Prospettive nere per gli schiavi del XXI secolo

17 Febbraio 2009

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Roberto Loddo

“Buongiorno, sono Roberto Guidi del servizio clienti”.  Una frase ripetuta centinaia di volte al giorno, da 80 mila lavoratori e lavoratrici dei Call Center in tutta Italia, e 8 mila solo in Sardegna. Una frase rituale che caratterizza lo status della generazione “usa e getta”. Da una lunga indagine sui call center della Provincia di Cagliari, partita il primo maggio 2007 e conclusa al 30 settembre scorso dalla Direzione Provinciale del lavoro emerge un quadro lavorativo del popolo delle cornette preoccupante e disastroso. La percentuale delle stabilizzazioni è ferma al 2,5 %. La circolare dell’ex ministro del lavoro Damiano è rimasta disattesa assieme agli accordi sindacali che prevedevano la trasformazione dei rapporti di collaborazione a progetto mediante la stipula di contratti di lavoro subordinato. Le conclusioni delle ispezioni evidenziano una “giungla” fuori da ogni legalità, e lontana dalle garanzie dello statuto dei lavoratori. Per il mondo del call center cagliaritano i problemi non sono finiti, e le prospettive future prevedono disastri ben peggiori. A partire dalla famigerata “nuova circolare Sacconi” sui call center, emanata il 3 Dicembre 2008. Una circolare che in base ad una sentenza della Cassazione, (omettendone altrettante decine che andavano a favore dei lavoratori) produrrà un effetto di tolleranza verso abusi e incoraggiamento verso il precariato. La finalità della “Circolare Sacconi” è infatti quella di contestare e riformulare gli indici presuntivi sulla subordinazione dei lavoratori dei call center presenti nella precedente “Circolare Damiano”. Mentre la Slc Cgil ricorrerà alla magistratura per chiedere il ritiro della circolare, un terremoto dalle proporzioni inimmaginabili è pronto a scagliarsi sugli operatori out bound. Un’altra drammatica emergenza è rappresentata dal Garante per la protezione dei dati personali, che lo scorso 26 Giugno ha vietato ad alcune società specializzate il trattamento (non in conformità con la legge) dei dati personali. Dati provenienti da elenchi telefonici pubblicati prima del primo agosto 2005 e senza che gli interessati abbiano espresso il proprio consenso. Alessandro Genovesi, segretario nazionale della Slc Cgil ha proposto un tavolo negoziale tra Garante, aziende e sindacati dichiarando all’Agenzia di stampa Asca che ”Il Garante ha chiesto solo il rispetto della legge. Le aziende oneste acquistano i dati in conformità con le norme in vigore, altre invece attingono a banche dati non  autorizzate”. La filosofia della legislazione in materia di lavoro del governo di centrodestra è quella di cancellare la democrazia e la rappresentatività sindacale destrutturando lo statuto dei lavoratori. Quella dell’opposizione del Partito Democratico non è differente, almeno dalle intenzioni della sua Consulta Lavoro e Welfare. La proposta del senatore Pietro Ichino, ispirata al “modello danese” è quella di un contratto flessibile ma a tempo indeterminato che renderebbe i lavoratori “tutti uguali e tutti precari”. La proposta è la sintesi di uno scambio tra minore flessibilità in entrata e maggiore flessibilità in uscita (in poche parole mano libera ai licenziamenti). Questa proposta, (soprattutto per chi lavora nei call center) rappresenta l’affossamento definitivo dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. La lotta per l’estensione delle tutele e dei diritti ai lavoratori dei call center, a volte può nascondere numerose e invisibili “trappole”. Trappole costruite con l’accordo consapevole di improvvisati difensori dei diritti sociali e famelici imprenditori senza scrupoli. L’esempio più eclatante è ben descritto in Internet su un noto sito di annunci di lavoro, a cui numerose aziende di telecomunicazioni fanno riferimento per la ricerca di operatori. Cliccando su alcuni annunci si nota infatti l’offerta di un  “contratto a progetto”, e, a tutti i lavoratori selezionati, l’applicazione di un “contratto” sottoscritto tra l’azienda (citata nel sito) e il movimento sindacale Zona Deprecarizzata. Ci sarebbe da rimanere sbalorditi nello scoprire come un movimento che fonda la propria natura sulla lotta alla precarietà rivendichi e sostenga un accordo lontano anni luce dal riconoscimento dei diritti dei lavoratori, diritti rimessi in discussione da un accordo che di fatto rende strutturale la condizione di povertà e precarietà. Fortunatamente esistono i Sindacati, quelli veri, ed esiste (ancora) il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro delle Telecomunicazioni, che l’attuale governo Berlusconi vorrebbe mettere in soffitta. Fortunatamente la realtà dei call center di Cagliari è fatta anche di imprenditori seri e onesti che portano avanti un idea di impresa compatibile con i diritti sociali dei lavoratori. La data del 19 Settembre ha rappresentato una delle poche note positive del 2008. Una grande manifestazione nazionale in contemporanea con lo sciopero nazionale di tutte le aziende di call canter. Una manifestazione colorata e partecipata sotto la pioggia di Roma, con 5 mila operatrici e operatori che per una giornata si sono “sloggati” dalle cuffiette per dire basta tutte le leggi che producono precarietà, e a tutte le imprese che ricorrono al lavoro irregolare e ai bassi salari.

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