Identità e integrazione in Europa, di Riccardo Barracu

30 Ottobre 2025

[red]

Sguardi sull’Europa – tra passato e futuro: l’arte e la creatività come antidoto al declino dell’Occidente in “Identità e integrazione in Europa”, il saggio di Riccardo Barracu pubblicato da Iskra Edizioni, con una Prefazione del giornalista Giacomo Serreli, che affronta temi cruciali per comprendere la complessità dello scenario politico ed economico, le questioni sociali e le stratificazioni culturali del vecchio continente.

Un’opera interessante in cui l’autore, regista e videomaker, nonché studioso e ricercatore di antropologia e semiotica, nato in Sardegna e residente a Berlino, analizza i vari aspetti di una “convivenza” di popoli e nazioni riuniti entro i confini dell’Europa: l’idea di una comunità e di una sovranità europee, capaci di conciliare visioni universalistiche ed istanze identitarie, si rivela, a fronte di una profonda crisi delle democrazie occidentali e dell’emergere di forze eversive e populiste, quasi un’utopia, un sogno irrealizzabile.

Riccardo Barracu indaga sul significato di parole chiave come “scambio”, mettendo in risalto come la reciprocità alla base delle relazioni e interazioni umane assuma valenze differenti, determinate dagli squilibri di potere: «La storia ci racconta che lo scambio è una fase ciclica adattata a misura sociale, sia nella micro che nella macrosocietà culturale ed economica, una estensione necessaria per la sopravvivenza». Una serie infinita di variabili produce situazioni differenti, in cui l’antica regola del “do ut des”, che nel mondo latino conferiva valore giuridico ad uno scambio di merci o azioni, trova applicazione in varie forme nell’ambito della società: «gli scambi reciproci tra individui non sono circoscritti alle transazioni economiche e ai mercati – sottolinea l’autore – lo scambio sociale è piuttosto un fenomeno onnipresente: gli innamorati si scambiano baci, i pugili pugni, i bambini giocattoli e gli adolescenti segreti; gli amici si scambiano sostegno sociale, i vicini utensili, i partecipanti a un dibattito idee, i politici concessioni e i colleghi consigli. Certamente, ciò che le due parti ricevono nello scambio non è necessariamente identico, sebbene tenda a essere equivalente; quando ciò non si verifica sorgono generalmente differenze informali di status che compensano lo squilibrio». Insomma una dialettica fondamentale e quasi ineludibile, che assume però connotazioni differenti laddove «la crescente interdipendenza tra le nazioni della terra e lo spostamento di parti consistenti di popolazione del sud del mondo anche sul nostro territorio determinano di fatto la nascita di una società multiculturale», dove al di là di considerazioni socio-economiche, che attengono più strettamente alla politica e agli interventi ed alle scelte dei singoli governi, «emergono questioni inquietanti legate al difficile rapporto tra differenti tradizioni etniche e religiose». La diversità, che apparentemente rappresenta una ricchezza e dunque una risorsa, suscita spesso reazioni ambivalenti, quando non espressamente negative: «il mondo in cui viviamo sembra caratterizzato da uno strano paradosso – sottolinea Riccardo Barracu –. Mentre si fa strada, sul terreno strutturale, un inarrestabile processo di unificazione dei popoli della terra provocato dalla caduta delle barriere fisico-geografiche, vengono affermandosi, sul terreno culturale, tendenze particolaristiche e spinte settoriali e corporative. Questa situazione contraddittoria rivela uno stato di disagio che non è senza motivazioni: la cultura di massa produce infatti un appiattimento radicale della vita; l’universalismo rischia perciò di risolversi in omogeneità livellante che, annullando le differenze, conduce alla vanificazione di qualsiasi tensione creativa. D’altra parte, l’impatto troppo immediato con civiltà diverse, portatrici di concezioni del mondo del tutto estranee a quella occidentale, genera insicurezza e alimenta profondi conflitti interiori».

