Identità di vedute

1 Aprile 2015
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Marco Ligas

Confesso di non aver prestato un’attenzione particolare alle parole che papa Francesco ha rivolto ai fedeli perché “non si facciano ammaliare dalle rassicuranti lusinghe dell’immobilismo”. Mi è sfuggita perciò una fondamentale identità di vedute tra il pensiero del papa e quello degli amministratori della Saras.
Ma ci ha pensato la direzione di quella società, attraverso due intere pagine di pubblicità su un quotidiano locale, a scuotermi e a farmi riflettere su che cosa significhi “agire, osare anche per andare avanti e migliorarsi”. Si, perché, come ribadisce la pubblicità, “non si può tornare indietro, e chi va indietro sbaglia”.
E così ho ripensato, seppure frettolosamente, ad alcuni episodi importanti dell’attività dei Moratti in Sardegna. So che la Saras si è sempre concentrata nel settore della raffinazione petrolifera raggiungendo alti livelli di produttività. Negli ultimi anni ha poi ampliato la produzione nel settore delle fonti alternative non senza il sostegno delle istituzioni sempre disponibili e magnanime nell’elargire denaro pubblico.
Il dinamismo che l’azienda rivendica è autentico, non c’è di che dubitarne. Peccato che si manifesti puntualmente con conseguenze disastrose sia per quanto riguarda i problemi legati all’inquinamento, sempre più diffuso in tutta l’area interessata alla lavorazione del petrolio, sia per quanto riguarda le condizioni di sicurezza in cui si trovano i lavoratori.
Non è un caso che nel maggio del 2009 siano rimasti uccisi in lavori di manutenzione tre operai di un’azienda esterna, e poi nell’aprile del 2011 abbia perso la vita un altro lavoratore mentre altri due sono rimasti feriti. Le modalità sono state le stesse, i tre operai svolgevano lavori di manutenzione in un serbatoio e sono stati colpiti da un getto di idrogeno solforato. In entrambi i casi la pericolosità dei siti di lavoro era nota, ma evidentemente per la Saras, quando è indispensabile prevenire il pericolo e impegnarsi per la messa in sicurezza degli ambienti di lavoro, il dinamismo lascia il posto all’immobilismo e all’irresponsabilità.
Una delle ragioni di questa filosofia si riscontra nella presenza, all’interno della struttura e dell’organizzazione della Saras, di diverse aziende appaltatrici le quali, proprio a causa del loro ruolo, promuovono una normale politica di riduzione dei costi di lavoro. Sia ben chiaro, tutto conforme ai processi in atto nell’epoca della globalizzazione, del fiscal compact, della spending review, del jobs act e così via: meno salari e più profitti per le imprese, in nome delle tutele crescenti.
Ma le morti sul lavoro non sono l’unica conseguenza dell’attività produttiva della Saras.
Una recente indagine presentata presso il Comune di Sarroch ha messo in evidenza come “le leucemie colpiscano a Sarroch il 30 per cento in più al resto della Sardegna e potrebbero essere collegate al benzene distribuito nell’aria dalle grandi industrie”.
Come abbiamo già sottolineato nel manifesto sardo di qualche mese fa i 75 bambini delle scuole elementari e medie di Sarroch costituenti il campione della ricerca “presentano incrementi significativi di danni e di alterazioni del Dna rispetto al campione di confronto estratto dalle aree di campagna” (Burcei).
Come se tutto ciò non bastasse ecco un altro tentativo di ampliamento delle attività produttive della Saras: una richiesta di permesso di ricerca di idrocarburi e gas naturale, più noto come progetto “Eleonora” da realizzare nei nostri mari.
Poco importa se questa richiesta è resa impraticabile da un decreto del Ministero dello sviluppo economico e al tempo stesso contrastata da una vera e propria sollevazione popolare.

Il fatto è che il dinamismo della Saras è sempre unidirezionale, finalizzato al raggiungimento dei propri interessi e insensibile ai diritti di chi lavora e di chi le offre l’uso dei territori per lo svolgimento delle attività produttive.
Perché la Saras non indirizza invece il suo dinamismo nella realizzazione delle bonifiche ambientali e nelle riconversioni economico-sociali? Davvero non s’accorge che l’uso delle parole del papa a copertura della sua politica non è solo arrogante ma anche penosa?

*Uno dei disegni fatti dai bambini di Taranto sull’inquinamento e sull’Ilva (Ansa)

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