Il nuovo editto delle chiudende

1 Agosto 2013

cancello arrugginito con lucchetto -  di Francesco Federighi

Stefano Deliperi
Lo dovevano fare e l’hanno fatto.
Addirittura hanno velocemente rimestato le disposizioni della proposta di legge regionale n. 537 il 23 luglio 2013 e hanno scodellato in fretta e furia la proposta di legge regionale n. 542 del 30 luglio 2013 e l’hanno approvata in pochi minuti, grazie alla procedura d’urgenza prevista dall’art. 120 del regolamento consiliare, applicabile perché tutti d’accordo.
Ha iniziato l’onorevole Pietro Pittalis (P.d.L.), ma immediatamente dietro gli altri onorevoli Giampaolo Diana (P.D.), Franco Cuccureddu (M.P.A.), Attilio Dedoni (Riformatori), Matteo Sanna (Fratelli d’Italia), Christian Solinas (P.S.d’Az.), Mario Diana (Sardegna è già domani), Daniele Cocco (S.E.L.).
E subito dopo sono stati in 50 a votare a favore, solo 4 voti contrari, 4 gli astenuti.
Ma che cosa c’è di così urgente e improcrastinabile da metter d’accordo trasversalmente e soprattutto silenziosamente maggioranza (scassata) e opposizioni (divise)?
Il nuovo editto delle chiudende, Il sacco dei demani civici e la speculazione immobiliare sulle sponde delle zone umide in Sardegna.
Infatti, con l’art. 1 della legge i Comuni sono delegati “alla ricognizione generale degli usi civici esistenti sul proprio territorio”, mandando a quel paese anni di difficile lavoro e milioni di euro spesi dalla Regione autonoma della Sardegna per le operazioni che hanno portato all’Inventario generale delle terre civiche previsto dalla legge.
Una “ricognizione” che, nella realtà, costituirebbe la base soprattutto per sclassificazioni – termine orrido e inesistente, sarebbero sdemanializzazioni – in particolare per i “i terreni sottoposti ad uso civico (che, n.d.r.) abbiano perso la destinazione funzionale originaria di terreni pascolativi o boschivi ovvero non sia riscontrabile né documentabile la originaria sussistenza del vincolo demaniale civico”, cioè in tutti quei casi in cui vi siano state occupazioni abusive, abusi edilizi, destinazioni agricole ovvero i diritti di uso civico siano stati accertati per presunzione in quanto già terreni feudali (la gran parte dei demani civici).
Previsione palesemente incostituzionale per violazione delle competenze statali in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali (art. 117, comma 1°, lettera s, cost.), visto che ex lege i terreni a uso civico sono tutelati con il vincolo ambienale/paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i., ma già legge n. 431/1985).
Insomma, ancora una penosa, raffazzonata, squallida operazione che punta a un nuovo editto delle chiudende, come ormai il Consiglio regionale sardo sta offrendo da tempo alla ribalta.
Spesso e volentieri per interessi particolari ben identificabili.
I diritti di uso civico e i demani civici sono una realtà importantissima per l’Isola (quasi un quinto del territorio) e costituiscono una cassaforte di ambiente e di risorse territoriali, economiche e sociali per le collettività locali.
Una seria riforma non si fa con queste modalità di rapina, perché per sistemare qualche situazione di contenzioso (es. Orosei, Dorgali, Cabras, Orune, Lula, Fluminimaggiore, Carloforte, ecc.) determinata dall’edificazione e/o occupazione abusiva di terreni appartenenti ai demani civici di gran parte della Sardegna si impoveriscono le collettività locali, i tantissimi cittadini onesti.
Ma non finisce qui.
L’art. 2 della proposta di legge cerca di rimescolare in un calderone giuridico di pessima fattura la legge regionale n. 20/2012, nota come legge scempia-stagni, finalizzata a legittimare le opere edilizie realizzate nelle fasce spondali delle zone umide sarde alla faccia delle normative di tutela e, in primo luogo, del piano paesaggistico regionale.  La folle disposizione, nata sull’onda del noto caso del palazzo realizzato presso le Saline di Molentargius, quasi legge ad palazzum, è stata giustamente impugnata dal Governo davanti alla Corte costituzionale, dietro segnalazione delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Amici della Terra.
Giusto per finire, una normettina borderline in favore di quel mini-eolico opportunamente arginato dalla Corte costituzionale con la recentissima sentenza n. 188 del 12 luglio 2013.
Non c’è stato quell’auspicato un sussulto di decenza che avrebbe dovuto portare al ritiro di questa proposta di legge farneticante o, quantomeno, l’eliminazione della vergognosa corsia privilegiata per questo scandaloso sacco dei demani civici e delle zone umide.
Solo qualche parola per sottolineare la profonda ipocrisia di tutti quelli che quotidianamente – entro e fuori dal Consiglio regionale sardo – ci ammorbano i malcapitati neuroni di sovranismo, giustizia, beni comuni, riforme e favole varie e non hanno detto una parola o, peggio, hanno votato questo nuovo squallido editto delle chiudende.
Per favorire l’informazione dell’opinione pubblica provvederemo a pubblicare tutti i nomi di chi ha espresso voto favorevole.
In ogni caso, sappiano tutti che l’istanza al Governo per il ricorso alla Corte costituzionale (art. 127 cost.) sarà inviata alla pubblicazione della legge sul B.U.R.A.S.
CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA
PROPOSTA DI LEGGE N. 542
presentata dai Consiglieri regionali
PITTALIS – DIANA Giampaolo – CUCCUREDDU – DEDONI – SANNA Matteo –
SOLINAS Christian – DIANA Mario – COCCO Daniele Secondo
il 30 luglio 2013
Norme urgenti in materia di usi civici, di pianificazione urbanistica, di beni paesaggistici
e di impianti eolici
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RELAZIONE DEL PROPONENTE
La presente proposta di legge è, in primo luogo, finalizzata a introdurre più efficaci procedure in materia di ricognizione generale degli usi civici esistenti in Sardegna al fine di pervenire ad una loro gestione più dinamica, seppure sempre nel rispetto delle esigenze di tutela dell’uso pubblico.
In secondo luogo la proposta contiene una serie di disposizioni urbanistiche di dettaglio finalizzate a consentire, per quegli interventi contenuti nei piani attuativi già convenzionati e che richiedano varianti non essenziali, un più rapido iter di alcune procedure autorizzative, nel pieno rispetto del quadro normativo esistente. Ciò al fine di perseguire l’obiettivo di consentire una migliore risposta, da parte dell’amministrazione pubblica, alle istanze provenienti dalla società.
Inoltre la proposta di legge intende modificare una preesistente disposizione legislativa interpretativa regionale in materia di beni paesaggistici, al fine di consentirne una più efficace applicazione.