Nella sua riflessione su “Identità e integrazione in Europa”Riccardo Barracu fotografa la complessità del reale, le dinamiche feconde di un’interazione tra popoli e culture ma anche il disorientamento di chi si trova a confrontarsi con tradizioni, usanze, codici comportamenti e di abbigliamento che non corrispondono a quelle del paese di origine, in bilico tra la necessità (o volontà) di conformarsi e la rinuncia alle proprie radici. Ed inversamente, al di là di politiche volte all’accoglienza ed all’integrazione, i cittadini che compongono la preesistente, più o meno coesa, comunità talvolta percepiscono nel diffondersi di altri usi e costumi un potenziale pericolo per la propria identità e il proprio senso di appartenenza. Si manifestano così fenomeni come la xenofobia ed il razzismo, che mostrano una implicita debolezza, un ingiustificato timore di fronte ad una “invasione” di stranieri sulla spinta di motivazioni economiche, ma più spesso in fuga da regimi autoritari, guerre e persecuzioni, verso una speranza di futuro.

Tra le fonti antiche, Aristotele, che nell’“Etica Nicomachea” analizza estesamente lo scambio sociale, che si configura come «offerta di un dono a un amico», il che implica un principio di reciprocità, mentre studi moderni si soffermano sul concetto di “gratitudine”, da cui scaturisce il legame, e sulla “gratificazione” in termini personali o professionali, che deriva dall’interazione. «In ogni società umana sorgono spontaneamente associazioni di individui – ossia, detto in altri termini, l’uomo è un “animale sociale” – perché molte se non la maggior parte delle gratificazioni degli esseri umani derivano dal rapporto con altri esseri umani» – spiega Riccardo Barracu –. Un’attrazione reciproca, che induce ciascuno a dare il meglio di sé, può sfociare nell’amicizia o nell’amore o in un ambito lavorativo, per esempio, in uno scambio di favori o in un reciproco aiuto, ma al di fuori di una situazione di “scambio generalizzato” all’interno di una comunità, è evidente che «le relazioni umane non dipendono da norme sociali ma sorgono spontaneamente, perché la reciprocità fornisce un meccanismo per istituire e mantenere nel tempo tali relazioni in vista delle gratificazioni che ne derivano».

Nel saggio “Identità e integrazione in Europa”Riccardo Barracu propone una lettura interessante del “conflitto”, una «dimensione costitutiva della condizione umana» che può incidere positivamente «sul terreno della crescita sia personale che sociale»; secondo l’autore, «l’etica della convivenza deve fare seriamente i conti con questa realtà e sviluppare nelle persone la capacità di stare dentro ai conflitti, senza demonizzarli» quindi «concorrere alla loro elaborazione positiva, trasformandoli in occasioni per la ricerca di forme nuove e più allargate di comunione». Evitare da un lato l’intolleranza, dall’altro la «copertura di ogni tensione», in nome di una ipotetica integrazione che nasconde ma non risolve le ragioni del conflitto: «la convivenza esige il faticoso impegno della composizione dei diritti nel segno della ricerca di un’unità che va costantemente ridefinita; esige lo sforzo di un’armonizzazione creativadella realtà a partire dalla piena valorizzazione della diversità». Fondamentale resta l’individuazione dei «valori comuni attorno ai quali ricostruire una reale solidarietà»: un’etica della convivenza permette di dar vita a un modello di società nel quale la molteplicità delle culture, lungi dal trasformarsi in elemento di disgregazione, diventi «sorgente feconda di liberazione umana integrale». La necessità di preservare la diversità«spinge verso il separatismo» e la «costruzione di una società ad arcipelago, costituita da una miriade di isole non comunicanti, destinata a inasprire inevitabilmente la conflittualità e a emarginare di fatto le culture più deboli – spiega Riccardo Barracu –. Il modello dell’interculturalità è invece fondato sulla fiducia nella possibilità di un confronto positivo tra le culture e sulla volontà di attivare tale confronto nel segno di un’autentica interazione».

