Notti padane. Indignatevi!

16 Marzo 2011

Valeria Piasentà

Da qualche settimana è disponibile la traduzione di Indignez-vous, pamphlet di Stéphane Hessel, il 94enne partigiano ‘Greco’. Il libro che ha scalato le classifiche in Francia vendendo 650mila copie in tre mesi ora è ai primi posti in Italia, lo pubblica la add, giovane casa editrice di Torino. In appendice a Indignatevi! sono allegati la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani -Hessel ha partecipato alla stesura della Carta -e l’Appello dei Resistenti alle giovani generazioni, datato 8 marzo 2004.
L’appello di Hessel è indirizzato a tutti «spetta a noi…vigilare perché la nostra società sia una società di cui andare fieri. Non questa società dei sans-papiers, delle espulsioni, del sospetto nei confronti degli immigrati, non questa società che rimette in discussione le pensioni e le conquiste della Sécurité sociale (lo Stato sociale)». Una società diseguale che rinnega gli ideali dei Paesi rinati nel secondo dopoguerra, e vive nel clima della nuova dittatura finanziaria  internazionale che evolve le sue forme seguendo l’evolversi del sistema capitalistico: «Il potere dei soldi tanto combattuto dalla Resistenza, non è mai stato così grande, arrogante, egoista con i suoi stessi servitori, fin nelle più alte sfere dello Stato.
Le banche, ormai privatizzate, dimostrano di preoccuparsi anzitutto dei loro dividendi e degli stipendi vertiginosi dei loro dirigenti, non certo dell’interesse generale. Il divario fra i più poveri e i più ricchi non è mai stato così significativo; e mai la corsa al denaro, la competizione, erano state a tal punto incoraggiate…». In un certo senso Hessel è fortunato perché non è donna, non è un giovane studente, non vive in Italia e nell’inesistente ‘padania’ dove abbiamo gravi motivi per indignarci.
Scrive Hessel: «L’interesse generale deve prevalere sull’interesse particolare, l’equa distribuzione delle ricchezze prodotte dal mondo del lavoro deve prevalere sul potere del denaro» e proprio in questi giorni esce un rapporto del ministero dell’Economia italiano: nel 2009 il 90% del gettito fiscale Irpef è stato fornito dai lavoratori dipendenti, seguono i pensionati (appesantiti del 5,8% rispetto al 2008) mentre dai lavoratori autonomi proviene meno del 7%. Scrive ancora Hessel che i media sono monopolio dei ricchi quando «una vera democrazia ha bisogno di una stampa indipendente».
Noi sappiamo bene chi e come gestisce e controlla la gran parte dell’informazione nazionale ma anche a livello ‘padano’ il fenomeno è preoccupante. Ricordiamo la censura preventiva sugli spettacoli della Banda Osiris  (http://www.manifestosardo.org/?p=3016)  e nei giorni scorsi si è censurata la partecipazione del giornalista Flacco alla trasmissione Exit di la7  http://temi.repubblica.it/micromega-online/censura-la-lega-nord-ordina-exit-esegue/). Un  altro esempio: Luca Zaia, ex ministro della Lega ora presidente del Veneto, si espone molto meno da quando il sito www.gaxetaveneta.com ha pubblicato delle voci sulle sue frequentazioni (http://www.manifestosardo.org/?p=6332). 
Immediatamente il sito è stato oscurato sul territorio italiano, forse con il sistema di Ip filtering usato nei Paesi a regime autoritario: in Iran, Uganda, Bielorussia, Cina, ecc. Secondo gli interessati pare che si sia attivato direttamente il ministro Maroni: «…el mininstro de l’interno (Maroni) in parsona, el sernìva de fàr on àto de fòrsa ilegàl pa terminàr la GaxetaVeneta. El coestor de Trevixo el produxea on mandà de secoestro e parcoixisiòn de on dei nòstri colaboradùri. El sìto el xé sta oscurà in racoaxi tuto el teritòrio taliàn, el se pol vedar solo a l’estaro e da l’estaro. No i ga sensurà i artigoli incrimenà, ma di ritùra tuto on sito de 2 giga…» Stupisce che a parte poche testate del nord-est, come il Gazzettino di Vicenza, nessuno parli di questo fatto, nessuno chieda chiarimenti e s’indigni. Secondo Hessel occorre una insurrezione contro i mass media «che ai nostri giovani come unico orizzonte propongono il consumismo di massa, il disprezzo dei più deboli e della cultura». Così un paese come l’Italia -che del suo patrimonio culturale si fa vanto ricavando grandi profitti col turismo, e vendendo all’estero a rimorchio dell’immagine-Italia (sintesi secolare di pittura rinascimentale, architettura palladiana, opera lirica e chi più ne ha…) gli scarsi prodotti dell’industria contemporanea -oggi è senza ministro della cultura, quel poco che resta del Fus viene congelato e ogni giorno un teatro chiude.
Non a caso la manifestazione del 12 marzo in difesa della Costituzione e della scuola pubblica è stata aperta a Torino dall’orchestra e dai cantanti del Teatro Regio, indignati. Ma soprattutto è ai giovani che Hessel vuol parlare, di un’idea di scuola che la Resistenza francese, come l’italiana, aveva immaginato come la più inclusiva e libera possibile. Invece in Italia il governo smantella sistematicamente l’istruzione pubblica a favore della privata, il primo ministro dice «educare i figli liberamente vuole dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare dei principi che sono il contrario di quelli che i genitori vogliono inculcare ai loro figli educandoli nella famiglia».
A parte il lapsus freudiano (la scuola educa mentre è lui a ‘inculcare’ principi con una comunicazione drogata) pensate che le parole di Berlusconi siano frutto di suoi pensieri? no, Berlusconi ha ottimi autori che gli fanno citare il primo Congresso Cattolico Italiano (Venezia 1874) «Contro l’insegnamento obbligatorio (pubblico n.d.r.): dichiara che l’insegnamento obbligatorio è contrario ai sacri doveri e diritti della patria podestà. L’Assemblea approva fra un entusiasmo indescrivibile». L’ideologia dei cattolici intransigenti contro la scuola di Stato prosegue nelle recenti parole di Cota «la scuola cattolica non è una scuola privata», e di Casini quando definisce la scuola privata «scuola libera»; si riattualizza negli anni ’90 coi documenti programmatici dell’Associazione Industriali e recentemente della Lega Nord (di entrambi abbiamo già scritto).
Oggi l’Italia è agli ultimi posti per investimenti in cultura, ricerca e istruzione: ultima col 9% fra i paesi Ocse per investimenti nella scuola come per stipendi agli insegnati, in cultura impegna lo 0,19% e in ricerca lo 0,65% del Pil. Il disegno politico è unico: ridurci a utili idioti, a corpi ciechi e muti, a nuovi schiavi che producono per consumare ed essere consumati in un Paese volutamente arretrato con un divario economico sempre più ampio fra le classi, impoverito moralmente, materialmente, e nella qualità della produzione e del lavoro.
E allora ribelliamoci e in maniera creativa. Indignatevi! ci esorta Hessel, perché «Creare è resistere. Resistere è creare».

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