F35 e Canadair

1 Settembre 2013
Graziano Pintori
La decisione di leggere i quotidiani con superficiale attenzione, con il proposito di godermi in pieno rilassamento alcune giornate estive, è saltata. L’impegno, ahimè, è durato poco perchè l’incalzare degli eventi  ha messo in evidenza, se mai ce ne fosse stato bisogno, i limiti della politica casereccia. Cosa è stato combinato? Vediamo. Anche quest’estate è ritornata, simile ai tormentoni musicali estivi, la politica del “cerino acceso”: è un gioco stagionale di “abilità” fra politici, ossia scansare le proprie responsabilità ricorrendo allo scaricabarile quando la Sardegna brucia.  Il cerino compare dapprima fra le mani di chi ha meno responsabilità, cioè i sindaci che ricordano agli amministratori di più alto grado il clima rovente della sofferenza dei comuni a causa della spending review, che ha dato bastonate su tutto, protezione civile compresa. La denuncia viene colta dagli onorevoli regionali che la fanno rimbalzare, come l’eco nella valle che porta a Ispuligidenie, verso il Presidente della Regione Sarda, il quale, grazie all’aquila che è in lui, si innalza rispetto al senso comune della politica rivolgendosi direttamente ai parlamentari sardi, quelli del periglioso fronte romano, che a loro volta, con tutte le cautele necessarie per non rompere l’equilibrio instabile dell’inciucio nazionale, consacrato dal santo Napolitano, guardano verso i ministri competenti con aria interrogativa: ” Cosa  rispondiamo ai sardi?”. D’incanto, come in un miraggio, tutti i parlamentari nostrani sembrano impugnare moschetti e stringere pugnali fra i denti per andare all’assalto dell’inciucciato governo Letta, reo, udite! udite!, di concludere l’acquisto di quegli aggeggi di morte e distruzione chiamati F 35, a scapito dei più utili Canadair. In pratica molti rappresentanti del popolo sardo, pur di non perdere l’occasione per stare zitti, criticano ciò che hanno, con silenziosa disciplina, ratificato in parlamento, ossia l’acquisto, per oltre cento milioni ciascuno, di novanta cacciabombardieri F 35. Con questa mancata occasione per tacere i parlamentari intervenuti si sentono appagati, si sono convinti di aver fatto il proprio dovere politico e amministrativo in onore dello scaricabarile e anche della giustizia che i sardi meritano, poco importa se i fumi degli incendi nelle campagne isolane, simili a quelli che provocano i bombardieri, ancora pigri salgono verso l’azzurro cielo lasciando sindaci e cittadini, allevatori, boschi e pascoli a leccarsi le ferite. Ci si chiede a questo punto:” Ma quel cerino che fine ha fatto?”. Siccome  è ancora acceso nessuno lo vuole fra le dita, compresi  il primo ministro Letta e il ministro della guerra Mauro. Il ciellino con l’elmetto si difende dicendo che il suo ministero già aveva diminuito il numero dei cacciabombardieri che s’intendevano acquistare inizialmente, in questo modo si era favorito un risparmio per l’erario che poteva essere utilizzato per acquistare nuovi Canadair, le cisterne volanti contro i fuochi estivi. Poi, immediato, interviene il primo ministro:” Rinunceremo a tre aerei per i voli di stato e ridurremo l’uso delle  auto blu tanto da ricavare cinquanta milioni di euro e renderli disponibili per la protezione civile sarda”. La somma, pur essendo la metà del costo di uno dei novanta cacciabombardieri, è frutto del pragmatismo lettiano, sufficiente affinchè la politica casereccia possa riprendere il suo ordinario percorso. Intanto, il ministro della guerra, trovandosi in missione sull’isola, fa capire che gli incendi se non in linea sono un fatto secondario rispetto agli interessi militari, infatti, le sue irresponsabili dichiarazioni mandano a carte quarantotto tutto ciò che si è detto e fatto in tanti anni sul militarismo in Sardegna. Prova ne sia l’uso dell’enfasi militaresca per affermare che“la Sardegna è il nuovo fronte difensivo dell’Italia e della Nato, perché il nemico si aspetta dal sud del Mediterraneo”; “l’isola” continua il ministro della guerra, “è strategicamente irrinunciabile essendo presenti la marina, l’aereonautica e l’esercito, pertanto continuerà il sequestro, per i prossimi trent’anni, dei trentacinque mila ettari sottratti alle attività civili”. Infine, con il tono benevolo dell’invasore, annuncia che “la gloriosa Brigata Sassari sarà rinvigorita da un nuovo contingente di quattrocento soldati”: quasi un invito ai giovani sardi disoccupati ad arruolarsi come “dimonios”, unica e ultima spiaggia della speranza. Si chiedeva prima che fine avesse fatto quel famoso cerino, secondo me, stante anche queste illogiche dichiarazioni, non si è mai mosso dalle mani dei sardi. Con quel cerino acceso, quasi un simbolo al posto dei quattro mori, ci terremo la terra bruciata, i disoccupati, le servitù militari pur rendendoci conto, beffardamente, che gli unici a denunciare e a parlare seriamente di questioni sulla salute e abusi connessi al militarismo sono i rappresentanti dell’autorità giudiziaria della Repubblica Italiana. E gli incendi? Solo brutte parentesi delle roventi estati sarde.
Avanti Savoia! Fortza Paris Dimonios!

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