Nell’Europa del terzo millennio, si assiste ad un rafforzamento delle spinte nazionaliste, che mettono a rischio «una delle più grandi imprese del ventesimo secolo»: a partire dagli anni Novanta, con la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda, «l’Europa sembra attraversata da un duplice processo: aumentano le sue divisioni interne, declina il suo peso internazionale». Dopo la rinascita nel secondo dopoguerra, sotto l’egida americana, le attuali classi dirigenti si rivelano impreparate di fronte alle «nuove sfide della storia: costretti a giocare di nuovo in campo aperto senza le limitazioni, ma anche senza i vantaggi della copertura americana, governi, popoli, euroburocrazia danno l’impressione di essersi smarriti, travolti dai problemi maturati nel corso degli anni Novanta ed esplosi con il nuovo millennio».

Nello scenario internazionale, la globalizzazione impone scelte, anche drastiche, ed un ripensamento dei modelli socio-economici, con un aumento della flessibilità e la diffusione del neoliberismo: nell’equilibrio tra le grandi potenze e i paesi emergenti, l’Europa, frammentata e divisa, stenta a trovare un suo spazio e la crisi alimenta le divisioni interne. «Né a rafforzare il peso strategico dell’Unione è valso il suo allargamento verso Oriente, il ritorno nella Comunità di quella che Milan Kundera aveva definito “l’Europa rapita” – aggiunge Riccardo Barracu –. Non era certo pensabile che l’Europa orientale, una volta liberatasi dall’egemonia sovietica, potesse restare a lungo fuori dalla porta, ma neppure era pensabile che il suo ingresso nell’Unione potesse essere indolore, lasciare le cose immutate».

«Gli Anni Novanta avevano alimentato una pericolosa illusione – sottolinea Riccardo Barracu –. Finita la guerra fredda, conquistati alla democrazia l’uno dopo l’altro i paesi europei che una volta erano ricompresi nell’Unione Sovietica, sembrava che i conflitti – almeno quelli cruenti – fossero ormai consegnati ad aree marginali del pianeta, dove l’iniziativa delle Nazioni Unite sarebbe stata più che sufficiente per ristabilire l’equilibrio e la pace». Invece dopo l’attentato dell’11 settembre 2001 ed il crollo delle Twin Towers, la minaccia rappresentata dal “terrorismo islamico” è diventata improvvisamente concreta: «si può discutere a lungo della reazione americana e della dottrina sulla guerra preventiva», afferma l’autore, che mette l’accento sulle differenti prese di posizione dei governi e dell’opinione pubblica sul vecchio continente, ma è innegabile che «l’Europa si trova pienamente coinvolta al di là delle sue intenzioni nella lotta al terrorismo; ne è anzi il secondo bersaglio, dopo quello rappresentato dall’Islam moderato. Ignorarlo, o rifiutarsi di trarne le conseguenze, significa solo sottrarsi alle dure lezioni della storia, rifugiarsi in un angolo nel quale l’illusione dell’autosufficienza prevale sulla realtà dell’interdipendenza, condannandoci a ripetere errori già vissuti e mettendo a rischio il fragile equilibrio su cui si fonda il progetto europeo».

Nella riflessione su “Identità e integrazione in Europa”, l’immigrazione rappresenta un tema ineludibile, che mette in discussione, oltre alla capacità di integrazione e accoglienza, le stesse radici culturali e religiose della civiltà occidentale e il rapporto tra fede e ragione in una società laica: il dibattito su questioni etiche e giuridiche delicate e complesse come le leggi sull’aborto e sull’eutanasia, al di là delle dichiarazioni di principio sull’inviolabilità del diritto all’autodeterminazione e sulla libertà personale, dimostra la persistenza di norme implicite ed esplicite che traggono ispirazione dai dogmi della fede. Nella società contemporanea, apparentemente e spesso dichiaratamente laica, la componente islamica immette un elemento di religiosità più accesa e più radicata, oltre che nell’educazione, nelle tradizioni e nei costumi sociali e riporta all’attenzione il ruolo della religione della definizione di una identità europea. «Non è un caso che società tradizionalmente liberali ma con alto tasso di presenza islamica, come l’Olanda e la Svezia, siano scosse da grandi contraddizioni interne; e paradossalmente non potrebbe essere altrimenti, proprio perché si tratta di paesi fortemente identitari caratterizzati da solidi valori democratici – sottolinea Riccardo Barracu –. E non è un caso che siano entrati in crisi sia il modello multiculturale inglese sia quello integrazionista francese: il primo non riesce ad evitare la trasformazione in kamikaze degli islamici di seconda generazione, l’altro non riesce ad impedire la rivolta delle banlieue. L’Europa, insomma, annaspa alla ricerca di una via di uscita». Il fondamentalismo, che porta all’instaurazione di regimi teocratici ed illiberali in Medio Oriente, assume contorni inquietanti anche sul vecchio continente: «“Gli islamisti radicali e i loro alleati sono consci del fatto che in un clima di appeasement da parte europea l’intimidazione è la tattica migliore”, come sostiene Niall Ferguson – prosegue l’autore –. E così, mentre negli Stati Uniti l’Islam tradizionale è costretto a rivedere le sue posizioni sul ruolo della donna, in Europa vengono uccise persone, artisti che denunciavano la subalternità e l’intimidazione nel mondo islamico. Insomma, in Europa criticare l’Islam risulta scorretto politicamente e, al contempo, mortale».

