Il diritto all’accessibilità

1 Agosto 2017
Francesco Nurra

Definire il concetto di accessibilità attraverso la mia esperienza personale è molto complesso, poiché vivo quotidianamente questo problema e mi provoca diversi momenti di frustrazione. Non posso mentire su quanto mi accade per colpa di questo apparentemente insignificante problema.

Avrete capito, per chi non mi conosce, che sono una persona con disabilità (questa è la definizione che ne dà la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità) e che una delle molteplici motivazioni che mi ha spinto a non essere presente oggi a Pro Una Caminera Noa è proprio l’accessibilità. Tuttavia non è responsabilità di chi ha organizzato né di chi è presente oggi a questa manifestazione.

Quando viaggio all’interno della Sardegna utilizzo un’automobile con pedana, poiché mi sposto necessariamente su una sedia a rotelle a motore. Purtroppo la cosa dipende in parte dai miei genitori: non se la sono sentita di portarmi né di lasciarmi andare “così lontano” con qualcun altro, poiché pare che ultimamente l’automobile non stia molto bene e potrebbe seriamente rompersi. Non me la sono sentita di dargli torto.

Ma quale sarebbe l’alternativa per una persona sulla sedia a rotelle qualora non avesse l’automobile o qualora non avesse un’automobile funzionante nel momento di fare un viaggio? Nessuna. Il primo mezzo di trasporto da prendere in considerazione è l’autobus. Cito il sito dell’ARST: “ARST SpA ha in dotazione circa 150 bus attrezzati per il trasporto di persone diversamente abili, su un parco mezzi di circa 850.

Per poter garantire un servizio adeguato è necessario che le persone interessate, comunichino, con almeno 48 ore di anticipo, al Responsabile della Sede Territoriale Locale o all’Ufficio Movimento della stessa, gli orari delle corse che intendono utilizzare, in modo da organizzare il servizio mediante autobus idonei. Le fermate di partenza e di arrivo dei viaggi da svolgere, devono consentire le operazioni di apertura/manovra della pedana, quindi occorre anche precisare, nelle comunicazioni con la Sede Territoriale, quali siano le fermate da utilizzare.”

Qui la discriminazione è doppia poiché non solo il passeggero con disabilità deve avvertire 48 ore (non il giorno prima, 48 ore prima è un tantino esagerato!) prima, cosa che i passeggeri dotati di gambe funzionanti non fanno, ma deve anche comunicare il luogo dove andrà. Ciò è apparentemente bello e sicuro, ma il fruitore del servizio che fine fa? Fra le mille preoccupazioni della vita quotidiana la persona con disabilità si deve anche preoccupare di avvertire dove va, a che ora va e fare tutto un piano studiato nei minimi dettagli per poter andare nel luogo prescelto; poiché i problemi potranno essere anche altri, non necessariamente legati all’autobus, l’insieme delle preoccupazioni, dei progetti e delle macchinazioni dietro il viaggio di una persona con disabilità costituiscono un lavoro nascosto.

Spiego questa affermazione in maniera molto semplice: cari bipedi, pensate se oltre al vostro quotidiano lavoro, magari anche non appagante e non ben pagato, doveste fare un ulteriore lavoro non retribuito che vi permetta di vivere la vostra vita. Pensate al fatto che ogni volta per andare a fare una qualsiasi cosa si debba essere annunciati e progettare nei minimi dettagli una partenza, perché una minima svista o intoppo potrebbe compromettere la riuscita del viaggio. Come è facile intuire, tutto ciò è molto stressante e porta chi subisce questa condizione a rinunciare il più delle volte a viaggiare.

Altro mezzo di trasporto da considerare è il treno. Solitamente per salire sui treni è necessaria l’assistenza di personale addetto al carico e scarico della persona con disabilità. Un giorno, circa un anno fa, ero intenzionato a prendere il treno da Sassari ad Alghero per andare là a passare una bella giornata con una persona. Non è stato possibile, poiché mi è stato così risposto in una mail (che teoricamente per legge non dovrei divulgare) della sala blu di Roma, che fa riferimento a Trenitalia: “Salve, ad Alghero non esiste assistenza. Ci spiace. Possiamo solo fare assistenza,per il suo viaggio, in salita senza carrozzina propria. Saluti.”. La mail tradotta in poche parole significa che, anche se volessi, non potrei mai viaggiare su un treno che parte da Sassari, poiché dovrei salire su una sedia a rotelle diversa dalla mia e non troverei comunque assistenza ad Alghero. Pare che io non possa viaggiare verso nessuna meta della Sardegna con Trenitalia.

