Rapporti leggeri

15 Luglio 2007

INSETTI

Marco Ligas

Da qualche settimana il Consiglio Regionale ha un nuovo gruppo, si chiama Sinistra Autonomista. È formato da tre consiglieri (dissidenti) di Rifondazione Comunista, dall’unico rappresentante del Pdci e da Renato Cugini della Sinistra Democratica (mozione Angius). Questa iniziativa è stata presa subito dopo il congresso dei DS e la motivazione data dai protagonisti è che Sinistra Autonomista intende essere un punto di riferimento per la sinistra antagonista, uno strumento per la sua ricostruzione. Questo è quanto ci chiede – hanno detto i promotori del nuovo gruppo consiliare – la base che noi rappresentiamo!
È curioso che un gruppo di compagni che ha come obbiettivo la ricostruzione della sinistra antagonista inizi questo impegno dando vita ad un nuovo gruppo consiliare. C’è da chiedersi quale progetto potrà realizzare all’interno di quella istituzione e quali stimoli potrà dare al processo di aggregazione. Sicuramente sarebbe stato più opportuno promuovere in via preliminare un confronto con le associazioni, i gruppi, i movimenti presenti nella società e che nel corso di questi anni hanno dato vita a importanti iniziative sui temi della pace, del lavoro, delle libertà e dei diritti. Così come sarebbe stato utile verificare con i partiti che dichiarano di lavorare per gli stessi obbiettivi la possibilità di dar vita ad iniziative anche parziali sui temi citati: insomma verificare con attenzione se la necessità di un nuovo gruppo consiliare sia reale oppure no. Ma poi un gruppo consiliare può considerarsi davvero un gruppo politico capace di avviare un processo di ricostruzione della sinistra o è solamente un gruppo formale che esiste sino a quando dura la legislatura e perciò destinato ad esaurirsi con essa? In realtà la scelta di Sinistra Autonomista, così come è avvenuta, ha ben poco di nuovo, dimostra che i suoi componenti non intendono operare alcuna rottura con le pratiche del passato e che all’approfondimento dell’analisi necessaria per la ricostruzione di una forza alternativa sostituiscono la superficialità che è sempre una cattiva consigliera: insomma la prassi ormai consolidata dei rapporti leggeri tra dirigenti e la base che si pretende di rappresentare. E non deve sorprendere la recente richiesta di avere due assessori regionali nella nuova giunta: tutto secondo copione o meglio secondo le vecchie pratiche dorotee, chiedere molto per avere almeno qualcosa. Questa ultima proposta mi ha suggerito un calcolo aritmetico: se un gruppo di cinque componenti rivendica due rappresentanti, un gruppo di cinquanta (presumo sia il numero della maggioranza che sostiene la giunta) per la legge della proporzionalità diretta può chiederne venti! Con venti assessori regionali saremo ancora dentro i costi attuali della politica o li supereremo?

***

Recentemente è stata approvata la nuova legge statutaria della nostra regione. Ho già espresso un’opinione su di essa sottolineando come attribuire al presidente dell’esecutivo il massimo dei poteri, il ruolo di capo indiscusso sia una pessima scelta, non solo perché alimenta cattive tentazioni ma perché indebolisce i principi fondamentali della democrazia quali la partecipazione, la collegialità e il consenso.
Dopo l’approvazione della legge, diciannove consiglieri regionali appartenenti a diversi gruppi hanno sottoscritto una richiesta referendaria per la sua abrogazione. Fra questi anche alcuni che avevano votato per la sua approvazione. Come coerenza non c’è davvero male! Un atteggiamento che alcuni hanno giustificato come un ripensamento dopo un’analisi più approfondita. Il gruppo dello SDI è quello che si è distinto maggiormente nel correggere la sua posizione originaria. La richiesta del referendum non vuole essere – è stato detto – un voto contro Soru, ma contro la legge dell’uomo solo al comando, che non garantisce adeguati contrappesi all’organo legislativo. L’argomentazione appare convincente, ma, al tempo stesso, suggerisce qualche dubbio e qualche domanda. Il ripensamento avviene proprio quando la credibilità di Soru è ridimensionata e perciò si presta ad essere interpretato come un affondo nei suoi confronti: insomma usiamo il referendum per mandare a casa il governatore o comunque per creargli fastidio. Ma la domanda più importante riguarda la partecipazione popolare. Perché di questi temi (approvazione della legge statutaria, richiesta della sua abrogazione) si discute nel chiuso del Consiglio Regionale e non vengono coinvolti, prima ancora delle proposte referendarie, i cittadini attraverso assemblee o altre forme di partecipazione? In fondo la legge statutaria non è un aspetto secondario della vita della nostra regione e proprio per questo meriterebbe maggiore attenzione. Il fatto è che si preferisce avere con la popolazione rapporti leggeri che non disturbino eccessivamente le manovre di chi governa, condotte spesso non nell’interesse del popolo sardo ma di alcune sue lobbyes.

