La scuola al tempo del Coronavirus

1 Aprile 2020

(ANSA/Alessandro Di Marco)

[Amedeo Spagnuolo]

C’era un mio carissimo amico e collega, purtroppo non lo vedo da molto, che quando si presentavano periodi problematici o momenti molto difficili usava citare i latini mala tempora currunt.

Allora mi sembrava un’esagerazione scomodare gli antichi per mettere in risalto un momento certamente complesso della nostra vita, ma comunque risolvibile. In questi giorni bui e cupi, pieni di sconcerto e dolore mi è tornato in mente quel detto latino e ho pensato che quando il mio amico lo pronunciava, in realtà, ma questa è una mia supposizione, lo faceva a mo’ di presagio, come se sentisse che qualcosa di terribile stesse per fare la sua comparsa.

Ed eccoci ai nostri giorni con tempi bui e terribili che continuano la loro inesorabile corsa e con questo Coronavirus che impazza in tutto il mondo, mala tempora currunt, appunto. Su quasi tutti i giornali si usano metafore e terminologie prese in prestito dalla dimensione bellica, ma mai come in questo momento mi sembra che le enunciazioni retoriche e le esagerazioni giornalistiche non siano moltissime, si perché davanti a noi abbiamo veramente una prima linea, una sorta di trincea presidiata da guerrieri dotati di un incredibile coraggio, mi riferisco a medici e infermieri, molti dei quali sprovvisti anche delle dotazioni necessarie per affrontare il pericolo.

Essi continuano, qui lo possiamo dire senza paura di essere accusati di vuota retorica militaresca, continuano dicevo ad affrontare il nemico “sprezzanti del pericolo”. Ma di questi eroi dei nostri giorni ne stanno parlando giustamente e ampiamente esperti e giornalisti molto autorevoli. In questo articolo voglio invece parlare di quella che pur non essendo la “seconda linea” in questa guerra, sicuramente è l’altro pilastro, insieme alla sanità che fa di una comunità di persone, una nazione civile.

Mi riferisco ovviamente alla scuola e a quello che sta succedendo da quando saggiamente sono state interrotte le lezioni per l’emergenza Coronavirus. Essendo io un insegnante, posso testimoniare che nelle scuole italiane i docenti e gli alunni stanno dando una dimostrazione di tenacia e senso civico che credo, soprattutto nella cosiddetta società civile, veramente in pochi si sarebbero aspettati.

Certo nulla di paragonabile al lavoro di medici e infermieri ma comunque qualcosa d’importante come, ad esempio, quello di non abbandonare all’ansia e purtroppo, in non pochi casi, all’angoscia, migliaia di bambini e adolescenti bisognosi del conforto e della vicinanza dei loro insegnanti, tutto ciò reso possibile dalle nuove tecnologie informatiche al punto che la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina in una lettera aperta si è spinta fino al punto di affermare che i nostri alunni, in alcuni messaggi a lei inviati, hanno definito noi docenti “Scudi di quiete nella tempesta che infuria” e ha concluso la lettera citando Henry Brooks Adams, a quel punto non ho potuto fare a meno di “sentirmi mancare” per la commozione: “Un buon insegnante colpisce per l’eternità; non può mai dire dove la sua influenza si ferma”. Tutto molto bello, anche io credo che un buon insegnante assuma un ruolo fondamentale nella crescita individuale di un bambino prima e di un adolescente dopo, ma detto questo non posso non definire una serie di corbellerie tutti gli pseudo provvedimenti presi finora dalla nostra ministra, ma andiamo per ordine.

Partiamo da un punto essenziale, nei vari DPCM non è mai stato affermato che la Didattica a Distanza sia un obbligo al quale i docenti e gli alunni devono attenersi, per il semplice fatto che le norme legislative attuali non lo prevedono. Invece in molte scuole, spinti dall’irresponsabilità ministeriale sta accadendo di tutto, nel senso che in molti casi si stanno accumulando tutta una serie di attività a distanza che tengono adolescenti, ma anche bambini, vicino ai monitor anche per 5 ore, tempi assurdi e vietati dalla legge per chiunque lavori con videoterminali figuriamoci per i nostri studenti.

Tenendo conto della normativa vigente durante la sospensione delle attività didattiche non esiste alcun obbligo per gli insegnanti relativo allo svolgimento di attività a distanza, qualche dirigente scolastico piuttosto folle pare che abbia preteso dai docenti della sua scuola che svolgessero online le 18 ore di lezione settimanali sviluppate normalmente a scuola.

La questione privacy poi è letteralmente in uno stato di “sospensione” tenendo conto che le piattaforme digitali in uso sono gestite da società private e su di esse sta circolando una quantità di dati personali impressionante soprattutto se pensiamo agli alunni minorenni. Questo per dire ai colleghi che qualunque problema di violazione della privacy ricadrebbe direttamente sui docenti con conseguenze economiche e legali di non poco conto. Questi sono solo alcuni elementi d’illegittimità presenti nel delirio digitale dilagante del ministero dell’istruzione.

Per quanto mi riguarda, essendoci possibilità fondate che a scuola non si riuscirà a tornare per un tempo utile a realizzare valutazioni in presenza, si dovrebbe pensare a una forma di sanatoria (ci tengo a precisare che anche con una sanatoria il docente attento, mi riferisco soprattutto alla scuola secondaria, riesce comunque a valorizzare chi si è impegnato di più) a causa dell’eccezionale situazione di emergenza nella quale ci troviamo e organizzare, sempre tenendo conto dello sviluppo dell’emergenza sanitaria, gli esami di terza media e dell’ultimo anno della secondaria di II grado. Le piattaforme digitali, invece, andrebbero soprattutto usate per aiutare noi e i nostri alunni a superare questo terribile momento con incontri di socializzazione su temi liberi o decisi preventivamente oppure semplicemente per sentirsi meno soli.

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