Per un governo del territorio più democratico e con meno cemento

1 Maggio 2018
[Stefano Deliperi]

Le osservazioni e le proposte del gruppo di intervento giuridico sul disegno di legge regionale “Disciplina generale per il governo del territorio”, adottato dalla Giunta regionale della Sardegna con deliberazione n. 14/4 del 16 marzo 2017.

Premessa. La Giunta regionale della Sardegna ha presentato nella primavera 2017 una complessiva proposta di legge regionale sul governo del territorio[1] con gli obiettivi dichiarati di aggiornare e armonizzare la disciplina vigente, spesso di non facile applicazione, nonché di venir incontro alle esigenze del comparto turistico e, in particolare, favorendo l’ampliamento della stagione turistica.

Nello specifico, l’intendimento pubblicizzato dell’Amministrazione Pigliaru è quello di migliorare l’offerta turistica attraverso il miglioramento delle dotazioni della ricettività alberghiera senza consumo di nuovo territorio.    In quest’ottica sono previsti incrementi volumetrici in favore delle strutture ricettive anche entro la fascia costiera dei mt. 300 dalla battigia marina, così da permettere la realizzazione di centri benessere, sale congressuali, servizi, attrezzature sportive, che renderebbero “più appetibile” un patrimonio edilizio ricettivo ormai “datato”.    Da notare è il ridotto tasso di occupazione delle strutture: 22% per le strutture alberghiere e 9,1% per quelle extralberghiere (dati inferiori alla media italiana  ma in linea con quelli delle regioni competitor italiane: Sicilia, Puglia e Calabria). I motivi risiederebbero nella forte stagionalità dei flussi, tipica del turismo marino-balneare. Basti pensare che le strutture vengono utilizzate per il 54% nel mese di agosto e solamente per l’1% nei mesi di gennaio e di dicembre (dati XXIV Rapporto Crenos sull’economia della Sardegna, 2017).

In realtà, per migliorare l’offerta turistica sembrano prioritarie altre iniziative, a iniziare dal radicale miglioramento dei collegamenti aerei e navali in regime di continuità territoriale o comunque attraverso meccanismi di abbattimento dei costi per i non residenti, continuando con una politica efficace delle aree naturali protette e dei beni culturali per ampliare offerta e stagione turistica (per esempio, l’istituzione del parco naturale della Giara in connessione con l’area archeologica di Barumini, itinerari eno-gastronomici e culturali locali), per finire con la promozione di veri e propri “pacchetti turistici” specifici per mète ed eventi (es. S. Efisio, Carnevale, Pasqua, Candelieri, turismo naturalistico, ciclo-turismo, ecc.) nell’ambito di una politica di promozione turistica degna di questo nome, cosa che la Sardegna non ha mai avuto.

Il disegno di legge regionale sul governo del territorio. La consultazione.

Tuttora in Italia non è operativo sul piano giuridico un procedimento preventivo di consultazione pubblica su proposte di provvedimenti a carattere generale o su progetti di “grandi opere”, sul modello del debat public francese, che ha dato validi riscontri in materia.   Infatti, la c.d. legge Barnier, la n. 95-101 del 2 febbraio 1995 e parzialmente modificata nel 2001-2002, secondo stime di esperti ha ridotto dell’80% la conflittualità relativa ai progetti con sensibile impatto ambientale[2].

Nel corso di diversi mesi sui contenuti della proposta di legge regionale sono proseguiti confronti fra esponenti dell’Amministrazione regionale, rappresentanti del mondo ambientalista e imprenditoriale, anche molto aspri, ma esclusivamente sui mezzi d’informazione e in dibattiti pubblici, non in quella sede istituzionale prevista fin dalla deliberazione giuntale di adozione[3].

Un confronto trasparente, franco e approfondito avrebbe, con molta probabilità, portato già a risultati positivi e questo è bene ricordarlo per analoghe occasioni future.

Dopo molte sollecitazioni e assicurazioni, finalmente si apre nell’aprile 2018.

 

Il disegno di legge regionale sul governo del territorio. “osservazioni” e proposte.

La proposta di legge regionale si presta a numerose censure di legittimità e di merito.

Queste le principali.

* la violazione del vincolo di inedificabilità nella fascia costiera dei 300 metri dalla battigia marina.

