Rivolgersi agli uomini per combattere la violenza sulle donne: efficace campagna dell’Usigrai

26 Novembre 2019
[Ottavio Olita]

Un’assolata spiaggia sarda. Due ombrelloni più in là un bambino di 7-8 anni inveisce urlando epiteti volgari contro la sorellina di una decina d’anni che occupa una sdraio. Vuole sedersi lui e vuole far sloggiare la ragazza. Intervengono prima il padre, poi la madre. La bambina viene fatta alzare e il bimbo conquista il suo trono.

Quante volte abbiamo assistito impassibili, se non divertiti ad una scenetta del genere senza riflettere sul fatto che anche da quei comportamenti comincia la formazione del maschio prevaricatore?

Non sapremo mai se quel bambino da adulto diventerà violento verso l’altro sesso, ma la costruzione della qualità del rapporto uomo-donna si basa anche sulla passiva accettazione di questi atteggiamenti. E a volte c’è anche la volontà dei genitori di educare i bambini al machismo, alla prepotenza, all’affermazione di sé in un mondo dominato da modelli culturali che non diffondono tolleranza, ascolto, reciprocità.  Al posto della richiesta c’è un ordine, al posto dell’incontro c’è lo scontro, al posto della richiesta l’imposizione.

Così avviene che ancor oggi, in questa nostra società che sembra tanto evoluta, l’Istat possa documentare  che il 40 per cento degli intervistati ritiene che una donna può, se vuole, sottrarsi a una violenza, il 24 per cento pensa che un certo modo di vestire delle donne possa provocare la violenza, il 6.2 per cento ritiene che ‘le donne serie non vengono violentate’.

Se la situazione è così grave, ma davvero si può pensare che basti sollecitare le donne a denunciare i primi segnali di violenza da parte del partner? E a che serve continuare a fare l’arido conteggio dei femminicidi, quando invece bisognerebbe denunciare immediatamente con quali idee, in quale contesto culturale e ambientale è cresciuto chi commette una violenza tanto orrenda.

E’ questa la ragione che mi ha spinto ad accogliere con entusiasmo la campagna  informativa scelta dall’Unione Sindacale dei Giornalisti Rai (UsigRai) che finalmente si è rivolta direttamente – ‘da uomo a uomo’ – a chi ritiene follemente (idea accolta da molti quasi come una giustificazione) che i gesti di violenza nascano dall’amore o dalla volontà di affermare la propria forza. Sette conduttori, volti e voci noti delle testate giornalistiche Rai si alternano con frasi essenziali, senza alcuna retorica, ma con la piena consapevolezza di inviare un messaggio importante.

Rivolti agli uomini, dunque. Come dovrebbero finalmente essere rivolte ai bambini, fin dai primissimi anni, le attenzioni per un’educazione che formi al rispetto dell’altro, alla tolleranza, alla condivisione, mai alla sopraffazione.

Si dovrebbe cominciare fin dagli asili e proseguire in ogni ordine di studi, ridando all’insegnamento quella funzione insostituibile che gli è stata progressivamente sottratta, coinvolgendo le famiglie, che in un mondo in perenne lotta e urla, credono che la cosa migliore da fare sia preparare i più piccoli ad esercitare a loro volta la voce grossa, le maniere forti.

Non sappiamo quanto il governo in carica durerà, ma se davvero porterà a termine la legislatura potrebbe dare il via a quei progetti dei quali hanno parlato nei giorni scorsi il Presidente del Consiglio Conte e il Ministro dell’Istruzione Fioramonti.

“La violenza contro le donne rimane un’emergenza. Lavoriamo per una svolta culturale che parta dai giovani” ha detto Conte. “La conoscenza è il miglior antidoto contro la violenza, di ogni genere” sono state le parole di Fioramonti.

1 Commento a “Rivolgersi agli uomini per combattere la violenza sulle donne: efficace campagna dell’Usigrai”

  1. Marinella Lőrinczi scrive:

    L’episodio del fratellino-sorellina è molto complesso: il piccolo urla,inveisce con parole volgari (dove le avrà imparate? viene rimproverato?),manca la reazione della bimba. Doppia violenza dunque,e forse anche qualche colpetto alla sorella.Come fanno molti uomini adulti.Come è invece educata la bambina?Alla faccia delle mamme femministe,le bambine si distinguono da subito,appena nate,per i colori che indossano, anzi, che le mammine femministine fanno loro indossare. Rigorosamente rosa.Un totale imprinting sia della bimba sia dei suoi coetanei.Poi vengono i pizzi e pizzetti, e poi la precoce sessualizzazione anche fisica,in età prescolare,tramite unghie smaltate,tagli di capelli,anche il trucco,bikini alla spiaggia all’età di 5 anni e simili.La bambola Barbie che ha sostituito la bambola tradizionale ne è il modello.In conclusione un’educazione quasi rigorosamente su due binari, una femminile e una maschile.Che non sono simmetrici,nel senso che la bimba potrà eventualmente usare,col consenso sociale,quello maschile,ma il maschio non potrà-dovrà fare altrettanto (in generale).Quanto ai dati Istat,i dati aggregati vanno disaggregati.Quel 40% che età,educazione,reddito ha? Il modo di vestire:è stato da sempre usato per attirare lo sguardo, quello femminile come quello maschile.Dunque si deve andare oltre:comportamento e linguaggio anzitutto,degli uni come degli altri.Campionatura casuale ma buona nei grandi spazi dei supermercati.

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