Identità e integrazione in Europa” affronta temi importanti per il futuro dell’Europa – dalla costruzione di una identità comune che tenga conto delle peculiarità storiche e culturali, della lingua, delle tradizioni delle singole nazioni e dunque delle differenze, alla necessità di trovare un equilibrio ed una mediazione tra i popoli che formano la moderna società multietnica. Nel saggio Riccardo Barracu si sofferma sugli aspetti più squisitamente politici ed economici, prende in esame la normativa e le varie Costituzioni Europee, parla di migrazioni e di tutela dei minori, di sottili questioni giuridiche e di rispetto delle minoranze. Ma soprattutto accende i riflettori sui “Giovani Ribelli” e sui cittadini di domani, analizzando le tendenze e i gusti, e specialmente la creatività e la forza rigeneratrice delle nuove generazioni, la loro capacità di padroneggiare le nuove tecnologie e dialogare con il mondo – senza dimenticare le problematiche legate all’inserimento nel mondo del lavoro, la fragilità economica e sociale, la difficoltà di affermarsi e le incertezze sul futuro. «I giovani anticipano i cambiamenti, li esprimono, li determinano; sono tra i principali protagonisti delle trasformazioni sociali e culturali» – ricorda Riccardo Barracu –. E tuttavia «la progressiva crisi dei tradizionali punti di riferimento, delle certezze e delle prospettive di vita, sembra determinare la scomparsa del “futuro” e di ogni forma di progettualità. Crollano le speranze e le attese utopiche, mentre diviene centrale l’esperienza del tempo presente, la vita vissuta “alla giornata”». Le mutazioni sociali incidono sulla definizione dell’identità e sulla costruzione del sé: i giovani si dimostrano inclini a «reagire all’assenza di certezze elaborando risposte capaci di neutralizzare il timore del futuro, ed esprimendo in modo netto la tendenza ad aprirsi in positivo all’imprevedibilità: a caratterizzarli è dunque, la capacità di accettare la frammentazione e l’incertezza dell’ambiente come dato non eliminabile, da trasformare in risorsa grazie a un esercizio costante di consapevolezza e riflessività».

La giovinezza, considerata tradizionalmente una fase di passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta, tende a diventare una condizione permanente, non solo e non tanto per la vivacità intellettuale e la brillante creatività, quanto per il prolungarsi della precarietà economica e lavorativa: «non esiste più il tempo storico come momento certo in cui si passa di status, è crollata la delimitazione chiara e fissa determinata dalle regole sociali oggettive; si transita lungo una condizione variabile e indeterminabile – spiega Riccardo Barracu –. I giovani del Terzo Millennio vivono, dunque, momentanee individualità, godono di una seconda vita e molteplici identità – o avatar – in Second Life, navigando in una realtà virtuale sempre più tangibile e mettendo in scena se stessi e il proprio mondo interiore sui blog, diari personali online accessibili a tutti gli utenti della Rete. Giovani immersi nelle tecnologie digitali e in una dimensione spazio-temporale sempre più dissolta, che, pur vivendo in un’epoca caratterizzata dall’accelerazione, si ritrovano in una paradossale condizione di rallentamento, di prolungamento della giovinezza, di dilatazione della loro età».