L’art. 10 bis della legge regionale n. 45/1989, come introdotto dall’art. 2, comma 1°, lettera a, della legge regionale n. 23/1993 dispone testualmente:

sono dichiarati inedificabili in quanto sottoposti a vincolo di integrale conservazione dei singoli caratteri naturalistici, storico-morfologici e dei rispettivi insiemi: 

  1. a) i terreni costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea della battigia, anche se elevati sul mare, con esclusione di quelli ricadenti nelle zone omogenee A, B, e D, nonché nelle zone C e G contermini agli abitati, tutte come individuate negli strumenti urbanistici vigenti in base al Decreto assessoriale 20 dicembre 1983, n. 2266/U”.

In area costiera sono inedificabili anche le isole minori (lettera f), con esclusione di S. Pietro, S. Antioco, La Maddalena e S. Stefano, dove il vincolo di inedificabilità è limitato a 150 metri dalla battigia marina, le spiagge, i compendi sabbiosi, i lidi in genere e le rispettive pertinenze (lettera g).

In giurisprudenza l’ha ribadito, per esempio la sentenza Cons. Stato, sez. II, 5 agosto 2013, n. 4066, che ha affermato, in riferimento alla Sardegna, la “inedificabilità ‘dei territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare’”, mentre la sentenza T.A.R. Sardegna, Sez. II, 12 aprile 2012, n. 366 ha affermato la vigenza ininterrotta dei vincoli di inedificabilità costiera fin dal 1976, prima 150 metri dalla battigia (legge regionale n. 10/1976), poi 300 metri dalla battigia marina (legge regionale n. 23/1993).

La giurisprudenza costituzionale è ancora più netta.

La sentenza Corte cost. n. 189 del 20 luglio 2016, infatti, ha affermato ancora una volta che le norme di tutela paesaggistica (e quelle del piano paesaggistico, in particolare) prevalgono sulle disposizioni regionali urbanistiche, visto che “gli interventi edilizi ivi previsti non possono essere realizzati in deroga né al piano paesaggistico regionale né alla legislazione statale”, in quanto “si deve escludere, proprio in ragione del principio della prevalenza dei piani paesaggistici sugli altri strumenti urbanistici (sentenza n. 11 del 2016), che il piano paesaggistico regionale sia derogabile”.

La disciplina del P.P.R. afferma testualmente riguardo la fascia costiera (“risorsa strategica fondamentale per lo sviluppo sostenibile del territorio sardo“, art. 19 delle N.T.A. del P.P.R.) fuori dai centri abitati: “nelle aree inedificate è precluso qualsiasi intervento di trasformazione” (art.  20 delle N.T.A. del P.P.R.), mentre è consentita solo la “riqualificazione urbanistica e architettonica degli insediamenti turistici o produttivi esistenti“.

Le ristrutturazioni e riqualificazioni si possono ben fare con le volumetrie già esistenti.

Non si parla di nuove volumetrie o premi volumetrici che dir si voglia, e la Corte costituzionale, con la sentenza n. 189/2016, con una sentenza interpretativa di rigetto, ha affermato chiaramente che si tratta dell’unica interpretazione costituzionalmente corretta.

Nessun aumento volumetrico o nuova volumetria possono esser consentiti nella fascia costiera di massima tutela dei 300 metri dalla battigia marina.

* gli aumenti volumetrici “a pioggia” anche nella fascia costiera di massima tutela.

L’art. 31 del disegno di legge regionale: “al fine di migliorare qualitativamente l’offerta ricettiva sono consentiti interventi di ristrutturazione, anche con incremento volumetrico, delle strutture destinate all’esercizio di attività turistico-ricettive. Gli interventi possono essere attuati anche mediante demolizione e ricostruzione e gli incrementi volumetrici possono determinare la realizzazione di corpi di fabbrica separati … anche in deroga ai parametri e agli indici previsti dagli strumenti urbanistici, nella percentuale massima del 25 per cento dei volumi legittimamente realizzati”.

In buona sostanza, si tratta anche di “unità immobiliari separate”, cioè ville, pur connesse alla gestione alberghiera.

Per esempio, come fatto in base al c.d. piano per l’edilizia o piano casa che dir si voglia (legge regionale n. 4/2009 e s.m.i.) all’Hotel Romazzino in Costa Smeralda (Arzachena) e oggetto di un procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania anche su esposti del Gruppo d’Intervento Giuridico onlus per violazione della normativa di tutela costiera.[4]

L’art. 31, commi 6° e 7°, della proposta di legge regionale afferma, poi, testualmente:

6. Possono usufruire degli incrementi volumetrici previsti nel comma 1 anche le strutture turistico-ricettive che abbiano già usufruito degli incrementi previsti dall’articolo 10 bis della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale), e successive modifiche ed integrazioni.

