La voce del padrone

1 Agosto 2009

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Mario Cubeddu

Il giornalismo quotidiano ha aspetti politici e culturali ed importanti risvolti economici. Nella nostra società fornisce anche un fondamentale servizio pubblico. Per questo i giornali ricevono dallo Stato soldi in quantità notevoli. Il giornalismo dei quotidiani è il giornalismo per eccellenza, il nutrimento di ogni giorno della mente e dell’immaginario di miliardi di uomini. E’ paragonabile per diffusione ed efficacia solo alla comunicazione che passa attraverso la televisione. Ma vogliamo qui soffermarci sulla comunicazione a stampa, la pagina che contiene fatti raccontati e considerazioni sui più vari argomenti, dal costume alla produzione culturale, dai fatti ricorrenti alle vicende eccezionali, dalla registrazione dei decessi alle scoperte scientifiche. Strano lavoro quello del giornalista. In Italia esso è consacrato dall’esistenza di un Ordine dei giornalisti, le cui basi sono state poste dal fascismo negli anni Venti in funzione di una “serrata” che doveva passare al vaglio, ed escludere, le teste e le penne non abbastanza fedeli al Regime. Un Ordine formalizzato nell’Italia repubblicana, che esiste solo in Italia. Pensare che per scrivere il resoconto di un incidente stradale, o raccontare il discorso di un leader politico, sia necessario far parte di un Ordine è come dire che per camminare per strada, o respirare, occorre un permesso del Comune. La situazione è talmente paradossale che i professori di Liceo che insegnano ai loro studenti come scrivere un articolo di giornale non possono essere titolari di un’attività giornalistica. E dire che nei tempi pionieristici del primo diffondersi della stampa quotidiana, quelli raccontati da Charles Dickens per esempio, a fare i giornalisti erano i giovani che per varie ragioni non riuscivano a portare avanti e concludere un decente curriculum scolastico. Ma dove c’è potere, prima o poi, arriva anche la consacrazione sociale e culturale. La funzione della stampa è estremamente delicata e importante. Questo è un argomento usato da chi difende l’esistenza di una selezione rigida nel mestiere del giornalista. La nostra libertà dipende molto dalla possibilità di farci un’opinione sulle persone e sui fatti della nostra società in base alle informazioni che riceviamo. A seconda della loro ricchezza e completezza. Infatti chi ha un potere di dubbia origine e di cui non vuole rendere conto tende a diventare invisibile ai mezzi di comunicazione. Talvolta i veri potenti sono coloro che riescono a non far parlare di sé. Un giornalista sardo ricordava il giorno in cui negli anni Sessanta un dirigente della petrolchimica, che esprimeva la nuova proprietà della “Nuova Sardegna”, e poi anche dell’”Unione Sarda”, convocò i “suoi” giornalisti per intimare loro il silenzio assoluto su di lui e le sue attività economiche. Non si doveva parlare dell’azienda né in bene né in male. I sovrani vivono nella sfera dell’indicibile e dell’intoccabile. Nell’attuale crisi italiana, nella situazione gravissima in cui si trova la Sardegna, la questione della libertà e completezza dell’informazione ha un posto centrale. Solo pochi giornali e poche reti televisive hanno informato gli italiani sui comportamenti scandalosi di un Presidente del Consiglio di cui parla tutto il mondo. Vi sono poi le tattiche di disinformazione: ignorare i fatti, presentarli in modo deformato, introdurli nel discorso surrettiziamente attraverso un attacco a quei pochi quotidiani, La Repubblica, il Manifesto, L’Unità, che stanno affrontando grossi rischi per difendere una propria idea di giornalismo dignitoso. Gianni Riotta, che non ha certo brillato nella conduzione del TG1, a proposito dei comportamenti di Berlusconi scrive, nel Sole 24 ore di domenica 26 luglio, di rifiutare l’immagine “grottesca che i suoi nemici tratteggiano” di lui. Si candida evidentemente a dirigere una rete, o la Rai tutta intera, da uomo “di sinistra” equilibrato, propugnatore di “una cornice di dialogo” tra le forze politiche. La stampa in Sardegna si trova a sua volta in condizioni di vera emergenza democratica. Si fa propaganda spudorata a una parte e si dileggia l’altra. Senza che questo provochi le reazioni che la situazione meriterebbe da parte dei vari settori della vita culturale isolana. Rinunciando inoltre a informare in maniera esauriente su ciò che accade nell’isola. Giornali che hanno ormai da decenni corrispondenti fissi in Costa Smeralda avranno pur subodorato qualcosa di quello che succedeva a Villa Certosa. Così come certamente gli stessi giornali sanno molto più di quanto dicano ai lettori sugli affari che si fanno sulle coste. I privilegi di cui la categoria gode possono essere giustificati in relazione ai rischi cui può andare incontro chi si batte per la verità. Poco o niente di questo accade in Sardegna. Che non ha una delinquenza organizzata, o almeno non ne ha una cui i giornalisti sardi si siano avvicinati tanto da correre qualche rischio, o pericolo. E’ più facile che siano vicini ai politici; al punto che non è raro il passaggio dall’attività giornalistica alla candidatura, generalmente premiata dall’elezione ad una carica pubblica prestigiosa. Ogni personaggio che volesse fare affari in Sardegna, da Ferruccio Sorcinelli a Flavio Carboni, si è preoccupato di controllare i quotidiani sardi. Perché i sardi leggono, si informano. E quindi per mantenere il potere occorre tenere la stampa sotto stretto controllo. Qualche anno fa i giornalisti di un quotidiano sardo organizzarono la guerra contro un loro direttore che violava più di una regola, deontologica e no. Non hanno avuto niente da dire invece quando un Presidente della Regione Sarda non è stato mai intervistato in 5 anni di governo. Solo perché con una azione politica chiara e onesta ha danneggiato gli interessi del proprietario del giornale gli si è fatta una guerra senza tregua. La stampa, pur finanziata dallo Stato, può ignorare o esaltare fatti e persone, condannando gli uni all’oscurità e mettendo gli altri sotto i riflettori. Ciò che è vero e valido riuscirà comunque a venire alla luce, ma il danno che una condotta non equilibrata della stampa può provocare è enorme. Essa influisce sulla percezione del mondo delle persone, incidendo sulle scelte politiche e contribuendo a formare gli occhiali etici ed estetici con cui si guarda e si giudica la realtà. Una ben grave responsabilità che non basta certo un Ordine a garantire.