7 Commenti a “Rapporti leggeri”

  1. Andrea Pubusa scrive:

    Caro Marco, il referendum sulla Legge statutaria serve proprio ad aprire ex post il dibattito che Soru, con una approvazione a ritmi forzati, ha impedito ex ante. Ha addirittura posposto la finanziaria, che ha tempi predefiniti, per costringere ad una discussione contingentata. Perché prendersela con chi ci dà l’opportunità di parlarne anziché con chi ce lo ha impedito? Quanto a coerenza: ricordi l’amore professato da Tiscali per i sardi con la schiena dritta e la promessa di coinvolgimento popolare in campagna elettorale? Posso invece testimoniare d’essere stato ospite di una iniziativa regionale SDI a Nuoro contro la statutaria. Semmai bisognerebbe chiedersi perché PdCI e PRC e i confluiti in SA non abbiano aperto un dibattito. E dire che il presidenzialismo è fuori dai loro programmi nazionali! Sai che i consiglieri di PRC sono addirittura usciti dall’aula quando si è prospettato il rischio che un loro emendamento potesse esser approvato! Oggi col rimpasto vanno all’incasso.

  2. Marco Ligas scrive:

    Caro Andrea, con Rapporti Leggeri ho voluto ribadire che l’idea di partito leggero conduce a rapporti evanescenti tra gruppi dirigenti e area sociale che si vorrebbe rappresentare. Ho citato due episodi, in entrambi i protagonisti hanno operato al di fuori di qualsiasi rapporto con una base sociale. Alcuni sottoscrittori del referendum potevano contrastare la legge statutaria in Consiglio anziché approvarla e potevano, senza precludersi l’ipotesi del referendum, estendere il dibattito al di fuori del Consiglio. Non lo hanno fatto perché non sentono mai il bisogno di consultarsi con gli elettori, li considerano con alterigia. Se vogliamo contribuire a ricostruire una sinistra diversa, dobbiamo ribadire che non abbiamo bisogno di questi dirigenti. Quanto al referendum sulla legge statutaria non ho alcuna difficoltà a ripetere ciò che già conosci: la legge va abolita, tutti i compagni del manifesto sardo concordano su questo obbiettivo e si impegneranno perchè prevalga questa posizione.

  3. Emanuele Pes scrive:

    Scrive Parlato in un articolo appresso: si da battaglia e poi si vede. Senza lasciare spazio al pressapochismo ovviamente. Sul dibattito a sinistra Marco può essere testimone che da febbraio si tenta di parlare di superamento delle divisioni, di coordinamento o di gruppi istituzionali unitari, di costituzione delle case della sinistra. Se ne parla ancora anche se con minore entusiasmo e maggiore preoccupazione. Poi, è vero, i rimpasti non sono la migliore occasione per ragionare di politica. Sulla Statutaria, rispetto alla quale ho comunque perplessità sul voto contrario, va detto che nel vuoto assoluto creato da istituzioni e partiti, almeno ad una iniziativa a Cagliari ho partecipato. Una iniziativa formalmente dell’Università, che non decideva, certo, la costituzione di un comitato referendario, ma che sottolineava l’urgenza dell’informazione nel momento in cui era probabile il referendum confermativo e che comunque “prospettava” anche una proposta politica.