  1. Possono usufruire degli incrementi volumetrici previsti nel comma 1 anche le strutture turistico-ricettive che abbiano già usufruito degli incrementi previsti dal capo I e dall’articolo 13, comma 1, lettera e) della legge regionale 23 ottobre 2009, n. 4 (Disposizioni straordinarie per il sostegno dell’economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo), dall’articolo 31 della legge regionale 23 aprile 2015, n. 8 (Norme per la semplificazione e il riordino di disposizioni in materia urbanistica ed edilizia e per il miglioramento del patrimonio edilizio), unicamente fino al concorrere del 25 per cento del volume originario, esistente alla data dell’ampliamento in deroga”.

Come si può leggere, non è esplicitato alcun vincolo riguardo gli ampliamenti di cui alla legge regionale n. 45/1989 e s.m.i.(25% delle volumetrie), mentre per i successivi il volume originario” utile per stabilire la percentuale volumetrica degli ampliamenti è quello esistente alla data dell’ampliamento in deroga, cioè, sul piano letterale, quello legittimamente realizzato alla data dell’istanza di ampliamento, comprendente i precedenti ampliamenti ai sensi della legge regionale n. 4/2009 e s.m.i. e ai sensi della legge regionale n. 8/2015.

Letteralmente l’ampliamento del 25% delle volumetrie originarie ottenuto grazie alla legge regionale n. 45/1989 e s.m.i. (art. 10 bis, come introdotto dall’art. 2, comma 2°, lettera h, della legge regionale n. 23/1993) contribuisce alla volumetria di base per calcolare il successivo ampliamento.

Per esempio, una struttura avente in origine una volumetria di 30 mila metri cubi, può esser stata ampliata grazie alla legge regionale n. 45/1989 a 37.500 metri cubi (cioè + 25%) e ora potrebbe giungere a 46.875 metri cubi (cioè ulteriore + 25%).

Nella fascia costiera dei mt. 300 dalla battigia marina si stima che siano presenti ben 495 strutture turistico-ricettive, potenzialmente beneficiarie di tali aumenti volumetrici.

* La possibilità di “riciclaggio delle seconde case” in esercizi ricettivi con il premio volumetrico.

L’art. 31, comma 3°, lettera b, del disegno di legge regionale afferma: “Gli … incrementi volumetricisono computati ai fini della pianificazione delle volumetrie realizzabili per il soddisfacimento del fabbisogno di ricettività alberghiera ed extra-alberghiera, con le modalità previste dall’Allegato A” e l’Allegato A, art. A 4, comma 3°, prevede: “gli insediamenti esistenti possono essere completati attraverso la previsione di ambiti di potenziale trasformabilità ad essi contigui. È, in ogni caso, consentita la trasformazione delle residenze per le vacanze e il tempo libero, esistenti o da realizzare, in strutture ricettive alberghiere”.

In parole povere, sono consentiti gli ampliamenti degli insediamenti edilizi nella fascia costiera e la trasformazionedelle “seconde case” in strutture ricettive alberghiere, anche se nemmeno esistenti (!)

Quest’ultima disposizione rieccheggia la sfacciata previsione dei famigerati nullaosta per complessi alberghieri emanati in deroga ai vincoli propedeutici per la redazione degli allora piani territoriali paesistici in base all’art. 13, comma 1°, lettera c, della legge regionale n. 45/1989: la Giunta regionale fra il 1990 e il 1992 ne rilasciò ben 235, legittimando nella futura normativa di piano tantissimi progetti immobiliari di “seconde case” poi “riciclati” in “complessi alberghieri”.

Grazie al Cielo e al Consiglio di Stato (il T.A.R. seguì lentamente…), gli Amici della Terra riuscirono fra mille difficoltà a ottenere l’annullamento di quei piani territoriali paesistici che…tutelavano fondamentalmente investimenti e speculazioni immobiliari.[5]

Nemmeno soccorre la considerazione secondo cui la trasformazione di seconde case in strutture turistico ricettivesarebbe un mero recepimento di quello che è già un indirizzo del Piano paesaggistico regionale: infatti, l’art. 90, comma 1°, lettera b, n. 2, delle N.T.A. del P.P.R. consente l’incremento volumetrico “in presenza di interventi di particolare qualità urbanistica e architettonica e nei casi di significativa compensazione paesaggistica o di razionalizzazione delle volumetrie disperse”, non quindi “a pioggia”, come previsto dal disegno di legge.

