Tutta la vita davanti

16 Aprile 2008

Manuela Scroccu

L’8 marzo ho partecipato ad un interessante convegno organizzato dalla Provincia di Cagliari sul tema delle donne e del lavoro. Tra le invitate, esperte in diritto e sociologia del lavoro, vi era anche Michela Murgia, giovane scrittrice sarda che, dopo aver raccontato la sua storia su un blog cliccatissimo, ha scritto un libro, “Il mondo deve sapere”, sulla sua allucinante esperienza lavorativa come telefonista in un call center. Nel suo brillante intervento ha citato il film di Paolo Virzì “Tutta la vita davanti”, ancora in procinto di uscire nelle sale e che proprio al libro della Murgia si era liberamente ispirato, lasciandoci con un avvertimento: guardate che lo spacciano per una commedia ma preparatevi, è un film tristissimo. Era vero. Triste perché assolutamente non consolatorio. La società italiana si riflette in questo film come un Dorian Gray che guardasse il suo ritratto e scoprisse all’improvviso le piaghe infette e il decadimento inarrestabile.
Cominciamo subito col dire che “Tutta la vita davanti” non è un film sul lavoro precario. O, almeno, non solo. Il regista utilizza il libro della scrittrice sarda come spunto di cronaca per raccontare l’Italia di oggi fatta di precarietà, ingiustizie, lauree inutili, cinismo. Un’umanità desolante, drogata da una competitività esasperata, intossicata dalla logica da reality show in cui non si viene licenziati ma “nominati”. Con questa realtà si confronta la solare e sincera Marta (che conserva la freschezza e la genuinità della Caterina preadolescente di un altro bel film di Virzi “Caterina va in città”) protagonista del film, la cui brillante laurea cum laude su Heidegger spalanca le porte alla disoccupazione intellettuale e al lavoro di telefonista in un call center con l’ingrato compito di fissare il maggior numero di appuntamenti a ignare casalinghe, vittime inconsapevoli di cinici e supercompetitivi venditori che, con sofisticate tecniche di persuasione occulta, cercheranno di rifilare un inutile e costosissimo elettrodomestico da cucina.
I personaggi che popolano questa società confusa sono tristemente reali: Giorgio Conforti, sindacalista della sezione “più sfigata della CGIL”, la NIDIL, che cerca di farsi ascoltare da quei lavoratori sfruttati che però non capiscono il suo linguaggio fatto di parole come sindacato e diritti, lo irridono, lo chiamano tapiro de coccio, usando l’unica lingua comune, quella televisiva; oppure la bionda e svampita Sonia, ingenua ma buona, telefonista incapace e assolutamente ignorante, con deliziosa figlia a carico che aspetta speranzosa di fronte al cellulare il “vibrino” di buona notte della madre; o, ancora, il venditore esaltato con la macchinona presa a rate e il n°1 tatuato sul braccio. E infine al vertice della piramide, come nella società multilevel che dirigono, ci sono il cinico Claudio, capo fintamente democratico (dammi pure del tu) e “la capa” interpretata da Sabrina Ferilli, la super plastificata Daniela, che impone alle telefoniste la quotidiana carica di autostima tra sms, canti collettivi e balletti da villaggio vacanze.
Marta, precaria della Multiple, così si presenta agli invitati alla festa di solidarietà per i precari organizzata dal sindacalista interpretato da Valerio Mastandrea. La società l’ha infine incasellata in un “personaggio” come nei reality seguiti dalle sue colleghe telefoniste e sceneggiati dai suoi ex colleghi universitari che, seppur meno qualificati di lei, ottengono lavori migliori grazie alle conoscenze di papà. Marta, ormai lontana anni luce dagli incartapecoriti professori di filosofia della sua commissione di laurea, immobili, prostatici e tremendamente eterni e dal suo fidanzato, che alla precarietà è sfuggito andando all’estero. Per questo quel “hai tutta la vita davanti” non è più un innocente e sincero augurio di speranza ma uno sberleffo crudele.
Se ne “Il Caimano” di Nanni Moretti l’Italia si scopriva, nell’ultima impressionante scena dell’assalto al Tribunale, ormai mutata geneticamente da anni di berlusconismo, il paese raccontato da Paolo Virzì vive ormai imprigionato dentro la caverna, come nel mito di Platone che Marta racconta alla figlia di Sonia per farla addormentare, scambiando le ombre della finzione televisiva per la realtà. Siamo tutti nel Grande Fratello. E a molti piace.

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