Infine la proposta di legge contiene la proroga di un termine in materia di edilizia residenziale pubblica, una specificazione delle limitazioni cui sono sottoposti gli impianti eolici di piccola dimensione e potenza.
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TESTO DEL PROPONENTE
Art. 1
Ricognizione generale degli usi civici
1. La Giunta regionale, mediante un Piano straordinario di accertamento demaniale, provvede alla ricognizione generale degli usi civici esistenti sul territorio regionale e alla individuazione su cartografia aggiornata di dati e accertamenti già esistenti riportati su cartografie antiche.
2. A tal fine in deroga alle disposizioni di cui alla legge regionale 14 marzo 1994, n. 12 (Norme in materia di usi civici. Modifica della legge regionale 7 gennaio 1977, n. 1 concernente l’organizzazione amministrativa della Regione sarda), ed in via straordinaria al fine di superare i limiti e le incongruenze legate alle procedure di accertamento già decretato delle terre gravate da uso civico, i comuni sono delegati entro il 31 dicembre 2013, e con le procedure per l’adozione e l’approvazione dei piani di valorizzazione di cui all’articolo 9 della legge regionale n. 12 del 1994, alla ricognizione generale degli usi civici esistenti sul proprio territorio.
3. A tal fine i comuni, oltre a documentare il reale sussistere dell’uso civico, possono proporre permute, alienazioni, sclassificazioni e trasferimenti dei diritti di uso civico secondo il principio di tutela dell’interesse pubblico prevalente. Costituiscono oggetto di sclassificazione del regime demaniale civico in sede di ricognizione generale e straordinaria anche i casi in cui i terreni sottoposti ad uso civico abbiano perso la destinazione funzionale originaria di terreni pascolativi o boschivi ovvero non sia riscontrabile né documentabile la originaria sussistenza del vincolo demaniale civico. I comuni, previa intesa fra le parti interessate, possono attuare nell’ambito della ricognizione generale degli usi civici, processi di transazione giurisdizionale a chiusura di liti o cause legali in essere. Per quanto previsto al presente articolo non possono essere assimilate a uso civico le terre pubbliche sottoposte da provvedimenti prefettizi ad assegnazione per finalità sociali.
4. Tutte le risultanze degli accertamenti già decretati che non risultino confermate o coerenti con la documentazione giustificativa del piano di accertamento straordinario di cui al comma 1 decadono con l’approvazione, non oltre i tre mesi dalla conclusione delle procedure comunali, del complessivo Piano straordinario di accertamento da parte della Giunta regionale. Le cessazioni degli usi civici derivanti dalle risultanze del piano straordinario di cui alle presenti norme, hanno efficacia dalla data dei medesimi atti o provvedimenti, ovvero se precedenti rispetto alle date indicate negli stessi atti o provvedimenti, dalla data, indicata nell’atto ricognitivo, in cui è venuta meno la destinazione funzionale all’uso civico dei relativi beni.
Art. 2
Modifiche alle procedure urbanistiche e alle leggi regionali n. 20 del 2012, n. 6 del 2012
e n. 25 del 2012
1. Al comma 32 dell’articolo 18 della legge regionale 30 giugno 2011, n. 12 (Disposizioni nei vari settori di intervento), sono apportate le seguenti modifiche:
a) le parole “in deroga alla normativa regionale e comunale, nei piani di lottizzazione e nei piani di zona” sono sostituite da: “nei piani attuativi assoggettati a convenzione”;
b) dopo le parole “così realizzate” sono aggiunte: “o da realizzare”;
c) le parole “che esse avvengano entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge” sono sostituite da: “ottemperate le disposizioni convenzionali. Tali disposizioni sono ritenute prevalenti rispetto agi strumenti attuativi in vigore a partire dal rilascio del relativo permesso di costruire o di denuncia di inizio attività. Per i piani attuativi già avviati o completati alla data di entrata in vigore della presente legge, si opera in deroga alle discipline previgenti.”.
2. All’articolo 21 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale), è aggiunto il seguente comma:
“2 bis. Le varianti urbanistiche che non incidono sul dimensionamento volumetrico del piano attuativo e non comportano modifiche al perimetro, agli indici di fabbricabilità ed alle dotazioni di spazi pubblici o ad uso pubblico, o costituiscano adeguamento alle previsioni di cui all’articolo 17 della legge n. 765 del 1967, sono approvate con un’unica deliberazione, salva ogni altra autorizzazione necessaria, inderogabilmente entro sessanta giorni dal loro deposito, dai rispettivi consigli comunali.”.
3. Salva la preventiva acquisizione delle autorizzazioni di cui agli articoli 21 e 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), gli interventi di restauro richiamati nella legislazione regionale vigente sono da intendersi anche quelli volti alla ricostruzione di edifici la cui preesistenza sia desumibile da cartografia storica, dal catasto o da specifico repertorio fotografico, anche se gli elementi fondamentali dell’edificio (muri perimetrali, solai e/o coperture) siano fisicamente venuti meno nel tempo.
4. Al comma 1 dell’articolo 1 della legge regionale 12 ottobre 2012, n. 20 (Norme di interpretazione autentica in materia di beni paesaggistici):
a) dopo le parole “norma fondamentale di riforma economico-sociale” sono soppresse le parole “di cui all’articolo 142”;
b) dopo le parole “e successive modifiche ed integrazioni,” sono soppresse le parole “ed in particolare in applicazione di quanto disposto alle lettere a) e b) di detto articolo,”;
c) le parole “alle zone umide” sono sostituite dalle parole “alle citate zone umide tipizzate e individuate ai sensi dell’articolo 134, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), come modificato dall’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio)”.
5. Il termine contenuto all’articolo 3, comma 33, della legge regionale 15 marzo 2012, n. 6 (legge finanziaria 2012), è rettificato al 31 dicembre 2011.
6. Fermo i divieti esistenti nelle aree a inedificabilità totale, gli impianti eolici di potenza complessiva inferiore o uguale a 60 KW non sono sottoposti ai limiti di localizzazione di cui al all’articolo 8, comma 2, della legge regionale 17 dicembre 2012, n. 25 (Disposizioni urgenti in materia di enti locali e settori diversi).
Art. 3
Entrata in vigore
1. La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURAS).