* I“Programmi e progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico”.

Costituiscono una potenziale eversione permanente di normative di tutela e pianificazione paesaggistica, anche le previsioni di “Programmi e progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico” previsti dall’art. 43 del disegno di legge, in deroga a piano paesaggistico regionale e strumenti urbanistici[6].

Basti pensare che, di fatto, la conclusione degli accordi di approvazione di tali “programmi o progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico” portano a procedure di varianti del piano paesaggistico regionale e degli strumenti urbanistici comunali dalla conclusione pressoché scontata.

Simile proposta di disposizione normativa va decisamente esclusa dalla disciplina di governo del territorio, in quanto eversiva degli atti di pianificazione paesaggistica e urbanistica.

* l’incredibile calcolo delle volumetrie.

L’articolo A.4 dell’Allegato A propone un nuovo metodo di calcolo per determinare il fabbisogno di ricettività alberghiera ed extra-alberghiera, nonché di residenze per le vacanze e il tempo libero, nella fascia costiera definita e individuata dal P.P.R.[7]

Attualmente il calcolo del fabbisogno ricettivo è regolato dalla legge regionale n. 8/2004 che dimezza la capacità insediativa potenziale prevista dal precedente D. Ass. 2266/U del 1983 (c.d Decreto Floris).

Da un’analisi delle modalità di calcolo con I dati reperibili sul sito web istituzionale della Regione autonoma della Sardegna, emerge che l’incremento delle volumetrie disponibili con la proposta normativa è pari a circa il 20% in più rispetto a quanto ammesso dalla legge regionale n. 8/2004, per un totale di circa 9 milioni di metri cubi di volumetrie complessive riammessi nelle zone F dei comuni costieri.

Per esempio, nel caso del Comune di Orosei, il premio volumetrico è di circa 230.899 metri cubi, pari ad un incremento del 22% rispetto a quanto previsto dalla legge regionale n. 8/2004.

Tale assurdo “premio volumetrico” appare in palese contrasto con gli indirizzi di contenimento del consumo del suolo contenuti nel medesimo disegno di legge regionale sul governo del suolo.

Si tratta evidentemente di una prima e sintetica analisi dei potenziali volumi edificabili. Una valutazione dettagliata ed esaustiva dovrebbe essere effettuata dagli uffici dell’Assessorato competente e i risultati dovrebbero essere resi pubblici e messi al centro di un dibattito pubblico sulla fascia costiera e sugli impatti legati ad un potenziale incremento volumetrico.

Ciò finora non è avvenuto, per cui tale proposta di disposizione normativa va decisamente esclusa dalla disciplina di governo del territorio.

*Il dibattito pubblico sulle grandi opere.

L’art. 25 del disegno di legge prevede molto opportunamente il dibattito pubblico sulle grandi opere (“La realizzazione di interventi, opere o progetti, di iniziativa pubblica o privata, con possibili rilevanti impatti di natura ambientale, paesaggistica, territoriale, sociale ed economica è preceduta da un dibattito pubblico sugli obiettivi e le caratteristiche degli interventi”).

Disposizione che si appresta a entrare nell’ordinamento regionale sulla scorta di quel debat public, la c.d. legge Barnier, la n. 95-101 del 2 febbraio 1995 e parzialmente modificata nel 2001-2002, che – secondo stime di esperti – ha ridotto dell’80% la conflittualità relativa ai progetti con sensibile impatto ambientale.

Vi sarebbero assoggettati progetti di rilievo nazionale o regionale relativi a porti e aeroporti, infrastrutture ferroviarie e stradali, elettrodotti e qualsiasi infrastruttura di passaggio e stoccaggio di materiale combustibile, bacini idroelettrici e dighe, opere di importo superiore ai 50.000.000,00 euro, così come su programmi e progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico, ricerca e sfruttamento di idrocarburi,  grandi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, in quanto funzionali al raggiungimento degli obiettivi di burden sharing.   Inoltre, “nei casi in cui gli interventi proposti siano soggetti a valutazione di impatto ambientale (VIA), lo svolgimento del dibattito pubblico è condizione per l’avvio della procedura di valutazione”.

Poco sensata, invece, è la previsione della richiesta di svolgimento della procedura di dibattito pubblico da parte del “10 per cento dei residenti nel territorio interessato dall’iniziativa, che abbiano compiuto diciotto anni anche organizzati in associazioni e comitati” oltre che da Giunta regionale e Comuni ed eventuale amministrazione pubblica titolare del progetto.  Basti pensare che per un progetto interessante la Città metropolitana di Cagliari (431.642 residenti) sarebbe necessaria la sottoscrizione di più di 43 mila residenti maggiorenni. Una follìa.

