Tuteliamo i servizi per la salute

16 Marzo 2013
Tonino Piludu*
Tutti in Sardegna siamo consapevoli che una fase si è chiusa e che è necessario pensare ad un modello di sviluppo nuovo e diverso,  fondato sulla valorizzazione delle nostre risorse e sulla nostra cultura e capacità di fare.
Un modello che sappia guardare alle zone interne della nostra regione,oggi in grande sofferenza e soggette ad un progressivo spopolamento che è assolutamente necessario contrastare fino ad invertirlo. Per fare ciò occorre dare alle popolazioni delle zone interne le stesse opportunità in termini di reddito, di occupazione, di accesso ai servizi, di qualità della vita civile offerte alle popolazioni delle zone urbane costiere.
Ciò non è impossibile perché un modello di sviluppo che sappia guardare alle nostre risorse come  principale opportunità di crescita e di occupazione non può prescindere dalle zone interne; esse sono infatti ricche di cultura, di tradizione, disseminate di beni culturali, dotate di un ambiente ricco di biodiversità e di un paesaggio unico ed irripetibile. In esse già si sviluppano attività in particolare agricole ed alimentari, capaci di raggiungere elevati livelli di qualità, pur se incapaci di proporsi in maniera adeguata sui mercati ai diversi livelli,tanto da non soddisfare se non in minima misura lo stesso fabbisogno alimentare regionale. Sarà quindi necessario intervenire con politiche adeguate su questo settore per aiutarlo a fare sistema, puntando a produzioni certificate ed a politiche commerciali in grado di proporsi ovunque con credibilità.
Occorre integrare il turismo nelle zone interne con le strutture ricettive della  costa,facendo  leva sulla qualità ambientale, ed unendo in una logica unitaria le produzioni agricole, artigianali e il patrimonio culturale in tutte le sue manifestazioni.
Sempre facendo leva sulla qualità ambientale e sulla grande ricchezza del patrimonio forestale si può lavorare per la  produzione di energia da fonti rinnovabili, costruendo centrali, capaci di produrre energia e calore, di taglia corrispondente alla materia prima disponibile, ovunque ci siano biomasse da valorizzare,siano esse di origine forestale o derivanti dagli scarti dell’attività agricola e di allevamento, creando lavoro e reddito.
Servono  politiche adeguate, programmate e condivise con il coinvolgimento delle popolazioni interessate attraverso le loro istituzioni e le associazioni sociali ed  economiche che ne costituiscono il tessuto civile.
Nessuna politica di sviluppo però può avere luogo se sul territorio non c’è più la popolazione ed essa  non rimane sul territorio se si continua a privarla dei servizi essenziali in una società civile e moderna; ci riferiamo in particolare all’istruzione, alla salute, alle politiche sociali, al rispetto della legalità.
La Cgil si è molto impegnata in questi anni per contrastare il ritiro dello Stato dalle zone interne, sostenendo quanto sia  sbagliato che l’unico parametro di valutazione della presenza e dell’organizzazione dei servizi sia quello del costo, perché ciò, è evidente, penalizza in maniera pesante una popolazione come quella sarda, poco numerosa e  distribuita in un territorio vasto. I bambini e i giovani delle zone interne della Sardegna hanno diritto all’istruzione esattamente quanto quelli di città, anche se questo comporta  costi maggiori. Allo stesso modo le popolazioni dei paesi dell’interno hanno diritto ad una assistenza sanitaria pari a quella offerta nelle città; si può discutere sulle forme con le quali viene assicurata, ma non il principio. Le scelte vanno fatte all’interno  di una adeguata programmazione con il coinvolgimento delle istituzioni e delle popolazioni interessate, perché qualsiasi cambiamento deve passare attraverso il confronto, l’ascolto e la ricerca di soluzioni condivise.
Per questo la Cgil funzione pubblica di Cagliari, facendosi carico di una problematica sicuramente più ampia che riguarda il mondo del lavoro nella sua totalità, compresi i pensionati, ha promosso un’iniziativa a difesa dei servizi sanitari ad Isili per respingere la possibilità che si possa mettere mano ai servizi esistenti al di fuori di  un piano sanitario di riferimento scaturito da un  confronto ampio di tutti i soggetti interessati capace di  prendere in considerazione tutti gli aspetti dell’offerta di salute e di trovare i modi più appropriati per garantire a tutti l’accesso a tutti i servizi.
Quasi certamente l’iniziativa di questi giorni non avrebbe portato  a decisioni operative, che necessitano di capacità di governo e coesione politica maggiori di quella esistente, ma con la sua iniziativa la Cgil vuole riaffermare la propria volontà di impedire  decisioni unilaterali, condizionate dall’esclusiva necessità di risparmiare e condizionate da poteri forti, ben noti, la cui attenzione è rivolta principalmente ai luoghi nei quali trovano risposta ai loro interessi.
Difendendo presenza e qualità dei servizi  la Cgil difende una precondizione per le politiche di sviluppo dei territori interni.

*Responsabile della Funzione Pubblica CGIL

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