In memoria di Antonio Sini

15 Luglio 2023

[Graziano Pintori]

Il 22 luglio di sei anni fa veniva a mancare Antonio Sini, il poeta pastore della Barbagia nato a Sarule.

Sotto i miei occhi scorrono fogli con brevi frasi, poesie, pensieri scritti con la sua inconfondibile grafia, mentre gli spazi bianchi sono stati disegnati e colorati, come usano gli scolari, per dare più efficacia al senso dei messaggi. La memoria prende forma, emerge una piacevole tristezza e i sensi sono inondati dalla nostalgia: sento che mi manca la sua figura, il bel timbro di voce e il grande sorriso nel bianco dei denti.

Sprazzi di memoria: rifletto quanto per Antonio la vita sia stata, costantemente, una cosa molto seria. Egli, oltre a essere stato dotato di una speciale sensibilità, fu intellettualmente onesto, coraggioso, coerente, umile. La poesia di Antonio Sini, per citare Dedalo Montali, che scrisse la prefazione di uno dei suoi libri (1): “È soprattutto impegno sociale, denuncia, protesta: è dolore, amore sofferto per l’umanità defraudata del plusvalore, degradata a merce qualunque”. Che Antonio fosse anche un cittadino del mondo lo rimarca Arturo Filippi: “Non si dica che il nostro pastore è un poeta dallo spirito regionale e dal contenuto naturalistico isolano”.

Egli è andato ben oltre i nostri monti e le nostre coste, infatti, di lui hanno scritto tanti autorevoli letterati sardi e del continente su quotidiani e riviste specializzate; in diverse occasioni di lui s’interessò il cinema, il teatro e la Rai Tv. Alcune sue poesie sono contenute nell’opera teatrale “Su Connottu” di Romano Ruiu, con il quale Antonio condivise un’importante amicizia d’interesse culturale. Molte altre poesie sono state pubblicate su antologie e tradotte in tedesco, svedese, inglese, francese, russo, spagnolo, giapponese. Fu anche pittore e scultore, espose in svariati centri della Sardegna e del continente: a Torino nella Sala delle Colonne del Teatro Gobbetti, al Museo del Costume di Nuoro, di nuovo a Torino nella Galleria d’Arte Moderna, a Lecco nella Galleria Civica d’Arte.

Nel 1988 espose nella Maison d’Italie a Parigi, in quella circostanza lessi, traducendo dal francese: “È un militante dell’arte della poesia, della scultura, della pittura; cugino di Lorca, Neruda, Aragon. E’ un uomo timido e di umorismo: il cuore decide, la mano è sicura, lo sguardo è gentile e il suo canto è universale”.

Da giovane fu pastore nelle campagne di Sarule, un giorno qualsiasi “sa zustissia mala” s’interessò di lui accusandolo di rapina e tentato omicidio: un’infamia che gli costò sette anni di carcere. Assolto con formula piena, tornò libero, però non volle condividere la sorte consueta di tanti altri pastori, che dopo il carcere erano individuati come “ispinzu de giustiscia”. Ovverosia, come scrisse Antonio nel capolavoro di sagacità “Lettera al Giudice di Sorveglianza”: “S’ispinzau nove volte su dieci, quando succedono azioni delittuose nella zona in cui si trova, magari per poche ore, è arrestato. Perciò, pur piacendomi molto la campagna, cambiai mestiere: da pastore a fabbro”.

Fu una scelta frutto della sua emancipazione culturale, spirituale e artistica che conquistò nelle galere dell’Italia del dopoguerra, tra “assassini, ladri, prostitute, pederasti, innocenti, partigiani: chi vestito da cinghiale, chi da manicomio, chi da borghese”. Così, ricco anche di questa dolorosa esperienza umana, si fece conoscere dall’intellettualità sarda e nazionale; si presentò con la sua faccia libera, chiara, aperta: da sfida. Una faccia “cotta dal sole” direbbe Pasolini, una faccia proletaria, testimone di sofferenze e di lotte … una faccia da contropotere. Soprattutto le poesie rivelano che Antonio Sini fu un fine indagatore dell’animo umano, politicamente Gramsci fu la sua guida: uno strumento di conoscenza che gli permetteva di affondare, con estrema lucidità, le sue analisi politiche e sociologiche nel dedalo della società. Molte volte parlando degli uomini del potere, le sue critiche sociopolitiche divenivano penetranti fino alle viscere.

Amò profondamente la Sardegna, per Antonio fu il simbolo dell’umanità sfruttata, repressa, sottomessa. Di nuovo Dedalo Montali: “Gli ultimi invasori hanno fortificato la Costa Smeralda, hanno acceso le pipe avvelenanti del dio petrolio, hanno messo a punto le basi del sogno dei generali – pronte a scavare / baratri di paura e di morte. La Sardegna nel suo doloroso destino di terra invasa parla sempre, nelle pagine di Sini, in prima persona, ma si ribella anche in nome di tutta l’umanità violentata dal capitale”.

Antonio Sini lo ricordo con l’amicizia di sempre, rispetto e tanta nostalgia.

Antonio lasciò molte poesie inedite raccolte in vari opuscoli, di cui uno è in mio possesso dal titolo “A Occhi Chiusi”; presso la casa editrice Cairoli di Torino furono pubblicati tre libri di poesie: La Terra che non Ride – 1965 – Prefazione di Arturo Filippi; Oltre le Radici – 1968 – Prefazione di Ernesto Caballo; Il Fiore Impiccato – 1976 – Prefazione di Dedalo Montali

1 Commento a “In memoria di Antonio Sini”

  1. In memoria di Antonio Sini - hotdays scrive:

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