Analoga ambiguità (art. 25, comma 8°) è quella di subordinare l’interventonel dibattito pubblico dei “residenti nel territorio interessato dall’intervento, sia in forma singola che in gruppi organizzati, le associazioni portatrici di interessi diffusi, nonché gli ulteriori soggetti che abbiano interesse per il territorio o per l’oggetto del processo partecipativo” alla “motivata valutazione sull’utilità della partecipazione da parte dell’amministrazionepubblica procedente”: anche un bambino comprende che l’amministrazione pubblica procedente così farebbe intervenire solo chi pare e piace.

Orosei, progetto immobiliare sulla costa

Perché i piani urbanistici comunali tardano ad essere approvati?

Le disposizioni del P.P.R. devono attuarsi normalmente con i piani urbanistici comunali e provinciali, con i piani delle aree naturali protette e con le “intese” Regione-Provincia-Comune (art. 11 delle N.T.A. del P.P.R.).

Come unanimemente riconosciuto, l’art. 90, comma 3°, delle N.T.A. del P.P.R. ne prevede l’applicazione in termini temporali precisi: il periodo assegnato per l’approvazione di quei progetti di riqualificazione urbanistica che prevedano l’incremento volumetrico del 25% mediante intese è di un anno dalla data di definitiva entrata in vigore del P.P.R., data coincidente con il termine di adozione dei piani urbanistici comunali (P.U.C.) in adeguamento al P.P.R. (art. 2, comma 6°, della legge regionale n. 8/2004 e art. 107 delle N.T.A. del P.P.R.).

Il fatto che molti Comuni non si siano ancora dotati di P.U.C. per mille ragioni, inclusa spesso quella di non “disturbare” forti interessi immobiliari, non può essere un esimente per prorogare di fatto e illegittimamente la possibilità di distribuire qui e là incrementi volumetrici, tanto più che, giustamente, l’art. 18, comma 1°, lettera b, della legge regionale n. 8/2015 prevede che la Regione si sostituisca ai Comuni inadempienti nell’adozione dei P.U.C., previa diffida a provvedere inevasa.

Quanti Comuni inadempienti sono stati diffidati? E quanti sono stati gli interventi sostitutivi regionali? Si chiede, quindi, al Presidente della Regione autonoma della Sardegna e al Presidente della IV Commissione permanente del Consiglio regionale sardola modifica del disegno di legge regionale sul governo del territorio come sopra descritto per le motivazioni in precedenza esposte.

[1] qui i testi del disegno di legge regionale:

Sul sito web istituzionale del Consiglio regionale della Sardegna: http://consiglio.regione.sardegna.it/XVLegislatura/Disegni%20e%20proposte%20di%20legge/DL409.pdf

[2]vds. Conflitti ambientali e sociali La consultazione pubblica preventiva sulle grandi opere può essere una buona soluzione, in https://gruppodinterventogiuridicoweb.com/2014/08/01/conflitti-ambientali-e-sociali-la-consultazione-pubblica-preventiva-sulle-grandi-opere-puo-essere-una-buona-soluzione/ (1 agosto 2014).

[3]“il disegno di legge sarà … pubblicato in una apposita sezione del sito istituzionale e aperto alle osservazioni di tutti gli attori coinvolti sui temi della pianificazione territoriale e paesaggistica: parti istituzionali, parti economiche e sociali, università, ordini professionali, organismi in rappresentanza della società civile, associazioni ambientali, soggetti portatori degli interessi e delle volontà dei territori” (deliberazione Giunta regionale n. 14/4 del 16 marzo 2017).

 

[4]  L’ordinanza T.A.R. Sardegna, Sez. II, 18 marzo 2011, n. 135era già intervenuta con l’interpretazione poi fatta propria dalla Corte costituzionale, affermando la prevalenza della disciplina di tutela costiera, in particolare del piano paesaggistico, sulla normativa regionale urbanistica.   In seguito, nel procedimento giurisdizionale de quo era stata dichiarata la cessata materia del contendere per rinuncia del ricorrente.  In proposito, vds. S. Deliperi, Il piano per l’edilizia soccombe davanti al piano paesaggistico regionale della Sardegna, in Lexambiente, 2011.

