La giustizia degli adulti per i minori

16 Febbraio 2015
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Giuliana Mura

Inizio  con una storia italiana, non me ne vogliano i miei amici giuristi: la riterrei meno favola dei nostri codici  e descrive perfettamente lo “stato dell’arte” Che nome gli mettero’ ? disse Geppetto tra  sé e sé- Lo voglio chiamare Pinocchio Questo nome gli porterà fortuna  Ho conosciuto una famiglia intera di Pinocchi: Pinocchio il padre, la madre e i ragazzi e tutti se la passavano bene. Il più ricco di loro chiedeva l’elemosina”. Vuole essere una affettuosa introduzione ad un  tema  assai snobbato invisibile a molti: e non capisco perché  riguardando  cio’ che vorrebbe essere a tutti piu’ caro ovvero i figli amici nipoti alunni fratelli. Si è svolto di recente nella Città di Sassari un convegno inerente la giustizia c.d. minorile con oggetto la Mediazione e Funzione Riparativa nel processo e che vede soggetti di minore età autori o vittima di reato. E’ stato organizzato dalle Camere Minorili, cui appartengo, uno dei tanti organismi multidisciplinari  che vede impegnate, a titolo gratuito, diverse figure operative del  settore (avvocati magistrati docenti educatori psicologi assistenti sociali  comunicatori e cittadini di varie età e belle speranze di crescere) per dare un significato e valore reale e realizzabile  alle prospettive di  legislazione  future e  presenti rimaste in parte – oso assi spesso –  inattuate. In primis per comprendere  quali conseguenze organizzative han avuto per i tribunali le legislazioni susseguitesi nello spazio temporale  come per esempio  la legge n.219/12. O documenti internazionali  come la Convenzione di New York  del 20/1/89, Convenzione dell’Aja del 29/5/89, Convenzione di Strasburgo  del 1996 per giungere alle Linee guida del Consiglio d’Europa 17/11/10. Tali normative auspicano, prevedono, disciplinano e chi più ne ha più ne metta,  regole minime per l’amministrazione della giustizia  minorile , per una giustizia a misura di bambino. Sempre in primis, secondo non è dato per la delicatezza dell’argomento, affinché sia fornito  un ruolo  centrale al minore in una giustizia e contesto sociale che lo vede invece in modo incompleto subalterno, scordando il fatto che egli E’ nel presente ed Immagine nel  futuro. Civiltà e storie inappagate? Come disse anni fa un molto  giovane  Fidel, di professione Avvocato prima d’esser costretto all’esilio  e passar ad altre carriere “La Storia mi darà ragione”. Ma questa è proprio un altro tipo di Storia, di quelle che si costruiscono da loro, i popoli, risolvendo, per resistere alle oppressioni,  decidendo i conflitti in modo cruento ma consapevole,  già dai primi anni d’età. Così mettiamo in chiaro come la penso se le formalità della espressione tecnico giuridica avessero in passato creato qualche equivoco. Mi assumo la responsabilità personale di quanto scrivo come i peggiori idealisti e sognatori  dell’era  medioevale.

Tornando al merito dell’incontro  la mediazione e riparazione introdotta nel rito pone vari quesiti: che spazio ha, nei procedimenti  che li riguardano,  l’ascolto  del minore, con quali modalità viene eseguito? Specificatamente che valore assumono le opinioni espresse in tale sede. La mediazione ha valore di incontro? La  riparazione ha valore formativo,è diretta,indiretta, ha valore precipuamente  supplementare, sostitutiva, complementare?  Quale consapevolezza e centralità ha il minore,  la famiglia , quale funzione in una prospettiva  che assume sapore di cambiamento epocale  ha o avrebbe il difensore, il giudice, l’educatore, l’assistente,  le varie parti, attori convenuti, rei o persone offese,  che nei dibattimenti   non sono che gli interpreti,  nel teatro formale delle norme giuridiche , di questa nostra società di “conflitti irrisolti”. Ritornando al Fidel : di conflitti irrisolvibili rebus sic stantibus.  Gli  aspetti processuali  con soggetti  minori vengono  diffusi  morbosamente e a mio parere indiscretamente  inadeguatamente dai media che creano “mostri” sbattuti in prima pagina anziché cultura della comprensione.

