Di vivo in quell’ “Italia” c’è solo l’ego di Renzi

14 Gennaio 2021

[Ottavio Olita]

‘L’ego’: titola così una geniale vignetta postata stamane sui social. Rappresenta un bambino, con le fattezze di Matteo Renzi, che gioca con i famosi mattoncini di plastica.

Purtroppo i mattoncini di plastica siamo noi, cittadini italiani, anche se l’ego dell’inaffidabile senatore toscano vuol far credere che i mattoncini siano Conte e il suo governo. La verità è che con 500 morti al giorno e una nuova espansione del virus, di vivo in quell’Italia dal nome accattivante c’è solo lo sconfinato narcisismo del suo fondatore. Degli altri, dei malati, dei disoccupati, dei commercianti, degli operai, delle imprese in attesa della spendita dei 222 miliardi ottenuti dall’Europa con il recovery fund, al prode Matteo poco importa.

          Solo lui accusa Conte di essersi appropriato di pieni poteri, solo lui ha progressivamente spostato l’asticella delle contestazioni al recovery fund, dalla governance, all’inizio, fino all’assurda richiesta di includere il Mes all’interno di un finanziamento che è tutt’altra cosa.

          Finanziamento europeo che è stato progressivamente modificato, anche sulla base delle sue critiche, mentre nessuno degli altri alleati di governo ha mai accusato il presidente del consiglio di autoritarismo antidemocratico. Anzi, sia la sinistra con Speranza, sia i cinque stelle hanno più volte ribadito il grande sforzo di mediazione esercitato da Conte.

Seguendo questo ragionamento, però, si rischia di entrare nel gioco perverso voluto da Renzi in diretta televisiva. Quello su cui riflettere è che un politico che si spaccia per statista, che è stato premier, si disinteressi completamente della situazione di totale emergenza nella quale vive ognuno di noi per mettere se stesso al centro della scena, per oscurare il suo nemico giurato.

          Ora la domanda è questa: come ha fatto quella pattuglia di parlamentari a decidere di seguire questo personaggio che, facendo nascere Italia Viva, dopo la formazione del Conte Due, uscendo dal Pd, aveva già in mente la strategia che lo ha portato alle ultime scelte. E’ vero che da poco ha rilasciato un’intervista a La Stampa in cui affermava che ormai per lui la politica è solo tattica, ma si poteva sperare che la pratica di questa teoria la riservasse per momenti di reale conflittualità politica, non in una situazione emergenziale come quella che stiamo attraversando e con il rischio reale di consegnare il Paese alle destre.

          Lo aveva già fatto con Enrico Letta. “Stai sereno” gli aveva più volte ripetuto, poi l’aveva pugnalato, ottenendo anche il plauso di buona parte dei suoi compagni di partito di allora. Un Machiavelli da strapazzo, che fa pensare più alle beghe fiorentine tra Guelfi e Ghibellini che alla storia democratica dell’Italia Repubblicana. Chi continuerà a seguirlo? Cosa combinerà ancora per scardinare l’unica maggioranza possibile, pur di contare di più?

          Un’intuizione felice l’aveva avuta pochi giorni fa Massimo D’Alema quando aveva affermato che solo qui da noi può avvenire che l’uomo più popolare d’Italia, come dai sondaggi risulta ancor oggi essere Giuseppe Conte, possa essere messo sotto attacco dal più impopolare di tutti.

          E la popolarità del presidente del consiglio è derivata proprio dal fatto che finalmente in quest’Italia dello scaricabarile una persona ha avuto il coraggio di assumersi responsabilità e di mettere la faccia su provvedimenti non proprio popolari, ottenendo la gratitudine, prima ancora della condivisione politica, da parte della maggioranza degli italiani.

          Ma al di là di questo, quello che dovrebbe contare è il senso di solidarietà, di condivisione, di comprensione per i guai che il paese sta attraversando che dovrebbe spingere all’unità, non alle divisioni.

          Lo ha detto Mattarella, lo ha detto anche papa Francesco: in questa frase deve contare il ‘noi’, non l’’io’.

          La risposta dell’ideologo di Rignano sull’Arno è arrivata il giorno successivo al compimento del 46esimo anno di vita. Con la rabbia di un adolescente cresciuto male, adulato anche quando sarebbe stato meglio sculacciarlo.

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