[5] Sulle vicende della pianificazione paesaggistica in Sardegna vds. S. Deliperi, La pianificazione paesaggistica in Sardegna. Evoluzione, realtà, prospettive, in C.S.M., convegno “Finestre sul paesaggio”, Cagliari, 1-2 dicembre 2011.

[6]                                                                            Art. 43

Programmi e progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico.

 

  1. I comuni, in forma singola o associata e la Regione, anche con il concorso di altri soggetti pubblici e con l’eventuale partecipazione di soggetti privati, nel rispetto dell’articolo 133 comma 2 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e integrazioni, possono proporre programmi o progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico, finalizzati alla attuazione di interventi nei settori del turismo, dell’industria legata alla valorizzazione di filiere produttive locali, alla produzione e fornitura di servizi su scala regionale, alla soddisfazione di particolari fabbisogni sociali. I programmi o progetti avere hanno carattere e ricaduta sistemici e non essere limitati alla realizzazione di singoli interventi edilizi.
  2. Gli interventi proposti al fine di essere dichiarati di grande interesse sociale ed economico, con deliberazione della Giunta regionale, rispondono a criteri di:
  3. a) sostenibilità ambientale, conservando e gestendo le risorse, specialmente quelle non rinnovabili e preziose nel supporto agli organismi viventi, con particolare attenzione agli effetti inquinanti su aria, acqua e suolo, conservando la diversità biologica e l’eredità naturale;
  4. b) sostenibilità sociale, rispettando una equa distribuzione dei benefici, con una particolare attenzione alla creazione di occupazione diffusa, in particolare prestando attenzione alle culture e alle esigenze delle comunità locali;
  5. c) sostenibilità economica, distribuendo i benefici economici a tutti i livelli sociali e ai vari rami di attività

economica, in particolare verificando la fattibilità economica e la sua sostenibilità a lungo termine, al fine di evitare l’insediamento di attività a rischio di precoce abbandono;

  1. d) sostenibilità energetica, prevedendo la massimizzazione dell’autoconsumo, lo stoccaggio e l’uso razionale dell’energia massimizzando l’impiego di fonti rinnovabili con particolare riguardo all’edilizia e

la mobilità di persone e merci.

  1. Gli eventuali interventi turistici previsti all’interno dei programmi e progetti, devono essere finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di un sistema turistico-ricettivo sostenibile secondo gli indirizzi del Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), ‘MakingTourism More Sustainable – A Guide for Policy Makers’, adottato a Parigi nel 2005.
  2. Gli interventi sostenuti sono corredati da analisi e studi che dimostrino che:
  3. a) le stesse funzioni non possono essere esercitate e gli stessi risultati non possono essere ottenuti con modalità alternative di minore impatto sulle risorse ambientali;
  4. b) i benefici sociali ed economici interessano un ambito territoriale vasto e una pluralità di settori produttivi e occupazionali;
  5. c) la capacità di promozione e sviluppo è compatibile con il sistema economico locale;
  6. d) sia garantita la sostenibilità funzionale ed economica a lungo termine, le eventuali capacità di adattabilità al mutamento degli scenari locali e generali, anche in funzione degli effetti derivanti dai cambiamenti climatici.
  7. La proposta di intervento è corredata da:
  8. a) deliberazione dell’organo competente dell’ente che propone l’attivazione del programma, piano o progetto;
  9. b) relazione descrittiva dell’intervento proposto, con evidenziazione dei risultati ed effetti attesi e delle analisi condotte in merito alla fattibilità dell’intervento sotto il profilo urbanistico, edilizio, paesaggistico, ambientale, economico e sociale, nonché dal punto di vista amministrativo procedurale;
  10. c) atto di condivisione e impegno sottoscritto tra i soggetti promotori per l’attuazione del programma, piano o progetto che contiene la quantificazione delle risorse economiche necessarie alla realizzazione degli interventi e delle azioni, il cronoprogramma delle attività e le fonti di finanziamento individuate;
  11. La relazione descrittiva dell’intervento proposto, in ogni caso, contiene:
  12. a) l’idea progettuale portante;
  13. b) la descrizione della struttura paesaggistica del territorio interessato e dell’inserimento paesaggistico dell’intervento, con indicazione delle eventuali misure compensative;
  14. c) la correlazione tra la struttura paesaggistica del territorio, gli obiettivi generali e specifici perseguiti e gli interventi e le azioni previsti;
  15. d) la proposta di adeguamento, integrazione e specificazione della disciplina paesaggistica del Piano paesaggistico regionale relativamente alle aree di cui all’articolo 38, comma 3, lettera j) e agli ambiti di cui all’art. 38, comma 3, lettera k), con inserimento delle stesse aree ed ambiti all’interno del Piano paesaggistico regionale se non previsti;
  16. e) la descrizione dell’impatto ambientale dell’intervento, dei costi ambientali e delle misure compensative eventualmente previste;
  17. f) l’analisi di rischio e di sensitività;
  18. g) la verifica della compatibilità urbanistica, o la proposta di adeguamento degli strumenti vigenti;
  19. h) la quantificazione dei benefici economico-sociali;
  20. i) il quadro economico-finanziario, con l’indicazione delle fonti di finanziamento e degli elementi necessari al fine di verificare la sostenibilità finanziaria dell’intervento, con rappresentazione degli eventuali costi di gestione;
  21. j) il crono-programma delle attività;
  22. k) gli elaborati progettuali illustrativi dell’intervento;
  23. l) ogni altro documento utile per illustrare l’intervento.
  24. Gli interventi di cui al presente articolo sono sottoposti a dibattito pubblico, che si svolge secondo le disposizioni contenute nella presente legge.
  25. Alla conclusione della fase partecipativa si procede alla sottoscrizione di un accordo di pianificazione.