Si ritorna al discorso spesso affrontato sul significato delle regole cristallizzate in norme, sull’interiorizzazione delle stesse da parte dei cittadini di ogni età genere razza e natura: perché i minorenni sono soggetti di diritti e doveri, quando li conoscono, questi semisconosciuti- i diritti e doveri –   per lettura,  educazione e  esempi  concreti di vita quotidiana da parte d’ adulti che  –  ne lascian la scia- per citare un proverbio popolare – come io lascio la firma mia– Ci si stupirà nello scoprire che l’ascolto del minore è un diritto, nel processo , oltre il processo e/o  nei conflitti o unioni  e mediazioni di ogni giorno. Putacaso  con la stessa dignità dell’adulto, genitore, educatore, simile, dissimile, amico od estraneo. Un cittadino che vive con gruppo di persone che s’ha voluto dare secoli orsono  qualche regola per sopravvivere in un territorio.  L’ascolto, dunque è un diritto del minore e non può essere limitato ad obbligo a suo carico. Lo scenario normativo è incentrato sull’istanza di protezione del minore ma anche affermazione e realizzazione dei suoi diritti azionabili, così  prevede la Convenzione di Strasburgo. Ma si deve averne la capacità di discernimento. Il diritto ad essere informato. Formato in maniera uguale per tutti secondo la Costituzione della Repubblica Italiana: l’abbiamo presente? Il “nostro piccolo caro Angelo ” che d’un tratto non riconosciamo più’ come tale può partecipare alla sua tutela  attraverso un interlocutore  che lo ascolta offrendogli la possibilità di esprimere emozioni, manifestare desideri in relazione alla vicenda che lo riguarda. Di assumersi viceversa, la responsabilità, il peso, l’onere dell’atto offensivo che si compie  nei confronti di altra persona o di un bene privato o pubblico. Si chiamano Regole. Anche nell’atto di offesa che si compie nei confronti della propria dignità e libertà di persona. Vedasi i casi in allarmante aumento di autolesionismi o  tentati e conclusi suicidi tra  gli adolescenti. Mediare, incontrare, riparare  è ancora prima Sentire: per esempio  il Dolore  nella persona che ha offeso e   di colui che si è offeso  prima di pensare che nella riparazione con un risarcimento meramente economico si  sia  assolti da ogni futura responsabilità per ri – appartenere pienamente ad una società d’adulti dove il valore della persona si misura vieppiù a suon di soldoni. O che  per riparare  sia sufficiente la  confessione  ecauristica  sacramentale liberati dal “male “ con  tre “Avemarie e Duepaternostri”  per cogliere l’occasione del perdono giudiziale poco giudizioso. Quelli a miei tempi si chiamavano  esorcismi non soluzioni giudiziarie consapevoli .

 Prendiamo atto  che non apparteniamo da lustri alla letteratura e pedagogia del Maestro Perboni. Non abbiano davanti piccoli patrioti padovani, piccole vedette lombarde e tanto meno tamburini sardi. Le “maestrine “ se ancora resistono, le penne rosse non le lasciano come vezzo sopra i capellini ma  le usano intelligentemente per scrivere e comunicare  a uomini e  donne che si spera crescano  con pari opportunità ( seppure molti loro colleghi in fondo in fondo vorrebbero diversamente altrimenti non si spiegano le tante violenze tra vari   sessi) Ed il malvagio “Franti”  con il suo riso sarcastico  non rappresenta la sovversione dell’ordine sociale vigente.  Proviamo a   fornire una chiave di lettura meno “Deamicisiana”  ai termini “mediazione/ riparazione” usati nella normativa vigente.  Ripensiamo art. 27 della Costituzione  “Le pene  non possono consistere in trattamenti  contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” Quale umanità e quale rieducazione noi vogliamo. Quanto investiamo di risorse per giungere insieme a questo obiettivo di civiltà. Attendiamo che sia a spiegarlo nelle Reti Pubbliche il buon (e caro)   Benigni Roberto o vogliamo parlarne  tra noi anche prima? Si sa, l’ “Itaglia”  è il Paese delle Deleghe  non ad Honorem ma per comodità e furbizia. La partecipazione,  l’etica non pagano, sono faticose. A costo di  delegare  le nostre Storie a Legislatori ed Esecutivi poco credibili e che ci rimandano  più all’ “Omino  di Burro”del Collodi che al “Gatto ed alla Volpe”.  Quest’ultimi da felini e canidi  le intenzioni le tradivano  chiare già dall’aspetto a tutti. Tranne  davanti  all’innocenza del piccolo Pinocchio cresciuto forzatamente come bambino in carne ed ossa dissimile  dalla sua dignitosa e lodevole figura di  burattino tra  famiglie pur misere tra i miseri  private  di  scelte : “umanità “ di società impositive delle solite classi dominanti che si riciclano con termini e significati diversi. Ma con il solito risultato. E  non c’e’ bisogno di quel rompipalle del Grillo Parlante di turno  che tutte le sere nei talk – show  a nostre spese viene ascoltato nella programmazione televisiva per capirlo.

 Riproviamo ad essere più fortunati: riprendiamo a “raccontare” la sera ai nostri cuccioli.  Se proprio  vogliamo  essere esterofili oltre al Collodi un bell’”Oliver Twist”, uno dei primi romanzi  sociali, una rappresentazione  anti – romantica e meno borghese,  ipocrita   della vita dei c.d. delinquenti e poveri. Vicende di lavoro minorile, criminalità urbana e intrinseca ipocrisia di  cultura vittoriana. Poi da grandi  forse leggeranno  del Dickens le “Le due Città  “ ed anche la Costituzione e  il Vangelo.  O addirittura  K. Marx, voglio esagerare. Per un concetto equidistante di mediazione, riparazione formazione, conoscenza  ed equa distribuzione di risorse : vedi mai che  si possano risolvere più  adeguatamente alcuni conflitti sociali? Insieme all’”Orzoro “ con il latte la mattina a colazione e prima di arrivare alle  aule giudiziarie dei tribunali di vario ordine e grado.

Immagine Sergio Cavallerin

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