La morte gentile: dal testamento biologico all’eutanasia

23 Maggio 2019
[red]

Venerdì 24 maggio alle ore 18:00 al Fuaiè del Teatro Massimo a Cagliari si svolgerà un nuovo appuntamento della rassegna di letteratura sociale Storie in Trasformazione 2019, “le vie della gentilezza” dal titolo “La morte gentile: dal testamento biologico all’eutanasia”. Interverranno il Professor Gianluigi Gessa, farmacologo; Don Ettore Cannavera, fondatore della comunità La Collina e Marinella Maucioni, dell’associazione Walter Piludu. Coordinerà il dibattito Massimo Dadea, medico e scrittore. Letture poetiche a cura della poetessa Alessandra Fanti. Storie in Trasformazione vuole aprire un confronto tra persone e associazioni sensibili al rispetto dei diritti sul tema del fine vita. Confronto che metterà in luce l’impegno al fianco di chi si batte per garantire la vita migliore e più lunga possibile a tutti gli individui, anche a quelli affetti da disabilità gravissime.  Fine vita significa risparmiare ai pazienti terminali, privi di qualsiasi aspettativa di miglioramento, sofferenze inutili e crudeli e dare l’opportunità a chi lo chiede di porre termine ad esse evitando accanimento terapeutico e prolungamento artificiale della vita.

Si parlerà delle norme attuali che garantiscono tutela alle persone non autonome e non più capaci, soggette finora alla volontà dei medici a partire dall’esperienza di Walter Piludu che ha contribuito a riconoscere al paziente il diritto a non essere curato, e la legge ha messo nero su bianco questo diritto, la legge 219 e le sue linee guida. La legge 219 è stata approvata dal Parlamento italiano nel dicembre 2017 (ed è entrata in vigore il 31 gennaio 2018) regolando il testamento biologico e il consenso informato in tutte le sue implicazioni, e riconoscendo il diritto alla sedazione palliativa profonda per i pazienti terminali e introduce la possibilità di dare disposizioni anticipate di trattamento vincolanti per il medico. Per l’associazione Walter Piludu la legge approvata fornisce una risposta parziale alle questioni del fine vita poiché alcune vicende restano assoggettate a norme del codice penale del 1930 che si stanno rivelando inadeguate a fronteggiare i bisogni attuali di chi vive drammatiche situazioni di sofferenza. Per le attiviste e gli attivisti dell’associazione occorre avviare una riflessione sulle libertà individuali nelle fasi finali dell’esistenza, occorre iniziare a parlare anche di eutanasia assegnando al termine il suo corretto significato.

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