La farsa delle annessioni: oggi in Ucraina, ieri in Italia

29 Settembre 2022

(AP Photo)

[Francesco Casula]

Riceviamo e pubblichiamo un articolo firmato da Francesco Casula. L’opinione dell’autore è personale e non coincide con il pensiero della redazione (red)

Dopo una feroce guerra di aggressione con migliaia di morti e immani distruzioni, ecco la farsa dei referendum per annettere alla Federazione russa le quattro regioni dell’Ucraina (Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson), parzialmente occupate dall’esercito di Mosca e dalle forze separatiste filorusse. Con i funzionari russi andati casa per casa, accompagnati da soldati armati, per far votare le persone a domicilio. E vantarsi poi che più del 90% sono favorevoli all’annessione!

   Questa pantomima, tragica, mutatis mutandis mi ricorda fatti simili di annessioni in casa italica. Ad iniziare dal Regno delle due Sicilie. Le forze militari piemontesi, grazie alle sterline inglesi della massoneria, peraltro senza neppure dichiarare la guerra, invadono e conquistano manu militari il Sud: con stragi, stupri e stermini feroci ; con fucilazioni in massa e fosse comuni. La moglie di Emilio Lussu, Joyce Salvadori ci ricorda che in quella “conquista” morirono più persone che in tutte le guerre di indipendenza. Ma non si limitarono a uccidere o a incarcerare senza accusa, senza processo, senza condanne, grazie a ben otto stati d’assedio, ma depredarono, rubarono, svuotarono le ricche banche meridionali, le regge e i musei.

   E dopo il danno la beffa: il 21 ottobre 1860 fu il giorno dedicato al voto, al referendum per l’annessione del Regno delle due Sicilie. Lorenzo Del Boca (piemontese, saggista e per 11 anni Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti) scrive a questo proposito: ”Nei seggi vennero disposte due urne che contenevano, una, le schede per chi voleva rispondere «sì» e l’altra, quelle per il «no». Il cittadino, sotto gli occhi di tutti gli esagitati che affollavano i luoghi della consultazione, doveva farsi consegnare il certificato con la risposta e poi depositarla in una terza urna più grande che stava in mezzo alle altre due”.

   E’ lampante che in queste condizioni, la libertà di voto e la stessa segretezza, condizione indispensabile per verificare l’opinione pubblica, non potevano essere garantite. E comunque ci voleva coraggio per opporsi al nuovo corso votando «no». E infatti in Sicilia i «sì»  furono 430.000 e i  «no» 680.

  A Napoli il risultato fu addirittura più imponente: un milione e trecentomila «sì» e soltanto dieci mila «no». Da ricordare che al voto, anche se non avevano titolo vennero ammessi tutti i soldati dell’esercito destinati a tornare a casa loro al Nord.

 “E l’avessero fatto una volta sola – ricorda ancora Lorenzo del Boca – in realtà già che c’erano passarono per il seggio a ripetizione, deponendo due, tre, quattro schede, secondo i suggerimenti della fantasia. In compenso vennero esclusi tutti i borbonici raccolti sotto le bandiere gigliate che stavano oltre il Volturno, i cafoni che già stavano dando vita alle bande legittimiste e i soldati asserragliati nelle fortezze di Gaeta, Messina e Civitella” 2.

   Non andarono molto diversamente le annessioni nel Veneto che si tennero il 21 e il 22 ottobre del 1866, con risultati ugualmente scontati e plebiscitari: 641.757 «sì», 69 «no» e 366 «schede nulle»: “una percentuale davvero incredibile”3, scrive Gigi Di Fiore.

   Una percentuale ben superiore agli stessi referendum tenuti in Ucraina in questi giorni!

   Ed infine con le stesse modalità si terranno i “plebisciti” per l’annessione dello Stato pontificio, nell’Italia centrale. Anzi con più brogli e manomissione dei dati.

   Scrive ancora Gigi Di Fiore :”naturalmente proprio a Roma non si poteva rischiare una brutta figura con il plebiscito. Così i registri parrocchiali vennero sequestrati per fare da traccia alle liste elettorali. In molti casi si cancellarono dei nomi sostituendoli con altri. Tutte le mura della città furono invase da manifesti con un’unica scritta: «Sì, vogliamo l’annessione». In Via del Corso vennero distribuite solo schede con la scritta «sì», mentre un ingegnere francese, che aveva chiesto dove si trovassero le schede con il «no», fu fermato per un’ora dalla polizia…prima di votare bisognava mostrare «un biglietto di elettore», una specie di certificato elettorale. Ma nessuno pensava a ritirarlo e chiunque poteva votare più volte in diversi seggi. Cosa che avvenne puntualmente. Un giovane scultore belga dichiarò di aver votato ben ventidue volte…A Monte San Giovanni, dove erano iscritti solo una cinquantina di elettori, si contarono ben novecento voti a favore dell’annessione” 4.

   Stantibus sic rebus, ovvero stando così le cose, non dovrebbero sorprendere i risultati, comunicati il 7 ottobre del 1870, che tra Roma e le province furono questi: su 135.291 votanti i «sì» saranno133.681. E per dare l’impressione di una rigorosa regolarità formale, si inserirono nel computo finale 103 schede nulle e 1507 «no».

   E l’Italia “unita” è fatta. Con il consenso degli “Italiani”! E che consenso!

E con essa inizieranno, secondo la vulgata ufficiale, dura a morire “le magnifiche sorti e progressive”. E nessuna indignazione. Come succede invece oggi per la farsa in Ucraina. Due pesi e due misure.

   O no?

Note Bibliografiche

1.Lorenzo Del Boca, Savoia Boia: L’Italia unita come non ce l’hanno raccontata, Piemme, Milano 2018, pagine 214-215.

2.ibidem, pagina 215.

3.Gigi Di Fiore, Controstoria dell’Unità d’Italia – Fatti e misfatti del Risorgimento, BestBUR Rizzoli, Milano 2007, pagina 321.

4. Ibidem, pagine 360-361

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