’equiparazione al sistema universitario. L’ambigua posizione sulle due fasce di docenza allontana di fatto Accademie e Conservatori dalla parola d’ordine invocata nella giornata dell’11 dicembre sull’equiparazione all’Università, riaprendo le porte al ruolo unico e ad una nuova secondarizzazione del settore. Sarebbe la fine di decenni di battaglie.
Solo una posizione decisa sul pieno inserimento nel sistema universitario, senza temere fratture peraltro già in atto su questa linea, può dare al settore la dignità prevista dalla Costituzione e prima ancora dalla storia della cultura italiana e mondiale.
Ma non tutti vogliono questa riforma, e tra chi frena registriamo purtroppo – al di là delle parole d’ordine – la linea di tutti i sindacati.

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