Tuvixeddu e la città proibita

1 Marzo 2008

Redazione

Ci sono molte maniere per difendere il colle di Tuvixeddu, la sua dirompente alterità rispetto al mondo contemporaneo che attende ancora una lucida riproposizione urbana del passato. Tenendo fede all’impegno preso nel numero scorso abbiamo costruito uno speciale sulla necropoli, un contributo alla sua conoscenza che proviene dalla ricerca accademica archeologica militante.
E’ stato giustamente detto che la tutela di Tuvixeddu va oltre la definizione archeologica perché il sito si configura come paesaggio culturale, tema avanzato di tutela dei luoghi e sacrosanta acquisizione in tal senso, lucidamente indicata dalla stessa Commissione Regionale per il Paesaggio; è in ogni caso un paesaggio culturale che si fonda su una risorsa archeologica di altissimo livello, e da essa trae forza dentro i temi della tutela e della memoria verso una direzione più ampia. Questa osservazione appare importante, perché se perdiamo i nessi che Tuvixeddu ha con l’archeologia della città di Cagliari, con le sue diverse città, rischiamo di farne un puro episodio, per quanto importante, di tutela urbanistica, slegato da più ampi contesti archeologici che ne dettano il senso.
Gli scritti riguardano perciò la necropoli punica in sé con le tipologie tombali, la rilevanza pittorica, la questione del suo inserimento all’interno di una Cagliari città dissolta e i problemi connessi alla sua valorizzazione e musealizzazione.
Un simile luogo sottolinea l’esigenza di una tutela intransigente, e perciò raccogliamo l’appello tempestivamente partito dalle Università di Sassari e Cagliari, e dalla ferma presa di posizione di Giovanni Lilliu, dopo la grave sentenza del Tar Sardegna, che ci fa anche interrogare su quali coordinate teoriche abbiano condotto gli estensori della stessa a curiose valutazioni su sviluppo sostenibile, paesaggio, cartografia e toponomastica storica.
Ma la critica all’intervento in atto su Tuvixeddu (e non solo: pensiamo, di nuovo, all’inaccettabile situazione dell’Anfiteatro romano) deve essere accompagnata non solo da una tutela, come dire, passiva, ma da una maniera diversa di pensare l’area e la città , che inneschi un processo di partecipazione democratica attiva, condivisa e competente.
In questo senso riteniamo che la Regione Autonoma della Sardegna, posto correttamente il problema di arrestare con gli strumenti disponibili per legge l’attacco al Colle, abbia sbagliato ad affiancare a tale strumentazione un progetto calato dall’alto come quello di Gilles Clement, che non pochi ritengono incompatibile con le linee della stessa Commissione Regionale.
Il tema della città è stato sottolineato particolarmente nel nostro inserto e da lì si deve partire: vogliamo vivere in uno scenario da hard discount, o costruire un luogo nel quale la traccia della memoria sia visibile, coerente, leggibile e soprattutto costruita in maniera cosciente?
Si è parlato di acquisizione pubblica dell’area: ottima idea, ma se poi vi si innescano interventi di tipo demiurgico, tipici del sovrano illuminato (traccia storica in sé rispettabile e che pure ha prodotto bellissimi beni culturali da proteggere), non siamo più d’accordo. Riteniamo preferibile organizzare le competenze con gli strumenti della partecipazione democratica: anche perchè una costruzione ampia, partecipata e attiva rende ben più forte la tutela, e più sicuro il destino di Tuvixeddu.
Si potrebbe iniziare da subito, assieme all’acquisizione pubblica, a rilanciare il dibattito, sino ad un concorso di idee pubblico, aperto, competente sulla valorizzazione dell’area: purchè tale prassi sia inserita in un quadro che si ponga il problema delle altre Cagliari della memoria. Da questo punto di vista Tuvixeddu rappresenta solo un episodio, per quanto di eccezionale rilievo.
Iniziamo perciò a discuterne, a partire dai prossimi lavori pubblici nel centro urbano e ricordando gli strumenti di legge, nuovi e nuovissimi, che li sottopongono all’obbligo di verifica archeologica preventiva e alle nuove formulazionidella Valutazione Ambientale Strategica (Vas) e della Valutazione di Impatto Ambientale (Via).

4 Commenti a “Tuvixeddu e la città proibita”

  1. tonino dessì scrive:

