Servono progetti e strategie credibili

16 Settembre 2012
Pietro Maurandi
Sovranismo, alleanze,trasformismo. Parole che rischiano di formare un intruglio indigesto per tutti quelli che hanno a cuore le condizioni attuali della Sardegna e guardano con sgomento al suo futuro. Se c’è una cosa che non possiamo permetterci è l’assenza di progetti e di strategie credibili, sostituite da  espressioni che hanno dietro un vuoto preoccupante e ciarliero. Purtroppo questa è la situazione. Proviamo allora a scioglierla dando alle parole un senso compiuto e comprensibile.
Sovranismo. Se si resta su un terreno generico si possono intendere molte cose diverse, dal separatismo all’autonomia rafforzata, e mettere insieme così concezioni e scelte politiche che insieme non stanno. Ma è forse possibile stabilire un punto che unifichi punti di vista diversi e che  abbia un contenuto operativo. Cioè che la sovranità per la Sardegna comporta una situazione di parità con altri soggetti istituzionali, si tratti dello Stato italiano o dell’UE, nel senso che sui rapporti reciproci non ci sono decisori in ultima istanza ma soggetti che definiscono e condividono accordi fra uguali, sulla distribuzione dei poteri e sulle scelte fondamentali. Questo comporta affrontare il tema del nuovo Statuto regionale e dei suoi contenuti, senza spendere troppe energie per stabilire chi lo deve riscrivere, se il Consiglio regionale o l’Assemblea costituente.
Alleanze. E’ certamente vero, come dice Michele Piras, che non bisogna ridurre la politica a manovre fra partiti e movimenti e che si devono coinvolgere le forze vive della società, che non sempre i partiti riescono a rappresentare. Ma per fare questo è necessario uscire da enunciazioni ambigue, da posizioni strumentali e da iniziative estemporanee. Bisogna affrontare con chiarezza i temi relativi alle scelte strategiche per uscire dalla crisi italiana e da quella che attanaglia la Sardegna. Sempreché si intenda costruire una alternativa di governo alla destra. Perché se invece si volesse soltanto  dar voce alle tante situazioni di sofferenza e di insoddisfazione, una società democratica per fortuna ha aggregazioni che lo fanno quotidianamente. La politica ha un altro compito, quello di ricercare e definire soluzioni.
Trasformismo. Nel tavolo regionale del centrosinistra si parla anche di alleanze fra partiti e movimenti, ovviamente, perché nelle elezioni le coalizioni e le liste si costruiscono tra forze politiche,  piccole o grandi, strutturate o no. E’ noto che a quel tavolo esiste il tema dell’allargamento del centrosinistra al PSd’Az e all’UDC, ed è noto che a favore di questo allargamento si è pronunciata una parte consistente del PD e i dirigenti regionali di SEL.  Se il coordinatore  di SEL non vuole che si scada nel politicismo e chiede che ci si occupi dei temi veri che riguardano i cittadini sardi, ha una cosa molto semplice da fare: affermare con chiarezza che sono escluse alleanze con partiti che hanno fatto parte del centrodestra, non perché siano moralmente indegni, ma perché sono responsabili della politica del centrodestra e di essa devono rispondere ai cittadini. Se così non è, se è possibile che calcoli elettorali (giusti o sbagliati) inducano a modificare il carattere del centrosinistra senza alcun riguardo al profilo politico dei partiti che lo compongono e alle loro scelte recenti, siamo in pieno trasformismo. Non ci si può meravigliare se piovono critiche e risentimenti; tanto meno ci si può meravigliare se gli elettori non capiscono e reagiscono, magari rivolgendosi  all’antipolitica o non andando a votare.
Io sono convinto che una delle difficoltà più grandi della politica italiana e sarda sia l’assenza di un grande partito della sinistra che, come accade nei grandi paesi europei, contrasti e combatta la destra ponendosi come alternativa di governo. Il disegno originario di SEL era appunto quello di proporsi come motore per la nascita di un partito della sinistra che, superando la distinzione fra sinistra radicale e moderata, esprimesse le istanze del mondo del lavoro nelle sue moderne articolazioni. Purtroppo quel disegno sembra smarrirsi nelle tattiche e nelle manovre di breve periodo, che fatalmente portano a ipotesi singolari di alleanze e di liste,  pur di rimediare qualche posto in Parlamento o in Consiglio Regionale.
Io sono convinto che quel disegno non debba essere abbandonato né in Italia né in Sardegna. Ma per realizzarlo, per costruire un partito della sinistra sarda, condizione essenziale è presentarsi con una propria visione del futuro della Sardegna, dell’Italia e dell’Europa, con un profilo politico chiaro sulle categorie sociali e sulle istanze che si vogliono rappresentare. Partendo da qui si possono affrontare i temi della crisi devastante che incombe sulla Sardegna, e si possono costruire piattaforme ed esperienze unitarie con chi si pone sullo stesso terreno e aprire così prospettive di  rapporti sempre più solidi e unitari. Ogni diversa scelta porterebbe ad altre divisioni e a nuove sconfitte.

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