La Costituzione nata dalla Leopolda

1 Luglio 2016
renzi-6753
Gian Luigi Deiana

Pubblichiamo il contributo di Gian Luigi Deiana, del comitato per il No nel referendum costituzionale di Ardauli (Or).

Il referendum di modifica della Costituzione presenta un singolare intreccio di questioni, pertinenti la forma, i contenuti e gli argomenti di propaganda. Trattandosi della Costituzione tutti questi fattori vanno esaminati uno ad uno al fine di aver chiara la risultante reale, che può essere una ragionevole e benefica modifica o una irragionevole e malefica mutazione.

La forma. La Costituzione italiana che usiamo qualificare come “nata dalla Resistenza” è posta a fondamento di una Repubblica Parlamentare, nella quale il Parlamento è concepito in senso bicamerale e rispondente al principio della rappresentanza proporzionale; essa prevede le forme cui devono attenersi eventuali modifiche, la prima delle quali impone che l’organo dello stato che elabora il progetto di riforma sia il Parlamento stesso, investito di questa funzione speciale appunto per la sua garanzia di rappresentanza integrale della sovranità popolare; il Governo non ha invece titolo all’esercizio di questa funzione. Ora noi ci troviamo invece con un progetto di modifica elaborato dal Governo (nella fattispecie un Governo sostenuto da una maggioranza parlamentare ad hoc, non legittimata dall’esito delle elezioni, e presieduto da un presidente del Consiglio non eletto); e ci troviamo con un Parlamento eletto con una legge elettorale maggioritaria dichiarata anticostituzionale dalla Suprema Corte, ed in particolare una legge elettorale con premio di coalizione rispondente se si vuole al rafforzamento della “governabilità”, ma non rispondente affatto alla funzione eccezionale di modifica della Costituzione. Il fatto che un tale Parlamento già di dubbia costituzionalità per la sua funzione ordinaria venga usato dal Governo per intervenire pesantemente sulla Costituzione stessa, saltando a piè pari il principio della rappresentanza proporzionale proprio della funzione costituente, e che ciò avvenga per di più con il ricorso al voto di fiducia, assomiglia all’affidamento dei contatti di un quadro elettrico alle mani di una scimmia: cioè, ne può venire fuori qualunque cosa. Qualunque cosa non è una modifica, è una mutazione, ed è una scommessa col fuoco.

I contenuti. L’analisi dei contenuti presenta un altro quadro altrettanto complicato virtualmente affidato alle mani di una scimmia. Non si tratta soltanto della parodia di una camera senatoria a base regionale comparsa per magia nel cilindro di un prestigiatore, e men che meno della truffaldina riduzione dei costi della politica; si tratta invece e senza dubbio di una riduzione della rappresentanza, che si aggiunge alla eliminazione di importanti organi rappresentativi intermedi e al trasferimento delle relative funzioni a prefetti, commissari del governo, soggetti privati, agenzie e manager. Una riduzione della rappresentanza non porta affatto a una riduzione dei costi, ma a una riduzione del controllo reciproco tra i poteri e quindi a una riduzione della mutualità delle funzioni: e questo, come la cronaca quotidiana dimostra, si traduce in un sistematico aumento della discrezionalità decisionale, dell’opacità amministrativa e della corruzione politica, quindi in un costante aumento dei costi reali della politica. La ragionevole e necessaria riduzione dei costi della politica esige un rafforzamento della moralità individuale e di ceto, esige che non siano i parlamentari a legiferare sui propri emolumenti e privilegi, ed esige un “dimezzamento” degli emolumenti propri della professione, cosa di cui si evita persino di parlare. Di qui l’aspetto più preoccupante riguarda l’ordinamento stesso dello Stato, che per poter corrispondere a una metamorfosi di tale portata nei gangli dell’amministrazione viene costretto esso stesso a una metamorfosi radicale nella sua struttura istituzionale: è per tale ragione che i contenuti tecnici della mutazione costituzionale vanno a connettersi in automatico con i contenuti tecnici della nuova legge elettorale e quindi con la sembianza del futuro parlamento. Di qui, l’artificio della maggioranza stabile (cioè una maggioranza relativa che diventa magicamente assoluta per il combinato di premio e di ballottaggio) renderà possibile al partito vincente, storicamente un partito del trenta per cento, di poter decidere praticamente da solo sulla nomina del Presidente della Repubblica, sulla composizione della Corte Costituzionale, sulla composizione del Consiglio Superiore della Magistratura ecc. A ben vedere, dentro la pelle della scimmia non è difficile vedere all’opera il genio insepolto di Licio Gelli.

La propaganda. La propaganda non fa semplicemente parte del gioco, essa “è” il gioco. Ma gli attori di prima scena, il presidente del Consiglio Renzi, l’ex Presidente della Repubblica Napolitano, la ministra delle riforme Boschi, non devono farci dimenticare di riflettere con attenzione su cosa vi sia “dietro” le quinte davanti alle quali essi si muovono, su quali interessi politici e sociali, quali lobby, quali oligarchie, quali dottrine ideologiche incompatibili con questa Carta nata nella Resistenza. L’arma retorica fondamentale di questa propaganda è il codice a barre impresso su ogni esponente del partito del premier selezionato per nomine o candidature, ovvero il disco delle “riforme che il paese aspetta da trent’anni”. Questa doppia contraffazione terminologica (riforme che il paese attende) oltre a richiamare sinistramente il programma di rinascita nazionale del gran maestro aleggiante appunto trent’anni fa, è oggi il principio conclamato di un credo narcisistico e di una vera e propria neolingua, traboccante dai canali di informazione governativi, in modi ignoti persino al grande padrone di televisioni e giornali in Italia. Non possiamo accettare una Costituzione ridotta alla stregua di una Leopolda. L’Europa intera è oggi esposta a rischi mortali a causa della protervia di classi dirigenti irresponsabili e di elites politiche postdemocratiche degenerate. Fermiamoli.

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