Lettera al Presidente della Repubblica contro il decreto Madia

10 Agosto 2015
mattarella-sergio-imago-258x2581Redazione

Pubblichiamo la lettera al Presidente della Repubblica contro il decreto Madia firmata da Gaetano Azzariti Lorenza Carlassare Alberto Lucarelli Paolo Maddalena Guido Neppi Modona Alessandro Pace Salvatore Settis Gustavo Zagrebelsky (Red)

SIGNOR Presidente della Repubblica, in un suo recentissimo intervento, ha scritto che «dobbiamo chiederci… perché spesso, nei decenni che ci sono alle spalle, siamo venuti me- no al precetto dell’articolo 9, che con lungimiranza il costituente aveva inserito tra i principi fondamentali della Carta». Ebbene, oggi siamo a chiederle di voler accertare se le Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche approvate dal Senato della Repubblica lo scorso 4 ago- sto, e ora sottoposte alla Sua firma, non contengano indicazioni che palesemente vengono meno proprio al precetto di quel lungi- mirante articolo 9 (“La Repubblica promuove lo sviluppo della cul- tura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patri- monio storico e artistico della Nazione”).
Ci riferiamo in particolare a due punti.
Il primo è quello che inserisce stabilmente nel nostro ordina- mento il principio del cosiddetto “silenzio assenso” tra ammini- strazioni pubbliche (articolo 2, comma 1, lettere g e n; art. 3, com- ma 2). Questo principio non è applicabile all’ambito dei beni cultu- rali e del paesaggio, e infatti la legge 241/90 espressamente esclu- deva che il silenzio-assenso potesse applicarsi «agli atti e procedi- menti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico»: lo stesso concetto è stato poi ribadito più volte, dalla legge 537 del 1993 alla legge 80 del 2005. Questa esclusione
deriva proprio dalla pre- senza dell’articolo 9 nella Costituzione, e dalla interpretazione che la Corte Costituzionale ne ha dato in numerose sentenze, a co- minciare dalla nr. 151 del 1986: «La primarietà del valore esteti- co-culturale», sancita dalla Costituzione, non può in nessun caso essere «subordinata ad altri valori, ivi compresi quelli economici», e anzi dev’essere essa stessa «capace di influire profondamente sull’ordine economico-sociale». Se il valore estetico-culturale del patrimonio e la sua centralità nell’ordine degli interessi nazionali vanno intesi come «primari e assoluti» di fronte a qualsiasi torna- conto privato, l’eventuale silenzio di un pubblico ufficio non può mai e poi mai valere come assenso; semmai, qualsiasi tempora- nea alterazione della naturale gerarchia dev’essere il frutto di un’accurata meditazione e di un’esplicita formulazione, e non di un casuale silenzio.
Il secondo è quanto dispone la lettera “e” del comma 1 dell’arti- colo 8, che prevede la «confluenza nell’Ufficio territoriale dello Sta- to di tutti gli uffici periferici delle amministrazioni civili dello Sta- to… individuazione della dipendenza funzionale del prefetto in re- lazione alle competenze esercitate… attribuzione al prefetto della responsabilità dell’erogazione dei servizi ai cittadini, nonché di funzioni di direzione e coordinamento dei dirigenti degli uffici fa-centi parte dell’Ufficio territoriale dello Stato, eventualmente prevedendo l’attribuzione allo stesso di poteri sostitutivi».
Ora, nel caso delle soprintendenze questa confluenza in uffici di- retti dal rappresentante dell’esecutivo sostituisce una discrezio- nalità tecnica con una amministrativa, e si configura come la mes- sa sotto tutela governativa di un ufficio che deve invece rimanere del tutto autonomo.
Questa svolta contraddice fatalmente la lun- ga storia italiana della tutela pubblica. L’articolo 2 della legge 386 del 22 giugno 1907 disponeva che: «I prefetti e le autorità che ne dipendono, i procuratori del Re e gli ufficiali di polizia giudiziaria (…) coadiuvano le sopraintendenze e gli analoghi uffici più prossi- mi, dando notizia di qualunque fatto che attenga alla tutela degli interessi archeologici e artistici e intervenendo dovunque lo richieda l’osservanza della legge che regola tale tutela». Anche prima della Costituzione, dunque, la specificità tecnico-scientifica delle Soprintendenze era riconosciuta, e i prefetti dovevano non dirigere i Soprintendenti, ma semmai coadiuvare il loro lavoro di tutela. Nemmeno le leggi fasciste del 1939 osarono negare questo principio, che fu poi consacrato, al massimo livello possibile, tra i principi fondamentali su cui si fonda la Repubblica.
Signor Presidente, siamo certi che la palese incostituzionalità di queste due disposizioni sarà  accertata dalla Corte Costituziona- le: ma le chiediamo se non sia saggio evitare al paesaggio e al patrimonio storico e artistico della Nazione lo scempio che potrebbe avvenire in attesa di un tale pronunciamento.

Con osservanza,

Gaetano Azzariti
Professore ordinario di diritto costituzionale
Lorenza Carlassare
Professore emerito di diritto costituzionale
Alberto Lucarelli
Professore ordinario di diritto costituzionale
Paolo Maddalena
già Vice Presidente della Corte Costituzionale
Guido Neppi Modona
già Giudice della Corte Costituzionale
Alessandro Pace
Professore emerito di diritto costituzionale
Salvatore Settis
già Presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali
Gustavo Zagrebelsky
già Presidente della Corte Costituzionale

 

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