Il Giorno del Ricordo e le strumentalizzazioni contro la resistenza antifascista

10 Febbraio 2022

[Antonello Murgia]

Il 10 febbraio è il giorno del ricordo, istituito in memoria delle vicende che interessarono il confine nord-est dell’Italia sul finire della 2a Guerra Mondiale e delle vittime che ne conseguirono.

E’ un ricordo che in questi anni è stato spesso strumentalizzato e usato per battaglie politiche contingenti dalla destra fascista grazie ad una narrazione decontestualizzata degli eventi: una narrazione che esclude sistematicamente i fatti storici che li hanno preceduti ed in particolare l’occupazione di vasti territori jugoslavi da parte dell’Italia in seguito all’invasione nazista dell’aprile 1941.

Quale fosse l’atteggiamento del regime fascista nelle terre occupate è ben descritto nelle riservatissime lettere personali che Umberto Rosin Commissario Civile del Distretto di Longanatico indirizzò al Prefetto Emilio Grazioli Alto Commissario della Provincia di Lubiana il 30 luglio e il 31 agosto 1942: “Si procede ad arresti, ad incendi, fucilazioni in massa fatte a casaccio e incendi dei paesi fatti per il solo gusto di distruggere. La frase «gli italiani sono diventati peggiori dei tedeschi», che si sente mormorare dappertutto, compendia i sentimenti degli sloveni verso di noi”. La guerra partigiana nella ex Jugoslavia era indirizzata contro l’occupante straniero, italiano e tedesco e contro chi collaborava con esso, ma non contro gli italiani in quanto tali.

A fine guerra ci furono anche regolamenti di conti, deprecabili sicuramente, ma non si configurarono affatto né come pulizia etnica, né come genocidio. Prova ne sia che le vittime delle foibe furono, secondo la ricerca storica più accreditata (v. in particolare Raoul Pupo) e contando anche i morti stimati ma di cui non furono mai trovati i corpi, fra le 3.000 e le 5.000, mentre gli italiani deceduti come partigiani inquadrati nella Resistenza jugoslava furono circa 10.000. E’ evidente che se la guerra di liberazione jugoslava avesse avuto come bersaglio gli italiani, non avrebbe certo reclutato tra le sue fila 20-30.000 italiani, come appunto avvenne.

Come ANPI vogliamo commemorare tutte le vittime innocenti e anche i 10.000 partigiani che trovarono la morte in Slovenia e Croazia combattendo contro il fascismo e il nazismo. E contestiamo la narrazione che vuole accreditare la tesi del popolo italiano vittima della violenza jugoslava. Una narrazione che non è mossa dall’apprezzabile sentimento di pietà per i propri morti, ma dalla volontà di rivalutare il regime fascista condannato dalla storia e messo al bando dalla nostra Costituzione. C’è il pericolo, come ha fatto notare lo storico Eric Gobetti, che “il 10 febbraio si trasformi in una vera e propria giornata dell’orgoglio fascista”.

Ed è evidente il disegno neofascista di usare il giorno del ricordo per denigrare, attraverso la resistenza jugoslava, quella Resistenza partigiana italiana dalla quale presero le mosse la Repubblica e la sua Carta fondamentale che ci ha garantito, finché è stata applicata in misura accettabile, pace e progresso.

Antonello Murgia è il presidente del comitato provinciale ANPI

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