Nel caso in cui il soggetto proponente l’intervento non sia la Regione, l’istanza per la sottoscrizione dell’accordo è trasmessa alla Giunta Regionale.

  1. L’accordo di pianificazione è sottoscritto dal Presidente della Regione, dai sindaci dei comuni interessate dagli altri soggetti pubblici o privati coinvolti, compresi i rappresentanti del Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo nel caso la localizzazione dell’intervento insista su beni paesaggistici. Ai fini della sottoscrizione dell’accordo, i rappresentanti degli enti coinvolti sono muniti di delega espressa da parte dell’organo istituzionalmente competente, al fine di ricondurre all’approvazione dell’accordo l’effetto di variante degli atti di governo del territorio vigenti.
  2. Le condizioni e prescrizioni apposte in sede di sottoscrizione dell’accordo di pianificazione integrano la

proposta di intervento.

  1. Nel caso in cui l’accordo determini la variazione degli strumenti urbanistici vigenti trovano applicazione

oltre alle disposizioni del presente articolo le procedure previste per gli accordi di programma dall’articolo 11.

  1. Nel caso in cui l’accordo determini l’aggiornamento del Piano paesaggistico regionale, anche in anticipazione rispetto a quanto previsto dall’articolo 41, si applica la procedura prevista dall’articolo 39 per l’approvazione del Piano paesaggistico regionale e l’efficacia dell’accordo resta sospesa fino alla conclusione dell’iter di approvazione. Non sono suscettibili di deroga le previsioni dettate ai sensi dell’articolo 38, comma 3, lettera j). Nel caso in cui sia necessario, l’aggiornamento del Piano paesaggistico regionale determina la variazione degli strumenti urbanistici vigenti.
  2. Nei casi di cui ai commi 11 e 12, la variante e l’aggiornamento sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a Valutazione Ambientale Strategica (VAS). I progetti sono altresì sottoposti a Valutazione Ambientale Strategica (VAS) in tutti i casi previsti dagli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modifiche ed integrazioni. Nei restanti casi i progetti sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA).

[7] Art. A.4

Determinazione del fabbisogno quantitativo per gli ambiti di interesse turistico.

  1. Al fine di soddisfare il fabbisogno di ricettività alberghiera ed extra-alberghiera, nonché di residenze per le vacanze e il tempo libero, occupate a fini turistico ricreativi saltuariamente o per periodi limitati di tempo, possono essere realizzati negli ambiti di potenziale trasformabilità nuovi insediamenti di interesse turistico, che ove localizzati all’interno della fascia costiera, come definita e individuata dal Piano paesaggistico regionale, dovranno essere preferibilmente localizzati in contiguità con quelli eventualmente esistenti, completandoli, o con i centri abitati.
  2. In sede di definizione del fabbisogno dovranno essere analizzati i seguenti elementi:
  3. a) l’estensione della fascia costiera in rapporto alla totale estensione territoriale del comune;
  4. b) la popolazione residente stabilmente nel territorio comunale e quella fluttuante nella stagione turistica;
  5. c) il peso insediativo all’interno della fascia costiera e all’interno del restante territorio comunale;
  6. d) lo sviluppo costiero in funzione dell’insediabilità balneare;
  7. e) la quantità e qualità dei volumi edificati e la loro distribuzione nel territorio;
  8. f) la presenza di ulteriori beni paesaggistici, culturali e di risorse naturali;
  9. g) le presenze turistiche storicamente consolidate e le verifiche su criticità ed ultime tendenze di sviluppo;
  10. h) l’incidenza percentuale, sul totale delle volumetrie esistenti, delle strutture ricettive, delle residenze per il tempo libero, dei servizi generali connessi al settore turistico;
  11. i) la presenza dei centri costieri di matrice storica e di adeguato impianto urbanistico, nonché eventuale presenza di porti turistici.
  12. Le risultanze delle analisi condotte nel rispetto delle condizioni di cui al comma precedente, non potranno comunque determinare il superamento dei parametri massimi previsti dal presente articolo.

