Illusioni perdute anche in Sardegna

16 Luglio 2014
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Gianfranca Fois

Se noi italiani non fossimo agli ultimi posti come lettori potremmo leggere due romanzi di Josè Saramago, premio Nobel per la letteratura, che ci offrirebbero spunti per analisi e riflessioni sulla nostra situazione politica, e non solo, e forse ci spingerebbero ad atteggiamenti diversi, meno passivi e rinunciatari. I due romanzi, legati tra loro, sono Cecità e Saggio sulla lucidità e in essi lo scrittore portoghese affronta la situazione di difficoltà e crisi che attraversa la democrazia e il sistema rappresentativo nel mondo occidentale. Lo fa col suo solito modo arguto e abile che ti fa pensare, riflettere e capire, oltre che divertire. Mentre nel primo improvvisamente gli abitanti di una città senza nome vedono solo un biancore latteo che indica il male che c’è dentro di noi ma anche il male che ci circonda e sul quale siamo restii ad intervenire, nel secondo, in occasione delle elezioni, l’80% degli elettori vota scheda bianca, da qui le persone si comportano in modo libero e coeso seguendo principi etici e democratici che la cecità di quattro anni prima aveva scardinato. Contemporaneamente Saramago  ci svela i meccanismi nascosti del potere, dell’informazione, delle forze dell’ordine. Che cosa c’entra, si potrebbe obiettare, con la situazione della Sardegna?
Alle ultime elezioni regionali la metà circa dei Sardi non è andata a votare, percentuale presente in molti paesi occidentali ma decisamente alta per la Sardegna. La maggioranza dei votanti ha dato la sua fiducia a Francesco Pigliaru seppure con molte riserve. Purtroppo i fatti sembrano confermare le riserve.  Se ci soffermiamo infatti su settori importanti come il lavoro, la sanità, e l’istruzione ci rendiamo subito conto che non c’è, almeno per il momento, volontà reale di cambiamento, capacità di ideare e programmare interventi di ampio respiro che vadano incontro alle aspettative ma soprattutto ai bisogni dei Sardi.
Infatti di fronte a imprese, attività industriali e commerciali che chiudono la Regione non interviene. Le vie principali e, un tempo, commerciali delle nostre città, si stanno impoverendo, i negozi spariscono e vengono sostituiti da cartelli Vendesi o Affittasi. Mi è capitato in questi ultimi anni di recarmi spesso in Irlanda, un paese che attraversa una profonda crisi economica, eppure sono pochissime le attività commerciali chiuse. Di fatto né il governo Renzi, né la giunta Cappellacci, né sinora la giunta Pigliaru hanno mosso un dito per cercare di riordinare e salvare le attività imprenditoriali e commerciali, e i tanti posti di lavoro, con un piano di interventi che coinvolga negozianti, possessori di locali, associazioni di categoria, un piano non assistenzialistico e clientelare ma razionale e moderno. Si sta invece intervenendo sull’edilizia scolastica o dei comuni, a sentire però le  lamentele degli amministratori più accorti, si stanno in realtà perdendo fondi, dominano il pressapochismo e la scarsa trasparenza nell’assegnamento dei soldi pubblici.
Lo stesso discorso vale per la firma dell’accordo con il Qatar per l’ex S. Raffaele. La Regione Sardegna, che ha ereditato dalla precedente giunta Cappellacci un grande debito proprio nella Sanità, non ha ancora chiarito i termini dell’accordo, né quanto  verrà a costare ai Sardi non solo in termini monetari ma anche per la qualità della sanità pubblica, per il numero dei posti letto e la loro diffusione nel territorio. Sono solo alcuni esempi che fanno capire come il tanto decantato cambiamento che doveva essere avviato dalla nuova giunta sinora ha prodotto ben poco, così come a livello nazionale. Anzi i modi peggiori continuano a imperversare. E’ di questi giorni la notizia della nomina a responsabile della comunicazione della Fondazione Banco di Sardegna dell’ex presidente della Provincia di Cagliari Graziano Milia che ha così superato, tra le polemiche, numerosi giornalisti concorrenti.  In questo contesto però i cittadini non sono esenti da colpe, molti in varie forme, con maggiore o minore consapevolezza, sono complici di questa situazione, per cui è sicuramente più facile essere o comportarsi da “ciechi”  anziché chiedere conto ai propri governanti del loro operato e informarsi bene, nonostante le vistose pecche della nostra informazione, su quanto succede. Che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi scriveva William Shakespeare. Non avrebbe mai immaginato quanto fosse vero ai nostri tempi, soprattutto se riflettiamo che “idiota” deriva da una parola greca che significa: colui che non si occupa della cosa pubblica.

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