Quando la scuola diventò una videosceneggiata

16 Giugno 2020

Un presidio contro la didattica a distanza lanciato da genitori e insegnanti al Bastione di Saint Remy a Cagliari.

[Amedeo Spagnuolo]

Di buon’ora, nella luce dorata del mattino, Stuart McConchie spazzava il marciapiede davanti alla Modern Tv Vendita e Riparazioni; sentiva il viavai delle auto lungo Shattuck Avenue, i tacchi alti delle segretarie che si affrettavano verso gli uffici, tutto il fermento e gli odori pungenti di una nuova settimana, un’altra settimana in cui un buon commesso poteva mandare in porto un mucchio di cose.

Così comincia Cronache del dopobomba uno dei libri, secondo il mio punto di vista, più belli di Philip K. Dick lo scrittore americano che ha prodotto dei veri e propri capolavori facendo oscillare la sua materia creativa tra fantascienza e filosofia. Sono andato a riguardarmi questo incipit, quintessenza di una vita “normale” che però nasconde e prepara un mondo che di normale ha ben poco, dopo una delle mie grottesche videolezioni di storia. Ho sentito il bisogno di fare ciò perché mi è sembrato, per un attimo, di rivivere durante quella lezione, ovviamente senza esagerare troppo e con le dovute differenze, le atmosfere di un mondo che si sforza tenacemente di essere normale ma che di normale, almeno per il momento non ha più nulla. Una delle cose che mi colpisce maggiormente, durante queste lezioni, riguarda il fatto che su queste piattaforme digitali, almeno quella che stiamo usando noi funziona così, non è possibile osservare i volti e le espressioni di tutti gli alunni, ma al massimo di 9 discenti, tutti gli altri diventano dei minuscoli cerchietti dentro i quali sono indicate solo le iniziali dei loro nomi, Karl Marx parlava di alienazione, questa come la vogliamo definire? Nell’angusta dimensione della didattica a distanza tutto diventa più difficile, molti potrebbero pensare che gli alunni dovrebbero sentirsi più tranquilli e distesi, e invece no, molti di loro confessano che molto spesso gli accade di bloccarsi di fronte al monitor, è come se quella barriera digitale non consentisse una fluida comunicazione tra docente e discente. Non bisogna essere degli esperti per capire che per imparare in maniera non nozionistica, la relazione empatica tra docente e alunno è fondamentale, lo schermo, invece, si frappone tra le due entità, quella docente e quella discente, non consentendo la creazione di quel clima caldo, avvolgente e avventuroso che la maggior parte delle volte si crea all’interno delle nostre scalcinate aule scolastiche. Lo stesso concetto, espresso ovviamente con una qualità e una passione uniche, era già stato spiegato dal collega – scrittore Marco Lodoli che in un fantastico articolo pubblicato su Repubblica nel 2001 aveva scritto:

Dal 1981 passo tutte le mie mattine tra la cattedra e i banchi, cercando di insegnare qualcosa di italiano e di storia, e intanto discutendo con gli alunni intorno a tutti i temi importanti dell’esistenza. Devo dire che per me lavoro più emozionante non esiste. Ho collaborato a programmi radiofonici, a case editrici, a riviste e giornali, ho scritto romanzi e articoli, testi teatrali e sceneggiature, ma nulla mi ha dato le stesse emozioni, nulla mi è parso mai così decisivo come le ore che continuo a trascorrere insieme a quegli adolescenti, in classi mal riscaldate, tra pareti spesso imbrattate da frasi d’amore e d’odio. E’ come stare in mezzo al mare su una barca che scricchiola: e a volte c’è una bonaccia preoccupante, a volte onde fragorose, non si può mai sapere in anticipo cosa accadrà, ma è comunque un viaggio di cui il comandante è responsabile”. E Lodoli, per sua fortuna, non aveva dovuto vivere la frustrante esperienza della Didattica a distanza. Egli coglie, secondo me, l’essenza dell’insegnamento: quando entriamo in classe, il nostro compito principale non è quello di compilare registri elettronici sempre più complessi, leggere circolari e smanettare per ore con il computer e poi, se rimane un po’ di tempo, scambio quattro chiacchiere con i miei alunni. Il nostro compito è quello indicato magistralmente da Lodoli nel suo articolo. Con i nostri alunni, all’inizio dell’anno scolastico, cominciamo un viaggio, una vera e propria avventura perché non sappiamo dove i nostri discorsi ci porteranno, noi docenti non sappiamo ancora bene chi abbiamo di fronte e lo stesso vale per i discenti, però solo rischiando insieme, insegnanti, alunni e famiglie, possiamo sperare di concludere questa avventura nel migliore dei modi ovvero non accontentandosi di trasmettere ai nostri alunni poche nozioni rimasticate, ma cercare di far scoprire loro la bellezza di una vita vissuta inseguendo una passione che potrà tradursi in un vero e proprio lavoro ma che potrebbe anche soltanto, e non è poco, aiutarci a vivere svolgendo un lavoro che odiamo o spingerci a cercarne un altro senza lasciarsi andare alla depressione, grazie alla forza della passione che ci spinge ad andare avanti. Tutto questo è stato spazzato via, almeno per ora, dagli iniziali entusiasmi creatisi intorno alla didattica a distanza che i tanti guru dell’ideologia aziendalista, almeno nella prima fase del lockdown, hanno addirittura individuato come il futuro dell’istruzione, insomma come l’inizio della fine del ruolo dell’insegnante. Qualcuno si è addirittura spinto a dire che arriverà il giorno in cui grazie all’evoluzione dell’intelligenza artificiale, dietro quei monitor non ci saranno più docenti, non ci saranno più persone in carne e ossa con emozioni e sentimenti da condividere con gli alunni ma software quasi perfetti che riusciranno in brevissimo tempo a formare l’intelligenza cognitiva dei nostri ragazzi, in cambio però di un prezzo altissimo ovvero lo svuotamento di tutte quelle altre forme d’intelligenza, emotiva, artistica ecc. che ormai abbiamo imparato a conoscere dai tempi di Howard Gardner, lo psicologo statunitense che ha fondato la teoria dell’intelligenza multipla. Dopo i primi ardori però è arrivata la sana esperienza empirica a spegnere, almeno per il momento, gli entusiasmi della prima ora, non solo da un punto di vista scientifico, ma soprattutto da un punto di vista sociale cioè quando ci si è resi conto che questo tipo di didattica a distanza, se applicata sistematicamente, avrebbe portato, inevitabilmente, a nuove forme di povertà culturale e amplificato il fenomeno dell’abbandono scolastico. Per comprendere meglio ciò che ci stava o, mi auguro di no, ci sta accadendo mi affido ancora alle illuminanti parole del geniale Philip K. Dick: Lo strumento fondamentale per la manipolazione della realtà è la manipolazione delle parole. Se puoi controllare il significato delle parole, puoi controllare le persone che devono usare le parole.

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