    Cara redazione, gli articoli accademici su Tuvixeddu sono molto belli nel descrivere una realtà per difendere la quale molti di noi si sono mossi già più di vent’anni fa (nel silenzio, quando non nell’ostilità, di tanta sinistra, vecchia e nuova: e anche per questo non abbiamo vinto). Tuttavia non entrano affatto nel merito della recente vicenda, sulla quale prudentemente evitano di pronunciarsi. Lo fa invece la testata e a mio avviso con poca prudenza. Non potendo dilungarmi per ragioni di spazio, rinvio a quanto ho scritto in un intervento rintracciabile al seguente indirizzo: http://www.sardegnaeliberta.it/?p=1008. Tuttavia non posso non segnalarvi un sincero imbarazzo nel leggere che non sarebbero gravi i fatti rilevati dal TAR nella sentenza su Tuvixeddu, ma sarebbe grave la sentenza: addirittura il TAR sarebbe incorso in un “eccesso di potere”! Vorrei segnalarvi che il buon livello di conoscenza non solo giuridica, ma anche culturale, sui temi paesaggistici generali e sardi, il TAR Sardegna lo ha dimostrato nell’ampia sentenza n. 2241 del 2007 sul PPR (tanto apprezzata dalla Giunta regionale e dai suoi sostenitori), che si può rinvenire sul sito internet della Giustizia Amministrativa Italiana: consiglio di leggerla. In entrambe le sentenze il collegio giudicante è lo stesso, composto da tre persone (due, tra loro, le donne) la cui integrità è fuori discussione. Anche le sentenze si possono discutere, in democrazia: ma sarebbe bene motivarle, le proprie affermazioni.

  2. Ignazio Camarda scrive:

    Caro Tonino,
    sembrerebbe che a Tuvixeddu non vi siano state pesantissime e colpevoli responsabilità e ritardi decennali (chi ha firmato gli accordi di programma? chi ha deciso che non era necessaria la valutazione di impatto ambientale? chi è stato assente in tutta la vicenda?) e che la colpa di tutto sia solo di Soru che ha affrontato finalmente in modo deciso il problema, di fronte alla prospettiva di ridurre a giardino condominiale un patrimonio dell’umanità tutta.
    La mia impressione è che l’avversione politica o il risentimento personale verso il Presidente Soru, su questo caso e non solo, offuschi la vista non solo di Maninchedda ma anche, e me ne dispiace, a quel Tonino Dessì che ho conosciuto impegnato sulla difesa dei beni ambientali (e che mi conosce), facendo perdere di vista ciò che è più importante, ossia la salvaguardia di quel che resta di Tuvixeddu.
    Quanto a quelli che sul blog di Maninchedda spalano falsità e fango sulla commisisone del paesaggio, è veramente strano che non si chiedano chi davvero prende le prebende per Tuvixeddu. Ma questa è un’altra storia parallela non ancora conclusa.

  3. (Red) scrive:

    Caro Tonino,
    · Il centro del problema per noi rimane la tutela, attraverso gli strumenti consentiti, dell’area di Tuvixeddu contro le destinazioni distruttive (tutte!). Interessa questo particolare? O è secondario anche rispetto alle colpe o alle negligenze di Soru? Se nelle decisioni del Governatore c’è dolo, bene farà la magistratura a trarne le conclusioni. Ma la comunità dovrà disporre ancora del bene che rischia di perdere a causa, in primo luogo, della voracità degli speculatori.
    · Dici che le persone intervenute nel dibattito “evitano prudentemente di pronunciarsi”. Non era questo il loro fine né la nostra richiesta come quindicinale. Non dimentichiamo che tra di essi ci sono firmatari di appelli e posizioni molto chiari, a favore di Tuvixeddu, sia ora che vent’anni fa, e forse di più. Scrivere ancora oggi non è solo per noi, ma per nuove generazioni
    · Il giudizio sulla gravità della sentenza e sull’eccesso di potere è motivato da diverse discutibili affermazioni su aspetti culturali e ‘sviluppo sostenibile’, e in sostanza dal mancato riconoscimento del primato del bene paesaggistico in materia di tutela. Non è così che recita il codice Urbani?
    · Se il TAR ha mostrato un’ampia conoscenza sul PPR potrebbe aver fatto bene in quell’occasione e meno bene su Tuvixeddu.

  4. tonino dessì scrive:

    Caro Camarda, io continuo a fare quello che ho sempre fatto: esprimere liberamente le mie opinioni, le mie proposte e all’occorrenza le mie critiche. Non mi ferma certo la banalità morale di chi mi imputa risentimenti che non ho. Potevo dimettermi da assessore proprio perchè non potevo e non posso dimettermi dall’essere Tonino Dessì. Sul piano disciplinare ho le carte in regola per discutere alla pari con chi, da assessore, ho indicato come consulente nel comitato tecnico di redazione del PPR: il fatto che questi poi si sia sentito e si senta più consulente del Presidente che consulente della Regione non lo esime dal motivare nel merito, come ho fatto sempre io, le proprie opinioni. Su quelle posso discutere: sulle contumelie no. Cara Redazione, vengo da una scuola giuridica positivista: le sentenze le leggo ancora sulla base di quello che dicono. Il TAR non nega il valore del bene Tuvixeddu, nè l’esigenza di tutelarlo: dice che la Giunta non ha agito a tal fine, bensì con altri scopi. E’ semplice, è scritto in italiano, è scritto da tre giudici che in precedenti sentenze hanno domostrato di ben conoscere il Codice Urbani. Ma sopratutto è scritto da tre persone che hanno fatto in situ un pubblico sopralluogo e che si sono sentite letteralmente prese in giro da chi aveva fornito una descrizione dei luoghi non corrispondente alla realtà. Proposte? Ne feci, da assessore e non se ne volle tener conto. Tuttora, in quel che ho scritto, ve ne è traccia. Resto a disposizione.

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