Il disastro della sanità nuorese

16 Ottobre 2020

[Graziano Pintori]

I problemi della sanità sarda sono ormai cronici, tanto è che sulla stampa regionale questo problema fa parte delle notizie giornaliere provenienti dai vari territori dell’isola. In questi giorni però le cronache sanitarie si sono concentrate soprattutto sul S. Francesco, il presidio ospedaliero barbaricino.

Da Cagliari, dove ha sede la gestione del potere sanitario, qualche tempo fa era arrivato l’ordine perentorio di trasferire, in tempi stretti, il reparto oncologico dal luogo in cui era sorto a quello dell’ex pediatria, oppure, in alternativa, all’ex sanatorio Cesare Zonchello. Le autorità sanitarie regionali dettavano quest’ordine perché il S. Francesco preventivamente dovrà disporre di nuovi posti, almeno cinque, per eventuali emergenze Covid 19. Ebbene, questo imperio ha suscitato la spontanea rivolta dei malati oncologici, dei loro familiari, dei sindaci del distretto sanitario e, in crescendo, la solidarietà dei cittadini tutti. Le ragioni della protesta sono motivate dal fatto che si tenta di cancellare l’eccellenza conquistata nel tempo dal reparto per malati cancro, infatti, si tratta di una sezione sanitaria su cui fanno capo circa quattrocento malati, di cui quaranta, il 10%, giornalmente sono sottoposti a terapia; non a caso questo servizio è erogato anche a malati provenienti da altri territori. Si ricorda, a titolo di cronaca, che il menzionato reparto fu dislocato strategicamente vicino a quello della rianimazione, a quello della radioterapia, alla farmacia che prepara la chemioterapia; inoltre è sottostante al piano in cui è attivo il reparto di ematologia, altro servizio di eccellenza del S. Francesco. I malati di cancro in rivolta, come tutto il seguito che li sostiene, stentano a capire quale logica abbia spinto l’assessore regionale alla sanità nel prendere questa perentoria e impopolare decisione, la quale sembra assunta da un alieno completamente estraneo alle problematiche che affliggono la sanità nuorese. Ricordiamone alcune: la pianta organica dei medici dimezzata in due anni, come pure mancano decine di infermieri, OSS; visite, terapie, interventi procrastinati sine die, tanto da compromettere in modo serio il diritto alle cure e alla salute in generale. Non c’è logica in questa decisione anche perché il personale medico e infermieristico, da destinare all’ipotetico ampliamento degli spazi Covid 19, è già vergognosamente carente, come si è appena riferito. Salvo che, cinicamente, l’autorità sanitaria non abbia calcolato che il trasferimento dell’oncologia all’ex pediatria ridurrebbe i posti per la terapia oncologica giornaliera (da 40 a 12) rendendo disponibile parte di quel personale. “In palas anzenas corrias largas”, ossia sulla pelle degli altri (i malati di cancro) si fanno tutti i calcoli per mettere “pezze” alla sanità del centro Sardegna, senza affrontare alla radice i veri mali che la attanagliano. In pratica, come ha riferito uno dei malati: “ per cinque posti Covid 19 si smantella un intero reparto in grado di sopperire alle cure giornaliere per quaranta pazienti.” A poco è servito il suggerimento del sindaco di Nuoro, che proponeva l’installazione di un ospedale da campo per affrontare l’emergenza pandemica, proposta che ha trovato piena disponibilità da parte della Protezione Civile e dell’Esercito, con la disponibilità del personale medico e paramedico. A un certo punto, mentre la protesta assumeva proporzioni sempre più consistenti, tutta la faccenda sanitaria fin qui esposta assume contorni paradossali. Vediamoli. A) Viene defenestrata la direttrice sanitaria dell’ASL nuorese, rea di non avere ottemperato in tempi celeri all’ordine di trasferire il reparto oncologico in altra sede, in sua vece è stato nominato un nuovo direttore sanitario. A titolo informativo la nomina è stata preceduta da una telefonata del commissario regionale Ats diretta alla direttrice Assl di Nuoro, dal tono, secondo me, intimidatorio “ dottoressa da domaniavrà un nuovo direttore sanitario. Lo accolga bene”. B) L’indomani, come una bolla di sapone, tutto si dissolve, dal luogo dove ha sede il potere sanitario arriva il contrordine che dice: “Il reparto oncologico non c’è motivo per essere trasferito”. Così i rivoltosi malati di cancro, incatenati davanti all’ingresso dell’ospedale, hanno vinto la loro battaglia. Al loro seguito circa centocinquanta persone.

Se dovessi fare una riflessione su questa assurda vicenda la farei sull’acronimo ATS (Azienda Tutela della Salute) cambiata dalla giunta sardo – leghista in ARES (Agenzia Regionale Sanitaria) che sembra indicare il nuovo percorso che privilegia l’organizzazione aziendalistica della sanità sarda, in cui si antepongono le nomine dei vertici aziendali (vedi ripristino delle 8 ASL), rispetto al diritto alle cure e alla salute. Su questa assurda vicenda rifletterei, inoltre, sul pesante silenzio degli onorevoli eletti nell’ammucchiata sardo – leghista nel collegio nuorese e dintorni, ma sarebbe un abuso dello spazio concessomi.

Hasta siempre con i malati e il diritto alla salute.

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