Renzi ha stravinto le primarie Pd. E se fosse una grande illusione?

1 Maggio 2017
Ottavio Olita

Le primarie avrebbero dovuto essere la sua rivincita sul disastroso risultato ottenuto al referendum costituzionale del 4 dicembre e così è stato. Grazie anche, bisogna dirlo, alla collaborazione dei suoi cosiddetti contendenti, Andrea Orlando e Michele Emiliano: il primo per anni grande renziano e ministro nel suo governo, il secondo tentennante fino alla fine su che scelta fare tra andarsene o restare nel partito.

Il popolo del Pd – quasi due milioni di fedeli fino alla fine – gli ha assegnato un voto plebiscitario (poco dopo la mezzanotte si parla di circa il 70 cento), lasciando le briciole agli altri due: poco più del 19 per cento ad Orlando, l’8 per cento e virgole ad Emiliano.

Trattato dalla quasi totalità dei media con riguardi ed attenzioni superiori a quelle riservate al suo prestanome Gentiloni – che ufficialmente è Presidente del Consiglio – Renzi ha dominato quotidianamente la cosiddetta campagna elettorale in vista delle primarie comparendo in ogni edizione per qualunque motivo. Orlando ed Emiliano non hanno mai avuto nulla da dire. Come mai? Ma a tanta compattezza del Pd corrisponde un’uguale risposta da parte di tutto l’elettorato di Centrosinistra? O tanta unità d’intenti serve anche a fare l’occhiolino al Centrodestra, viste le dichiarazioni rilasciate dallo stesso Renzi?

Questo è il primo interrogativo politico che una così netta affermazione pone. Non solo. Ma siamo certi che egli voglia davvero una nuova legge elettorale come autorevolmente ha sollecitato il Presidente della Repubblica? Perché dovrebbe rinunciare alla nomina dei capilista bloccati, come l’attuale sistema gli consente, visto il potere assoluto che può avere sul partito? E perché dovrebbe accettare una svolta proporzionalista visto che la sua nascita e crescita politica è stata tutta costruita sulla logica del maggioritario?

Elettori e tesserati del Pd possono essere certi che tutto questo non si traduca in una grande illusione? L’esito che è venuto fuori dalle schede infilate nelle scatolette-urne dei gazebo avrà una prima significativa verifica alle amministrative. Sarà un primo importante segnale. Poi ci saranno i nuovi provvedimenti economici, i rapporti con l’Europa e il problema del lavoro e della crescita che continuano a non esserci nonostante chiacchiere e dati Istat che un giorno dicono una cosa, il giorno dopo l’opposto.

Vincitore delle primarie del 2013, alle quali peraltro presero parte quasi un milione di persone in più, Renzi ha costruito con provvedimenti sempre più impopolari e autoritari il suo cammino politico. Fino al pericoloso progetto di riforma costituzionale respinto da quasi 13 milioni di italiani. Davvero crede ancora, come fece allora, che il 40 per cento che allora votò Sì possa riconoscersi nella sua personalità politica?

Il quasi 70 per cento ottenuto alle primarie potrebbero di nuovo galvanizzarlo, ma farebbe bene a ricordare che finora ha vinto solo elezioni comunali e confronti interni al partito. Non ha ancora avuto alcuna investitura pubblica dall’elettorato italiano. E se leggerà meglio i dati della partecipazione alle primarie vedrà che il disamore per lui e per il suo partito è cresciuto in misura maggiore al nord che al sud.

Chissà che tutti questi dati non servano a farlo riflettere sulla necessità che la politica del  Pd e più in generale di tutte le forze politiche recuperino una misura di partecipazione e coinvolgimento popolare di cui da troppo tempo si è persa traccia. Partecipazione e coinvolgimento che non si limitino a segnare crocette su schede elettorali di qualunque tipo.

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