  4. tonino dessì scrive:

    La legge statutaria non ha soddisfatto neanche la Giunta, come dimostra il suo pacchetto di modifiche alla riforma organizzativa regionale proposto per rafforzare i poteri del Presidente, con le funzioni di governo distribuite sempre su dodici (otto assessori “d’ordinanza”, due “aggiuntivi” e due “delegati”), non più secondo legge, bensì con decreto presidenziale. L’iniziativa referendaria ha bloccato anche questo tentativo, che però la dice lunga. Intanto la crisi apertasi a fine 2006 con le dimissioni di ben tre assessori permane. Esplodono questioni rilevanti: gara Saatchi&Saatchi e conseguenti responsabilità; politiche di bilancio dopo il pronunciamento della Corte dei Conti e dopo gli effetti cumulativi su imprese e famiglie di ben tre leggi finanziarie approvate con crescenti ritardi; politiche industriali: i vertici romani si sono rivelati improduttivi, riemergono vecchie inclinazioni (partecipazione finanziaria diretta della Regione nel salvataggio di aziende), non c’è traccia di una strategia basata sulla promozione interna e sull’attrazione dall’esterno di industrie competitive, non energivore, non inquinanti; sull’ambiente si avverte un netto calo di tono: in stand by la strategia dei parchi regionali, l’attuazione del piano forestale-ambientale e del piano di tutela delle acque (mentre incombe, a causa dei costi di gestione di Abbanoa, la privatizzazione della risorsa); arenati i disegni di legge sull’inquinamento atmosferico e acustico; al palo bonifiche (altro che muri) e politica dei rifiuti (dopo l’impennata della raccolta differenziata registrata negli anni 2005-2006). Insomma, materiale per una verifica seria ce ne sarebbe. Invece tutto si riduce alla richiesta di “nuovi assetti”, il Presidente reprime un assalto senza capo né coda e semplicemente completa i ranghi dell’esecutivo. Siamo alle danze sul Titanic, ma i piccoli gruppi della sinistra si beano delle briciole: R.C. sostituisce la sua rappresentanza in conformità agli equilibri congressuali; Sin.Aut. gabella per suo un assessore di stretta proposta presidenziale. Io, più che di partiti leggeri, parlerei di leggerezza della politica.

  5. Angelo Liberati scrive:

    …”È curioso che un gruppo di compagni che ha come obbiettivo la ricostruzione della sinistra antagonista inizi questo impegno dando vita ad un nuovo gruppo consiliare.”…

    E’ proprio curioso caro Marco. Cerchiamo di essere sempre più curiosi, con gli occhi bene aperti.
    Un saluto, e complimenti per il manifesto sardo.

  6. Mauro Piredda scrive:

    Si è vero che da tempo si parla della costruzione di spazi unitari a sinistra, ma prima di parlare di SA vorrei fare due considerazioni: 1) la prima è che generalmente si cerca di unire le forze quando si sta all’opposizione (per recuperare…) e questa volontà oggi come oggi dimostra come non sono i partiti a fare i governi ma al contrario. E se questo governo ha la necessità di nuovi assetti (PD che vuole l’asse più al centro e sinistra radicale che para il colpo) è segno del suo fallimento. 2) La seconda considerazione si lega alla prima. L’unione delle sinistre in Germania (la Linke) è nata in opposizione persino al governo Schroeder, mentre qui SD (mica pochi) si colloca fedelmente nell’alveo governativo (e per ora anche PRC e PDCI). Insomma, non è la stessa cosa! Arrivando qui notiamo che i tentativi, solo per considerare quelli istituzionali, ci sono, ma c’è una differenza tra i coordinamenti dei gruppi consiliari (vedi Lazio) e la creazione di uno tutto nuovo ma vecchio dentro.

  7. Massimo Pistis scrive:

    … di questo referendum non sa nulla nemmeno chi si occupa di politica; domani invece di dimettersi Soru, dovrebbero dimettersi i diciannove promotori, almeno per la vergogna. Non sono un mago, ma visto il livello di informazione e considerato che i cittadini non ricevono più la scheda elettorale a domicilio, fatto che in qualche modo contribuiva ad una maggiore mobilitazione, suppongo che voti meno del 15% dell’elettorato ed in ogni caso il raggiungimento del quorum se lo sognano: la vicinanza dello SDI a rottami del passato come De Michelis è più grande di quanto possa far pensare il loro fittizio posizionamento politico e anche l’Angius verrà travolto da questa smania di scivolare a destra.

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