I tirannicidi

1 Marzo 2009

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Marcello Madau

Una particolare passione sta attraversando l’Italia della politica. Le grandi statue antiche. Non si tratta solo del G8: c’è un ritorno estetizzante, rozzo e fascistello alla retorica celebrativa. Se nel G8 la competizione – qualcuno pensa ad un armistizio – è fra bronzi di arte classica e statue in pietra di arte ‘barbarica’, c’è un filo rosso che la lega alla richiesta di quattro statue delle Terme di Diocleziano per adornare le sale del Presidente del Consiglio. Abbandonate nei magazzini, si dice. In una sala non aperta al pubblico ricorda Vittorio Emiliani.
Naturalmente non è in sé criticabile che in ambienti di alta rappresentanza pubblica vi siano elementi culturali forti, anzi. Ma un conto è che i manufatti artistici vi siano per radicata tradizione, contesto e collezione storicamente accertata, o vengano acquistati se opere moderne e contemporanee, un conto è che beni culturali di particolare interesse, sottoposti a vincolo, siano spostati da un luogo di pubblica fruizione ad un altro dove la pubblica fruizione non sarà possibile (è una scusa patetica che un museo temporaneamente non funzioni, si investano fondi per riattivarlo, non si prendano le statue per portarsele a proprio ornamento).
In un recente articolo pubblicato su Repubblica Mario Torelli fa l’elenco delle manie statuarie di Berlusconi, dalle statue romane a Pratica di Mare nel 2002 (quando venne detta la castroneria di Romolo e Remolo e quella di Enea che approdò nel Lazio portando sulle spalle il padre Anchise: roba da film di Aldo, Giovanni e Giacomo, essendo Anchise già morto a Trapani), al busto di Adriano spedito a Bruxelles al tentativo di avere almeno le copie dei Bronzi di Riace all’ultimo, sciagurato G8 genovese.
La scultura monumentale nell’antichità si distinse particolarmente per simbolismi celebrativi e concettuali. Le grandi statue trasferivano ideali, gerarchie, comando, miti che ordinano e spiegano il mondo. Ed ora un piccolo uomo localmente molto potente, non potendo ambire ad una statua celebrativa, si adorna di quelle fatte da altri. Su una cosa siamo certi: né a Palazzo Chigi né al G8 verranno chiesti in prestito le statue dei Tirannicidi. Forse perché ne restano le copie romane, e gli originali di stile severo non esistono più. O forse per altre ragioni simboliche.
***
E’ imminente la nuova Giunta regionale. Ci si augura che i beni culturali acquistino una maggiore importanza di quella ricoperta nel programma elettorale di Cappellacci.
Il punto base è l’enorme presenza di beni culturali nel territorio sardo, una grande sfida sia sul campo della valorizzazione che su quello della tutela e dell’identità. Un patrimonio così vasto ha bisogno di un grande impegno per non essere dilapidato e distrutto.
Un ampio passaggio di competenze dallo Stato alla Regione è una necessità non solo ideale, ma assai pratica, perché senza la partecipazione dei territori non c’è speranza di strappare all’incuria – solo per parlare di archeologia – i ventimila monumenti della nostra isola.
Ma il quadro delle regole della tutela deve restare nazionale, e non vogliamo che lo Stato si deresponsabilizzi, ‘risparmiando’ sui soldi della tutela dietro il paravento della devolution. Su questo e su altri punti esprimemmo forti riserve anche sulla politica della precedente Giunta. Il Ministro Bondi aveva promesso di restituire le due soprintendenze archeologiche unificate con sciagurata iniziativa di Francesco Rutelli. Che fine ha fatto la promessa?