1 Commento a “La voce del padrone”

  1. Andrea Argiolas scrive:

    Sono d’accordo e dirò di più. Si tratta ovviamente di potere, inteso come Forza: la forza/potere non è soltanto quella di manipolare, inveire, disarcionare, oscurare, annientare l’avversario politico: la forza consiste nel rendere “invisibili” gli interessi che protegge e i soggetti che ne sono portatori. Ecco perchè oscura il dibattito, ecco perchè rinvigorisce mediaticamente la voce di testata che afferma pomposa e patetica: “Quotidiano Indipendente”. Il cittadino medio ignora la proprietà del Barone Invisibile, e questa è ancora una volta forza: egli sa di leggere un fogliaccio, un’esagerazione, una maldicenza, ma non sulla res pubblica, “cosa seria”, cosa “per seri e studiati”, che non può esser oggetto di barrosie giornalistiche. 5 anni sono tanti e la campana da monotona diviene ossessiva, una sorta di maleficio: è una strategia finissima e sofisticata, innovativa, non ve n’è traccia alcuna in continente. Mai una foto, una nota, se proprio si deve meglio solo il cognome, un cognome fatto divenire sinonimo di termini quali “Disastro”, “Fallimento”, “Tragedia”, “Sciagura”, “Fame”. I media iraniani contestano il nemico sulle loro argomentazioni. In altre parole confutano: gli occidentali mentono e gli iraniani sanno su cosa mentono. I Sardi invece non sanno un cazzo: non sanno un cazzo neppure gli organi di garanzia che dovrebbero vigilare e hanno favorita questa tristissima deriva cilena.

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