La legge statutaria

30 Aprile 2007

Andrea Pubusa

Soprattutto per le leggi costituzionali o ordinamentali le modalità di approvazione sono già di per sé l’indice del suo contenuto. Così le carte costituzionali approvate da Assemblee costituenti elette a suffragio universale hanno solitamente carattere democratico, mentre quelle concesse o frutto di organismi ristretti o di procedure affrettate contengono discipline accentratrici o restrittive del principio democratico.
Ora, già sotto questo profilo la legge statutaria sarda suscita dubbi ed interrogativi. Perché è stata approvata in Consiglio regionale a tappe forzate? Perché posta in discussione, per volontà del Presidente, prima della legge finanziaria? Forse perché l’approvazione non tempestiva di quest’ultima importa lo scioglimento dell’Assemblea regionale? E così un testo centrale dell’ordinamento sardo anziché essere frutto di un’ampia consultazione democratica, di assemblee popolari, della discussione in seno alle Università e nell’intellettualità sarda, è stata approvata sotto il pungolo di un ringhiante e minaccioso Capo dell’esecutivo.
Non deve dunque sorprendere se questa legge statutaria introduce nella Regione Sardegna una monocrazia, con un dominus della maggioranza e del Consiglio regionale, attraverso la mancata previsione della sfiducia costruttiva a fronte del potere del presidente di scioglimento in qualunque momento il Consiglio mediante le sue dimissioni.

Il fastidio verso la partecipazione popolare emerge poi ancor più chiaramente con l’aggravio delle firme per i referendum abrogativi (dagli attuali 10.000 a 15.000, ma ne erano previsti addirittura 50.000 nel testo della Commissione consiliare) e per l’iniziativa legislativa popolare (da 10.000 a 15.000, mentre il testo originario ne richiedeva ben 30.000). Restrizioni del tutto immotivate, posto che nessuna legge regionale è stata finora abrogata o approvata su iniziativa popolare. Insomma, mentre a livello planetario, le forze progressiste sono impegnate a trovare soluzioni in senso partecipativo all’attuale crisi democratica, il centrosinistra sardo va nella direzione opposta, verso l’accentramento dei poteri e la limitazione della partecipazione diretta, in sostanziale sintonia con le posizioni istituzionali dei neocons.
Un altro aspetto molto trascurato ma grave è la disciplina sul conflitto d’interessi, che riguarda direttamente il Presidente Soru, l’imprenditore più importante e l’uomo più ricco della Sardegna con enormi interessi che direttamente o indirettamente investono tutti i settori di competenza regionale. La legge statutaria prevede l’astensione del Presidente o degli assessori quando la giunta delibera su questioni che interessano le loro aziende. Una disciplina ottocentesca e inadeguata se si tiene conto che per le società per azioni, dove il conflitto investe interessi privati, gli amministratori hanno l’obbligo non solo di astenersi, ma di denunciare l’entità del conflitto, onde consentire una verifica sulla consonanza o meno del contenuto della delibera adottata con l’interesse dell’Amministratore. Analogamente, è del tutto insufficiente la disciplina che impone al Presidente di cedere la gestione delle proprie aziende ad una persona distinta. Anche qui per le società per azioni è del tutto vietata, a scanso del reato di inside trading, l’interlocuzione fra gli amministratori e soggetti esterni. Questi, se la società è quotata in borsa, potranno avere solo le comunicazioni disposte a favore di tutti i soggetti del mercato. La legge statutaria ammette invece che per le questioni di grande rilevanza il fiduciario del Presidente (o dell’assessore) possa consultarlo e chiedere consiglio, mettendolo così in condizione di determinare le decisioni fondamentali della società.
Ma c’è di più e di peggio: le società del Presidente possono partecipare alle gare della Regione, con le clausole del bando fissate da lui, la Commissione di gara nominata da lui e l’aggiudicazione decisa da lui. E la par condicio, principio fondamentale delle gare? Se si tiene conto delle recenti vicende su cui indaga la magistratura (nelle quali quantomeno sono implicate evidenti questioni di opportunità e di correttezza) questa disciplina è veramente inquietante. Mostra che il berlusconismo oramai ha sfondato ben al di là del centrodestra anche su questioni nelle quali anche un tenue spirito liberale conduce a risultati del tutto opposti. L’idea che sta al fondo è che il padrone mantiene le sue pretese monocratiche non solo nell’azienda ma anche – se è un politico – nell’esercizio dei poteri istituzionali. E che il suo interesse imprenditoriale non cede e non viene posposto neppure di fronte all’interesse pubblico.
Ora, la partita può essere riaperta solo col referendum confermativo previsto per la legge statutaria, anche se la battaglia è difficilissima, posto che anche rifondazione comunista e i comunisti italiani hanno votato a favore e solo in pochi hanno votato contro. Tuttavia bisogna provarci. Ci sono molti temi da sollevare. Ad esempio, lanciare la tematica della democrazia partecipativa o deliberativa, che ampli le opportunità di intervento diretto degli elettori nelle decisioni pubbliche; ancora chiedere una regolamentazione sui partiti, partendo dalla questione del finanziamento regionali dei gruppi consiliari. La rivitalizzazione dei partiti può essere tentata solo democratizzandoli. Come da tante parti si va proponendo, occorrerebbe una legge che preveda un ordinamento interno democratico, con garanzie anche giurisdizionali per assicurarne il rispetto. Le primarie per Prodi dimostrano che gli elettori partecipano volentieri se possono decidere.
Insomma, alle soluzioni trasfuse nella legge statutaria approvata dal Consiglio regionale se ne possono contrapporre tante altre, capaci di garantire insieme governabilità, ruolo delle assemblee e partecipazione dei cittadini. Certo, è una strada più difficile, ma la difesa e il rafforzamento degli spazi democratici (che significa coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni politiche) val bene un lavoro più paziente e partecipato.

scarica il testo della legge statutaria della Sardegna

Andrea Pubusa

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