Non è consentita la localizzazione di nuovi insediamenti di interesse turistico all’interno della fascia dei

300 metri dalla linea di battigia marina, nella quale sono consentiti unicamente gli interventi esplicitamente previsti dalle disposizioni della presente legge. Gli insediamenti esistenti possono essere completati attraverso la previsione di ambiti di potenziale trasformabilità ad essi contigui. È, in ogni caso, consentita la trasformazione delle residenze per le vacanze e il tempo libero, esistenti o da realizzare, in strutture ricettive alberghiere.

  1. Nella fascia costiera i volumi totali massimi realizzabili sono determinati secondo i seguenti parametri in relazione alle due tipologie di utilizzo:
  2. a) per le strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere:

1) 60 mc/ml per costa sabbiosa la cui fascia abbia una larghezza superiore a 50 m;

2) 45 mc/ml per costa sabbiosa la cui fascia abbia una larghezza compresa tra 50 e 30 m;

3) 30 mc/ml per costa sabbiosa la cui fascia abbia una larghezza inferiore a 30 m;

4) 15 mc/ml per costa rocciosa.

  1. b) per le residenze per le vacanze e il tempo libero:

1) 15 mc/ml per costa sabbiosa la cui fascia abbia una larghezza superiore a 50 m;

2) 10 mc/ml per costa sabbiosa la cui fascia abbia una larghezza compresa tra 50 e 30 m;

3) 5 mc/ml per costa sabbiosa la cui fascia abbia una larghezza inferiore a 30 m;

4) 2 mc/ml per costa rocciosa.

5) Il 10 per cento dei volumi determinati per le residenze per il tempo libero devono essere destinati a servizi connessi alla residenza.

  1. In sede di pianificazione dalle volumetrie così determinate dovranno essere rispettivamente sottratte, per ognuna delle sopra citate tipologie, quelle già legittimamente realizzate sull’intero territorio comunale.
  2. Qualora la volumetria già realizzata per una delle tipologie ecceda quella determinata ai sensi del comma 3, non saranno consentite ulteriori realizzazioni per quella tipologia. Il 50 per cento di tale eccedenza deve essere sottratta dal calcolo della volumetria relativa alla restante tipologia.
  3. Dovranno, inoltre, essere rispettati i seguenti ulteriori parametri:
  4. a) Indice territoriale massimo determinato dagli studi di compatibilità paesaggistico-ambientale non superiori a 0,35 mc/mq.
  5. b) Indici di fabbricabilità fondiario determinato dagli studi di compatibilità paesistico-ambientale e, comunque, non superiore a: 0,70 mc/mq.
  6. c) Superfici destinate a servizi pubblici, verde, infrastrutture e parcheggi in misura non inferiore al 50% della superficie territoriale, la superficie a verde dovrà risultare non inferiore al 25% della superficie totale.
  7. Al di fuori della fascia costiera, e nei comuni interamente ricompresi nella fascia costiera ma che non dispongono di litorale, il Piano Urbanistico può individuare ambiti di potenziale trasformabilità al cui interno localizzare, attraverso bandi di gara, le aree destinate a soddisfare il fabbisogno di ricettività alberghiera ed extra-alberghiera, nonché di residenze per le vacanze e il tempo libero.
  8. Il dimensionamento del fabbisogno di ricettività al di fuori della fascia costiera è giustificato e proporzionato alle effettive vocazioni potenziali del territorio. In questo caso, la capacità insediativa massima è dimensionata, mediante uno studio apposito, in relazione agli attrattori presenti sul territorio e ai flussi di visitatori attuali e potenziali.
  9. Il parametro volumetrico per gli insediamenti determinati come al comma 6 è di 80 mc per posto letto.

 

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