E tuttavia, pur costrette in un limbo, prigioniere della moderna precarietà, le giovani generazioni sono capaci di costruire orizzonti di senso, rompendo gli schemi, provocando il “disordine” per reinventare la realtà, secondo una dialettica che è portatrice insieme di conflitto e di rinascita, attraverso la trasformazione e la creazione di forme nuove, nell’arte, nella scienza, nell’organizzazione sociale, nella vita quotidiana. «I giovani del nuovo secolo sembrano voler esprimere un impegno sociale fuori dai partiti, o dalle forme tradizionali di attivismo politico, e assumere nuove modalità di partecipazione, all’interno di movimenti transnazionali. Estremisti di sinistra, preti, ecologisti, anarchici, boyscout, fan di Bob Marley e di John Lennon, frequentatori di rave e centri sociali, fan di san Francesco e di Che Guevara, studenti di economia e di sistemi informatici, hacker telematici e coltivatori di cibi biologici… è il popolo dei no global… una categoria sociale trasversale, particolarmente sensibile ai proclami e ai messaggi contenuti nei testi, o a un “controriformismo urbano paritetico”. Una sorta di contro-cultura o di cultura alternativa che rappresenta un momento di critica e di contrapposizione all’ordine costituito, e che spesso introduce elementi di innovazione culturale».

In questo contesto si inserisce l’idea di una rivoluzione, culturale ed estetica, trasversale, che varca i confini geografici, e assume connotati politici, dalla “primavera araba” alle manifestazioni in difesa dell’ambiente, contro le mafie e a favore della legalità, contro la violenza di genere e in nome della pace, partendo da valori condivisi come la giustizia, l’eguaglianza e la fratellanza tra i popoli, i diritti civili e la libertà. «Il risultato finale potrà essere una differente costruzione delle classi di produzione su larga scala, con una concezione corretta del concetto ormai “standardizzato” di globalizzazione, questo unito a un sentimento senza paura dalla sopraffazione economica e selvaggia, e soprattutto senza conflitto. Un modo per restituire dignità e orgoglio a una generazione: è la voglia di dimostrare agli altri di essere capaci, di essere credibili; la voglia di riscatto, di mettersi a confronto per trovare dignità ed equilibrio… che spinge le masse giovanili nelle strade». Una “ribellione, o meglio una “ rivoluzione” che non è fatta di «proteste chiassose» ma di «riflessioni avanzate ad alta voce, un po’ rock and roll, ma stabili e lontane dalla demagogia intellettuale: “Vogliamo essere ricchi di contenuti, portatori di messaggi e idee, condivisibili oppure no, ma dobbiamo metterci a parlare, per capire meglio, capirci meglio, senza insegnare niente a nessuno, però”».

Colti e preparati, all’avanguardia sul piano tecnologico ma non arroganti né saccenti, aperti al dialogo e alla democrazia della conoscenza, i giovani – di oggi e di domani – potrebbero diventare il motore di una nuova Europa, portatori di una visione moderna ed inclusiva, fulcro di una nuova civiltà illuminata ed interessata alla pace ed all’armonia tra i popoli. L’arte con la sua capacità profetica ed il suo linguaggio evocativo e simbolico può diventare lo strumento fondamentale di questa trasformazione, il catalizzatore capace di stimolare nuove riflessioni e la nascita di una possibile identità comune e plurale nell’Europa futura.

L’autore: Riccardo Barracu, regista e ricercatore italiano con base a Berlino, si è formato in semiotica e drammaturgia a Bologna, arricchendo la sua ricerca con esperienze internazionali – tra cui collaborazioni con Judith Malina del Living Theatre a New York e studi alla Sorbona di Parigi. Da anni conduce un percorso d’indagine sull’identità umana, lo spazio e i processi di trasformazione collettiva.

