La morte dell’istruzione in Sardegna

1 Settembre 2009

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Pierluigi Carta

“Non verrà licenziato nessuno”, affermazione della ministra Gelmini formalmente vera ma sostanzialmente falsa. E’ ciò che sostiene Peppino Loddo, segretario regionale della Flc Cgil durante la conferenza stampa del 31 agosto per chiosare l’illustrazione della situazione del sistema scolastico e formativo della Sardegna, pienamente coinvolta nel taglia e cuci ministeriale. La scuola Sarda dovrà affrontare il problema delle immissioni di ruolo, dell’edilizia e delle supplenze. I dati ministeriali evidenziano costantemente che gli alunni isolani non studiano, sempre tralasciando lo sfacelo finanziario e strutturale in cui versa l’apparato dell’istruzione indigeno. Durante la suddetta conferenza, Loddo ha evidenziato i risultati che il ridimensionamento della rete scolastica procurerà sul tessuto sociale e sull’economia. Sono a rischio di chiusura 300 edifici scolastici considerati semivuoti su un totale di 1631, 225 autonomie scolastiche su 426 – perché di utenza inferiore a 500 alunni – 37 autonomie sono già state eliminate e altre 80 saranno cancellate a breve. Il personale dirigente e docente, tecnico e amministrativo verrà ridotto di 2448 posti rispetto all’anno scorso; senza contare che dal 1999 a oggi si è già perso il 20% dei docenti e il 23% del personale ATA. L’accordo Baire-Gelmini risulta essere svantaggioso per la Sardegna, in quanto oltre ad aver applicato a freddo i tagli sulla carne viva del sistema scolastico, ha prodotto ridimensionamenti superiori rispetto alle direttive ministeriali: sono stati immessi 121 posti in meno su 22.004, stanziandone solamente 21.883. In questo caso l’attore assente è l’Assessorato Regionale della Pubblica Istruzione, che nella figura di Baire ha prodotto uno dei cinque accordi con le regioni (Puglia, Campania, Sicilia, Abruzzo e Sardegna). L’U.S.R si è arrogato il diritto di fare in organico più tagli di quelli previsti dal M.I.U.R. -2248 posti – nelle scuole elementari ha tagliato ulteriori 105 posti, restituiti dal M.I.U.R. e non recuperati nell’organico; nelle medie ne sono stati sottratti 77, recuperando però 37 posti in più nelle superiori. Per il sostegno sono state utilizzate solo 442 delle 490 delle deroghe previste, attivando 2421 posti per circa 4400 alunni disabili. Per l’Assessore Baire questa controriforma è resa necessaria dalla diminuzione degli alunni nell’isola; questa convinzione però risulta incoerente dato che i tagli applicati alle scuole secondarie hanno prodotto una saturazione delle cattedre a 18 ore e reso obbligatoria la costituzione di molte altre cattedre con un orario superiore, in aperta violazione alla normativa con due vittime sulla coscienza: la qualità dell’insegnamento e un’enorme dispersione scolastica. La pessima qualità degli studenti sardi è ravvisabile anche nell’alto tasso di abbandono scolastico: il 22% dei giovani tra i 18 e i 24 anni hanno solo la licenza media, il tasso di dispersione dei ragazzi tra i 15 e i 18 anni è del 18%, mentre in campo nazionale è del 16,4%. C’è chi riconnette questi effetti all’indigenza architettonica della scuola sarda: il 62,9% degli edifici scolastici isolani necessita di interventi urgenti. Del resto noi sardi deteniamo il primato negativo di investimenti nel settore. Si preannuncia un classico autunno di protesta, più tiepido che caldo considerando l’esiguità del margine di speranza attiva lasciato dalle direttive ministeriali.

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