Il muro senza frontiere

16 Novembre 2009

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Sante Maurizi

Alle elementari avevo una strana maestra. Nubile, repubblicana ed europeista. Cose – solo le ultime due – che andavano assieme in quell’Italia fine anni ’60. Gente da democrazia laica e progressista, irrimediabilmente in minoranza, capace di grandi battaglie (divorzio) e di enormi stronzate lustri dopo (abbraccio con Berlusconi, le cui affinità con Mazzini, La Malfa – Ugo – e Spadolini sfuggono ai più). Bene. Eravamo un po’ militarizzati, dalla mia maestra. Ottima didatta, istinto materno zero, smodata passione per cose come il Benelux, tutto quello che era stare in fila – marciare – cantare l’inno, la faceva andare in solluchero. E poi questa cosa dell’Europa unita. Mica facile farlo capire a bambini di sette anni. Ma quella donna aveva dalla sua parte un grande alleato: Giochi Senza Frontiere. Chiunque abbia più di quarant’anni e clicchi qui non può evitare la giusta dose di madeleine. La gioventù si inventava la geografia, la scuola provava a mettere ordine, la televisione additava orizzonti di fratellanza. Non capivamo un’acca di unità economica e monetaria, ma Giochi Senza Frontiere era la cosa più vicina all’Europa felix che fosse dato immaginare. Il bello – ora lo sappiamo – è che quei costosissimi giochi d’animazione da villaggio turistico furono un’idea di Charles De Gaulle. Nientemeno. Sublimare l’inimicizia fra i popoli col gioco. Amicizia e solidarietà passando per la competizione. Meraviglioso. Il Jolly, il Fil Rouge, erano le pause che Giulio Marchetti e Rosanna Vaudetti (poi Ettore Andenna e Milly Carlucci) amministravano con gaio sussiego dopo che Gennaro Olivieri e Guido Pancaldi avevano dato il via al delirio scandendo ‘trois, deux, un’ con un colpo secco di fischietto, scatenando corse dentro travestimenti in gommapiuma su piste insaponate. Dove non arrivava la maestra, l’ideologia o la Storia, c’erano Gennaro Olivieri e Guido Pancaldi. Magari sono stati proprio loro, i due arbitri con l’accento da ispettore Clouseau, a suggerire che l’unico modo per risvegliare un po’ di epica europeista (libertà e popoli fratelli) fosse riciclare un bel giocone. Così è stato per quel domino di parallelepipedi che cadevano a stento, l’inquietudine del monolite di 2001 Odissea nello spazio dipinta in technicolor e annegata in un mare di melassa e ciglia inumidite. Il Muro vent’anni dopo è come Giochi Senza Frontiere vent’anni prima. D’altronde i tempi sono quelli che sono. Intervistato in Tv a proposito delle precauzioni da prendere per il virus A/H1n1, un medico titolato a farlo ha risposto: «Seguire i consigli di Topo Gigio».

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