Solidarietà blindata

1 Dicembre 2007

FILO SPINATO
Marco Ligas

Si può parlare di iniziative tese a migliorare le relazioni tra paesi e al tempo stesso blindare una città per realizzare un incontro tra i ministri della difesa di questi stessi paesi? Ed è ragionevole parlare di integrazione tra le diverse popolazioni delegando ai ministri della difesa l’esame dei problemi connessi a questo processo? Evidentemente no perché la presenza dei ministri della difesa, per le funzioni che gli sono delegate e per le politiche ormai consolidate nei nostri paesi, evoca immediatamente misure di ordine pubblico e di limitazione, anche forzata, dei flussi migratori. Tutto ciò ha ben poco a che vedere con l’intento di promuovere l’amicizia tra popolazioni di culture diverse. Se l’obbiettivo dei governi fosse davvero l’integrazione sarebbe più opportuno un incontro tra ministri della solidarietà sociale; la loro partecipazione dovrebbe essere sempre garantita in un vertice di questa natura. Gli obbiettivi dell’incontro di dicembre a Cagliari dimostrano invece come siano demagogiche le aperture verso l’integrazione e come l’orientamento reale sia quello di contrastare in modo ancora più risoluto la presenza degli immigrati nei nostri territori.
Colpisce in questi incontri internazionali il sistema di prevenzione dell’ordine pubblico che viene predisposto. Migliaia di addetti alla tutela della sicurezza vengono impegnati in operazioni di controllo dei cittadini. L’organizzazione delle città viene in qualche modo modificata e molti cittadini sono sottoposti a limitazioni delle loro libertà. Si alimenta così un clima di tensione che modifica le abitudini di vita delle persone e al tempo stesso crea una diffidenza sull’efficacia e sulla credibilità di queste iniziative. Con questi preparativi, già prima che gli incontri siano avviati, si offre l’immagine di incontri poco comprensibili, probabilmente ritenuti inutili e destinati a non risolvere i problemi annunciati. E non può che essere così dal momento che la partecipazione dei cittadini è mantenuta accuratamente lontana dai luoghi delle decisioni. Verosimilmente alla diffidenza di tanti cittadini si accompagna la disapprovazione di altri per l’ambiguità delle informazioni che vengono date. Anche a Cagliari tutto si sta predisponendo secondo queste modalità: non ci vuole perciò un acume particolare per capire che l’obbiettivo del summit non sarà il consolidamento dell’amicizia tra i popoli che si affacciano sul Mediterraneo ma la repressione dei flussi migratori; di conseguenza è certa sin da ora una disapprovazione da parte di settori della popolazione che si esprimerà con manifestazioni di protesta.
C’è da chiedersi se sia proprio questo il modo più idoneo per promuovere l’avvicinamento dei popoli, l’amicizia e la solidarietà. Incontri di questa natura non dovrebbero forse essere accompagnati da manifestazioni festose che abbiano come protagonisti gruppi di cittadini appartenenti a paesi e culture diverse che si incontrano e scambiano le loro esperienze in un clima di serenità e di accettazione? Cosa c’entrano gli addetti alla sicurezza che vengono impegnati per la protezione dei ministri rinchiusi in alberghi trasformati per l’occasione in veri e propri bunker?
Con questa iniziativa l’ipotesi di fare della Sardegna un’isola di pace, punto di riferimento reale per i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, si allontana mentre si perpetua un ruolo della Regione funzionale o alle politiche militari della Nato o a quelle liberiste della globalizzazione. Intanto gli immigrati continueranno sicuramente ad arrivare ma la loro presenza, grazie anche alle misure coercitive che verranno assunte nel vertice di Cagliari, sarà sempre più controllata: la dimensione di questo fenomeno dipenderà esclusivamente dai bisogni del nostro sistema capitalistico e questa volta saranno gli emigrati ad essere usati come esercito di riserva ai fini del contenimento del costo del lavoro. Anche questa è un’altra perla dal nostro governo di centro sinistra.

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