DER GLØBAL FUTUR_ – TransiTIdentitäT

Un festival itinerante per riflettere sull’identità nell’era della globalizzazione

S’intitola DER GLØBAL FUTUR_ – TransiTIdentitäT il progetto artistico e culturale che trae ispirazione dal saggio “Identità e integrazione in Europa” di Riccardo Barracu, pubblicato da Iskra Edizioni, che indaga le tensioni irrisolte del progetto europeo alla luce delle sue stratificazioni storiche e culturali. Attraverso un impianto teorico che intreccia saperi sociali, politici e simbolici, il libro analizza il conflitto tra istanze universalistiche e rivendicazioni identitarie, interrogando la tenuta di categorie come cittadinanzaappartenenza e coesione. Le fratture generate da richiami nazionali, pressioni migratorie e disarticolazioni sociali vengono lette come segnali di una crisi strutturale dell’integrazione europea, più che come semplici difficoltà di percorso. Rifiutando ogni lettura armonica, l’autore concepisce l’Europa come spazio politico sperimentale, in cui la pluralità non va gestita ma assunta come fondamento.

Senza indicare traiettorie univoche, il saggio invita a leggere le trasformazioni in corso come la manifestazione viva di un conflitto aperto attorno al significato stesso dell’idea d’Europa.

DER GLØBAL FUTUR_ – TransiTIdentitäT trasporta il dibattito sul terreno fecondo delle intuizioni e sperimentazioni artistiche e del dialogo culturale, con il coinvolgimento di artisti e performers in un percorso che spazia da Berlino a Istanbul, da Buenos Aires a New Delhi, da Dakar a San FranciscoSeul e Tokyo. Un itinerario tra città e paesi, attraverso diversi continenti, che testimonia l’interesse e l’urgenza di confrontarsi con le metamorfosi dell’identità contemporanea.

«Il progetto si configura come un laboratorio interculturale in cui tradizioni, linguaggi e visioni del mondo si intrecciano in un’esperienza artistica e sociale unica – sottolinea l’ideatore e direttore artistico Riccardo Barracu –. Ogni tappa di DER GLØBAL FUTUR_ – TransiTIdentitäT nasce in dialogo con il territorio ospitante, intrecciando prospettive locali e visioni globali. Artisti, scrittori, musicisti e performer provenienti da contesti geografici diversi contribuiscono alla creazione di un’esperienza collettiva di esplorazione, riflessione e confronto. Il festival traduce la riflessione teorica del saggio in un processo dinamico di ricerca artistica, dove il pensiero diventa pratica e la teoria si apre all’incontro con l’altro».

Il saggio “Identità e integrazione in Europa” offre lo spunto per un ragionamento sulla realtà del vecchio continente e specialmente sulle moderne “identità in transizione” ovvero sulla trasformazione del concetto di identità in seno alle società multiculturali e multietniche. DER GLØBAL FUTUR_ – TransiTIdentitäT rappresenta una “piattaforma di scambio e innovazione culturale”, uno spazio di dialogo e confronto tra gli artisti, con un respiro internazionale, o meglio “planetario”, in cui l’analisi del presente si nutre di testimonianze ed opere individuali collettive per dare vita ad un immaginario condiviso, ad un movimento artistico globale. Tra i protagonisti la fotografa e videoartista Anna Motterle, le performers Claudia Huber e Anna Kölbe, la videoartista Martha Weiss, il compositore Mirco Magnini, la musicista Federica Are, la musicista e compositrice Stellan Veloce, che contribuiscono con dei progetti a tema, su identità e metamorfosi, e interagiscono con gli artisti delle città e dei continenti che ospitano le diverse tappe del festival.

In Sardegna, dove il progetto affonda le sue radici simboliche e affettive, per le origini dell’autore e la scelta – non casuale – di una casa editrice isolana, il legame con il territorio si traduce in una dimensione ulteriore di ascolto e memoria. La prefazione di Giacomo Serreli definisce con precisione gli ambiti teorici della riflessione di Riccardo Barracu e le implicazioni politiche, economiche e sociali dell’attuale situazione dell’Europa nel contesto internazionale, insieme alla pesante eredità per le giovani generazioni, cui è affidato il compito di scrivere il futuro.

Il saggio “Identità e integrazione in Europa” verrà presentato nell’Isola in un vero tour letterario che include la Mostra del Libro di Macomer oltre a rassegne, festivals, incontri con gli autori; altre date nella Penisola, a partire da Bologna (in gennaio) e poi all’estero.

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