Il quadro diventa sempre più preoccupante. Se in Sardegna si addensano di nuovo pesanti nubi su Tuvixeddu, le Soprintendenze di Roma e di Ostia sono commissariate (diamo il link all’appello, che invitiamo di nuovo a firmare) con la nomina di Bertolaso al posto dei soprintendenti. Salvatore Settis si è dimesso da Presidente del Consiglio Nazionale per i beni culturali e paesaggistici del Ministero, sostituito da Andrea Carandini, le cui affermazioni farebbero rabbrividire quel Bianchi Bandinelli di cui Carandini si è dichiarato discepolo eletto.
La tendenza all’archeologia-spettacolo – e il progetto G8 lo conferma – sembra quindi espandersi. Anch’essa è bipartisan, perché Rutelli, proprio con Carandini – vate ‘accademico’ della Sardegna atlantidea – lanciò lo scoop del presunto ritrovamento del Lupercale.
Ma torniamo alla Sardegna: finché essa fa parte di uno Stato che tutela, secondo la sua Costituzione, beni culturali e paesaggio, deve pretendere fondi per la protezione del patrimonio culturale sardo. Lo direi, e con più forza, anche da indipendentista. Speriamo che la nostra cultura non venga ridotta a macchietta e a maniera, che non si finanzino viali con copie delle statue di Monti Prama né ricerche dietro a tsunami inesistenti.
* * * * *
Il G8, anche se qualcuno definisce settaria la nostra critica, è la parata privata di alcuni potenti che rappresentano il mondo senza che l’ONU li abbia mai delegati. Non c’entra con i beni culturali. Come tecnico troverei in ogni caso preferibile che la nostra cultura fosse proposta come contesto, e non come eccezionalità celebrativa, portando solo statue di Monti Prama. Se punto importante ma non esclusivo di una sintetica ed organica esposizione della grande cultura nuragica, potrebbero colpire e veicolare un’informazione più vasta. Su quale racconto identitario? Sono diversi, nella realtà, quelli possibili, perché l’identità è un artefatto contemporaneo che dipende da come noi costruiamo la sua invenzione (nel senso letterale del termine, che non significa necessariamente falsità). C’è chi la/si identifica esclusivamente o preferibilmente con l’aspetto militare, chi ha la mania fasulla e fuori luogo di definirci a tutti i costi più antichi di altri. Io trovo preferibile la dimensione della multiculturalità e del ‘metissage’, come suggerisce in questo numero anche Carlo Tronchetti. Meglio sarebbe un racconto di apertura mediterranea accompagnato dalle brocchette nuragiche rinvenute a Creta, Sicilia, Cartagine ed in Etruria, alle navicelle di bronzo rinvenute a Populonia e Vetulonia, sino a quella, splendida, proveniente dal più importante santuario marino della grecità di Occidente, il tempio di Hera Lacinia a Crotone.
Ma per il G8 si sta pensando ad una parata di antichi guerrieri, con una scelta complessiva dei temi e delle iconografie (si parla anche del ‘Pugilatore’) funzionale all’ideologia della forza. Non è il rifiuto del G8 che mi porta a elaborare una critica negativa ai Bronzi di Riace e al resto del progetto che sembra emergere: è – assieme ai rischi e ad una spesa che appare assurda in presenza di un tale taglio di fondi e strutture della tutela – l’ideologia comune che lega indissolubilmente la sua natura all’esposizione pensata da Berlusconi e Bondi.

1 Commento a “I tirannicidi”

  1. Emidio De Albentiis scrive:

    Che ne pensi, caro Marcello, del parere favorevole di Carandini all’utilizzo dei Bronzi in Sardegna? Un’altra ‘pietra miliare’ del carrierismo ‘costi quello che costi’ di un fu grande archeologo, un tempo di sinistra? Vedi, se i nostri nonni (come Bianchi Bandinelli) avevano ancora un’identità politica e un senso dello stato e della cultura, i nostri padri ((molti grandi archeologi di sinistra compresi, ahimè)) hanno purtroppo fatto strame di quella eredità, e se la sinistra è ridotta come è ridotta, Berlusconi non è purtroppo la prima delle cause.

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