John Lennon, Giorgia Meloni e Toto Cutugno

25 Luglio 2020
[Ottavio Olita]

Il prossimo 8 dicembre ricorreranno 40 anni dall’assassinio di John Lennon; e l’anno venturo 50 anni dalla pubblicazione di ‘Imagine’. Non un missionario o un leader politico, John, ma un musicista che con la collaborazione dei suoi tre partners storici ha dato alla musica contemporanea un contributo pari a quelli che in passato hanno saputo dare alla musica Mozart, Beethoven, Bach.

Io ne sono sempre stato un fan appassionato, tanto che nel 2014 in un mio viaggio a Londra, scoprii in un quartiere periferico un murale dedicato a lui su un’intera parete di un edificio. Non mi feci sfuggire l’occasione (e feci bene perché purtroppo oggi quel murale non esiste più) e volli farmi fotografare accanto al suo faccione sorridente.

Fan, sempre senza ripensamenti dopo tanti anni, del musicista, ma non mi sono mai sognato di considerarlo un mio punto di riferimento ideologico. Così prima sono rimasto sbalordito, poi ho provato vergogna per un’esponente della politica italiana in costante crescita di consensi – secondo la diffusa malattia della sondaggite – come Giorgia Meloni che ha definito ‘mondialista’ e quindi inaccettabile, per lei, il testo di ‘Imagine’. E poi si è premurata di precisare che non vorrebbe che la figlia sentisse quel testo e che eventualemnte le farà conoscere solo la parte musicale che, bontà sua,  le piace.  Chissà se sa che Lennon ha composto partiture musicali ben più complesse di ‘Imagine’, come, ad esempio ‘Eleanor Rigbi’, ma non dotate della stessa dirompente forza

Ora, che una madre voglia privare la figlia del più meraviglioso sogno che si possa fare per il futuro dell’umanità – niente confini, niente guerre, grande fratellanza e condivisione, niente odi, non più fame e avidità, una vita in pace – affari suoi e di come vorrà far diventare la sua bambina. Quel che preoccupa è che questa stessa donna potrebbe diventare una governante del nostro Paese. Allora che farà? Che ne sarà dell’‘Inno alla Gioia’ di Beethoven diventato inno europeo, del jazz, della musica giamaicana, della fusion? Le boccerà perché non rispondono a criteri di ‘marcata e precisa identità’? Che ne sarà di ‘Bella ciao’, non più considerata una bandiera della lotta per la libertà dei popoli – in questi mesi cantata in mezzo mondo -ma ‘canzone comunista’. Io penso che potrebbe essere a rischio anche gran parte dell’arte e della letteratura. Come valuterà, ad esempio, ‘L’infinito’ di Leopardi? Il limite è sempre comunque il confine patrio, come si può pensare che si possa varcarlo?

Infine un consiglio. Credo che per Giorgia Meloni l’unica canzone carica della forte carica identitaria a lei tanto cara possa essere l’indimenticata canzone ‘L’italiano’ scritta e interpretata da Toto Cutugno nell’ormai lontano 1983.  Ma deve stare attenta. In quella canzone che era una rappresentazione in musica di un personaggio tipo, tante volte portato sugli schermi da Albrto Sordi, c’è un riferimento che assolutamente non potrebbe andarle a genio. Mi riferisco a quella parte della canzone che dice: ‘Un partigiano come presidente’. E non solo. Toto Cutugno era amatissimo nell’Unione Sovietica, tanto che più volte si esibì con l’orchestra e il coro dell’Armata Rossa. Come farà Giorgia’. Forse sarà costretta a rifugiarsi nel passato, nel famoso ventennio che produsse ‘Giovinezza’ o ‘La ninna nanna del Balilla’, ‘Faccetta nera’, ‘Addio mia piccola’ ‘Caro papà’, ‘Divina patria’ e tanti altri indimenticabili capolavori.

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