Chiarito il concetto di accessibilità dei trasporti, credo sia necessario fare riferimento all’accessibilità urbana. Esistono i Piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche, o almeno, non esistono. L’articolo 32, comma 21, della legge n. 41 del 1986 e l’articolo 24, comma 9, della legge 104 del 1992 sancivano l’applicazione di un reale abbattimento delle barriere architettoniche negli spazi e negli edifici pubblici. L’applicazione va necessariamente pianificata. La logica vorrebbe che questi piani siano in vigore e che ora l’accessibilità sia garantita per chiunque. Invece no, dopo più di trent’anni, ci sono ancora moltissimi luoghi inaccessibili e non mi metterò ad elencarli tutti.

Tuttavia, pare che a Sassari, cito il sindaco, vi sarà “L’avvio delle opere di manutenzione straordinaria del reticolo viario cittadino e dell’agro, per 7 milioni di euro,” che “consentiranno inoltre l’abbattimento delle barriere architettoniche ancora presenti e definite dal PEBA”. Finalmente, dopo trent’anni! Aspettiamo un’applicazione rigorosa e coscienziosa di questo piano. Purtroppo non mi è possibile elencare tutti i punti riguardanti l’accessibilità per motivi di spazio, ma vorrei parlare di un punto ugualmente interessante: l’accessibilità ai servizi sanitari. Nella mia esperienza la cosa si sviluppa in due aspetti. Il primo, che è per me importante, è l’accesso al servizio di fisioterapia. Al momento sono seguito molto bene da un fisioterapista di un centro convenzionato della asl di Sassari e ho un numero di prestazioni che soddisfano i miei bisogni. Perciò non va tutto male, per fortuna!

E’ recente, però, ad esempio la protesta delle associazioni del Parkinson e dell’Alzheimer, che nella provincia di Sassari. 1600 persone si trovano senza assistenza ambulatoriale da circa due mesi. Questo è un problema di accesso ai trattamenti sanitari che dovrà essere risolto nel più breve tempo possibile. Sarebbe interessante seguirne gli sviluppi da vicino. Un altro aspetto sanitario riguarda la cura nei centri specializzati. Per quanto riguarda la mia patologia, non esistono centri specializzati in Sardegna, sono perciò costretto a curarmi al di fuori della Sardegna che fortunatamente fornisce rimborsi per chi è costretto a fare questo tipo di scelta. Tuttavia, sia per l’accessibilità dei trasporti e per la spesa pubblica risulta oneroso. Perché non abbiamo dei centri di eccellenza anche in Sardegna?

Ad ogni modo, finché non sarà aperto un centro relativo, continuerò ad andare a fare i miei controlli periodici fuori dalla Sardegna. In conclusione, vorrei aggiungere un piccolo ragionamento al margine. Il diritto all’autodeterminazione dei sardi inizia anche da qua, dall’accessibilità, un’accessibilità che è già nostra, ma che è impedita da mille fattori. Nel campo dell’accessibilità (con un significato ampio) sono realmente pochi i Paesi del mondo che hanno realizzato pienamente gli obbiettivi di uguaglianza sanciti dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, convenzione firmata da moltissimi Paesi e città del mondo, in realtà.

Per connettere il diritto all’autodeterminazione all’accessibilità vorrei citare un noto slogan del movimento dei diritti delle persone con disabilità: “Nulla su di noi, senza di noi”; ciò significa che siamo noi a decidere della nostra vita e non altre persone o istituzioni. Vorrei proporre connessioni e ponti anche al di fuori di questi due concetti politici. Cosa molto importante è il contesto: noi siamo disabili e diventiamo minoranza oppressa nel momento in cui il contesto ci impedisce di autodeterminarci. Ma se applicassimo lo stesso concetto alle persone che vivono in Sardegna, inclusi i migranti? Gli ostacoli e le barriere che impediscono l’accesso ad una vita dignitosa sono un crimine contro tutta l’umanità, non solo contro chi vive in Sardegna o contro le persone con disabilità.

Sperando di avervi sensibilizzato a dovere sulla questione, vi prego di impegnare le vostre menti anche verso un cambiamento di mentalità su questi aspetti, ricordandovi che avrei fatto lo stesso discorso a qualsiasi platea di qualsiasi colore politico (e lo dico da sardo di sinistra) e a qualsiasi latitudine.

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