2 Commenti a “Il nuovo editto delle chiudende”

  1. angelo ruju scrive:

    Secondo me prima di scrivere e tuonare dai pulpiti bisogna informarsi. A parte che sono ormai in pochi che raccolgono la legna nei boschi o le ghiande per i maiali, faccio presente che su molti terreni anticamente a usi civici i comuni hanno costruito scuole, case popolari, zone industriali. Che cosa ne vogliamo fare? Mettiamo la legna sotto la sabbia e facciamo finta di niente?

  2. Stefano Deliperi scrive:

    Scrivo e parlo, inoltre denuncio, proprio perchè informato.
    A parte il fatto che il legnatico è essenziale tuttora per il riscaldamento delle case in molti Paesi dell’interno e il pascolo lo è per l’intero sistema agro-pastorale sardo, la soluzione, nel caso di reale mutamento irreversibile dei luoghi per l’avvenuta realizzazione incolpevole di case, scuole, ecc., è – come spiegato chiaramente in mille occasioni – il trasferimento dei diritti di uso civico su altre aree boschive/pascolative appartenenti al patrimonio comunale (art. 18 ter della legge regionale n. 12/1994 e s.m.i.).
    In questo modo, sarebbe mantenuto il valore ambientale ed economico-sociale del demanio civico e non sarebbero impoverite le collettività locali titolari dei diritti.
    La soluzione c’è già e non è quella vergognosa “rapina legislativa” messa in atto in silenzio, in piena estate.

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