Mai più una/uno di meno

28 Settembre 2022

Carcere di Uta. Foto di Roberto Pili.

[red]

La redazione del manifesto sardo si è schierata da tempo a sostegno dei diritti delle persone private della libertà personale e aderisce all’appello di Sbarre di zucchero, Nessuno Tocchi Caino, Voci di dentro, Diritti umani dei detenuti calpestati da uno stato assente, Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, Ristretti Orizzonti

Non si ferma la strage nelle carceri italiane. Dall’inizio dell’anno, in questi 8 mesi e 25 giorni, 65 persone si sono uccise nelle loro celle: 16 avevano tra i 20 e i 37 anni, 8 avevano oltre cinquant’anni, tra loro quattro donne. Una persona ogni 4 giorni ha infilato la testa attorno a un cappio o ha inalato il gas del fornellino. Nel solo mese di agosto una persona si è suicidata ogni due giorni. Morti di solitudine, paura, disperazione, angoscia. Perché senza speranza. Morti di galera.

Persone diventate vittime di un sistema carcere mantenuto in piedi, nonostante i suoi risultati spesso fallimentari, da chi non vuole vedere e da chi non sa gestire  il disagio con i giusti strumenti di una società civile, che dovrebbero essere innanzitutto medici, educatori, insegnanti. E poi con politiche per l’inclusione e per l’inserimento sociale e lavorativo. Morti di galera (certo sappiamo bene che non tutte le carceri sono uguali, ma il dolore è tanto ovunque, e anche la solitudine, e la scarsa attenzione per gli affetti delle persone detenute). Morti in una galera dove con la morte e la sofferenza si convive giorno dopo giorno.

Per questo motivo ci facciamo portavoce delle compagne e dei compagni di queste 65 persone che si sono tolte la vita e delle persone che soffrono nelle carceri italiane, bollenti in estate e gelide in inverno, dove è pesante il degrado reso ancor più insopportabile dal sovraffollamento, e denunciamo la disumanità di un sistema che non riesce ad avere attenzione e cura degli esseri umani che gli sono affidati.

Chiediamo oggi con forza, come del resto lo facciamo da tanto tempo, che la società non si volti dall’altra parte (non tutta ma tanta parte lo fa) e che si renda conto che, suicidio dopo suicidio, si sta reintroducendo di fatto la pena di morte cancellata con l’entrata in vigore della Costituzione italiana il 1 gennaio 1948. Allo stesso tempo chiediamo che sia finalmente applicato l’articolo 27 della Costituzione al secondo e al terzo comma dove si afferma che  “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva e che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Vogliamo che il dolore che queste 65 persone hanno manifestato rinunciando alla propria vita sia finalmente ascoltato e sia messa fine a questa strage, che può terminare quando il carcere cesserà di essere una sorta di pattumiera dove gettare tutti assieme malati, disagiati, disoccupati, emarginati, stranieri, dipendenti da sostanze, giovani vittime di chi li ha trasformati in manovali della criminalità per i suoi profitti.

 Chiediamo innanzitutto

  • che si combatta in tutti i modi l’isolamento del sistema carcere, favorendo sempre di più l’ingresso negli istituti della società civile;
  • che le donne in carcere siano rispettate e non schiacciate in un sistema e una organizzazione prettamente maschili;
  • che diventi realtà l’affermazione che nessuna mamma con bambino deve più stare in cella; lo si è detto troppe volte, è ora di tradurlo in pratica;
  • che sia agevolata l’organizzazione di corsi e laboratori gestiti dalle associazioni di volontariato, e la vita delle carceri non finisca alle tre del pomeriggio, come succede ancora in moltissimi istituti;
  • che il sistema sanitario prenda in carico davvero le persone e le curi come meritano tutti gli esseri umani, e che ci si ricordi sempre che chi è malato gravemente non deve stare in carcere;
  • che vengano aumentate le ore di colloqui settimanali e liberalizzate le telefonate come accade in molti paesi d’Europa, con telefonini personali per ciascun detenuto abilitati a chiamare parenti e avvocati: non si tratta di un lusso, ma di un po’ di umanità e di rispetto della sofferenza, anche quella delle famiglie;
  • che vengano assunti in misura adeguata operatori, come psicologi ed educatori, che oggi sono del tutto insufficienti;
  • che venga depenalizzato il consumo di sostanze stupefacenti, perché la legge attuale sulle droghe porta spesso in carcere persone che non ci dovrebbero stare;
  • che venga posto un limite all’uso della custodia cautelare – un vero e proprio abuso visto che l’Italia è il quinto Paese dell’Unione Europea con il più alto tasso di detenuti in custodia cautelare, il 31%, ovvero un detenuto ogni tre;
  • che venga rispettato lo stesso Ordinamento penitenziario, che a più di quarant’anni dalla sua emanazione è ancora in parte inapplicato, come ad esempio là dove parla di Consigli di aiuto sociale, che dovrebbero occuparsi del reinserimento delle persone detenute nella società e non sono mai stati istituiti;
  • che vengano sviluppati e rafforzati programmi per il reinserimento delle persone che escono dal carcere con le misure di comunità, che poi sono l’unico modo vero per porre un freno alla recidiva.

Potremmo continuare all’infinito, perché tante sono le richieste e altrettanti sono i diritti continuamente violati. Alla base di tutto restano però dei principi di civiltà: la sicurezza si raggiunge facendo prevenzione, la prevenzione si fa migliorando la qualità di vita nelle carceri.

La strage di quest’anno deve cessare. Mai più una/uno di meno.

Aderiscono: Associazione (R) esistenza Anticamorra, Movimento madri doppiamente disperate, Associazione Loscarcere OdV, Happy Bridge Odv, Associazione Recidiva Zero, Associazione il Viandante, Associazione Il Coraggio, Gioco di squadra OdV, Folsom Prison Blues, Comitato Riforma Giustizia. Per adesioni scrivere a: [email protected]

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